Seoul concede un primo invio di aiuti al Nord
L’invio di aiuti umanitari alla Corea del Nord da parte dei due maggiori donatori (Stati Uniti e Corea del Sud) è stato interrotto dopo le provocazioni militari ordinate da Pyongyang nel marzo e nel novembre 2010. L’affondamento della corvetta sudcoreana Cheonan, in cui sono morti 46 marinai, e il bombardamento di un’isoletta sotto il controllo di Seoul hanno fatto infuriare il governo conservatore sudcoreano. Il presidente Lee Myung-bak, presentando l’embrargo, aveva dichiarato: “Non ci saranno più aiuti fino alle scuse ufficiali del regime”.
Seoul ha aggiunto sempre oggi che prenderà in considerazione altre proposte di donazioni, anche se non autorizzerà in alcun modo l’utilizzo dei fondi pubblici. Il cambio di rotta è stato deciso con ogni probabilità dopo il Rapporto delle Nazioni Unite sulla situazione alimentare e igienico-sanitaria dello Stato socialista guidato dal "Caro Leader" Kim Jong-il.
Una lunghissima carestia, il gelo invernale e la mancanza di tecnologie agrarie hanno distrutto i raccolti interni. La pianificazione economica imposta da Pyongyang ha distrutto la misera produzione industriale del Paese e, ultima goccia, il 25 % del bilancio statale è stato destinato esclusivamente alla produzione bellica e al sostentamento dell’esercito, uno dei più numerosi al mondo in proporzione alla popolazione.
Secondo fonti di AsiaNews nel Paese, proprio la popolazione “è arrivata agli sgoccioli. Sono arrivati a mangiare terra nuda e grasso animale crudo, quando lo trovano, con evidenti ripercussioni sanitarie”. La Eugene Bell, che da domani riprenderà l’invio di aiuti, è collegata in maniera molto stretta con la Caritas sudcoreana. Proprio la Caritas dovrebbe presentare a breve un progetto di sostegno al governo.