26/11/2010, 00.00
PAKISTAN
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Slitta la grazia per Asia Bibi. L’appello deve andare prima all’alta Corte

di Jibran Khan
Il presidente Zardari potrebbe decidere di concedere il perdono se il ricorso presentato all’alta Corte dovesse impiegare troppo tempo. I gruppi islamici contrari alla grazia chiedono che il caso segua il normale corso giudiziario.

Lahore (AsiaNews) – Il presidente del Pakistan non darà immediatamente la grazia alla donna cristiana condannata a morte per blasfemia, ma potrebbe farlo se l’appello presentato all’alta Corte andrà troppo per le lunghe, ha detto un funzionario. Il caso ha destato una forte reazione internazionale da parte dei gruppi per i diritti umani, e ha infiammato i sentimenti religiosi in patria. Nei giorni scorsi sono state inscenate manifestazioni dalla minoranza cristiana del Pakistan, chiedendo il suo rilascio, e anche dai musulmani che protestavano contro le ipotesi di grazie e difendevano la legge sulla blasfemia. La legge è utilizzata per sistemare liti personali, e per perseguitare le minoranze, dicono i critici.

Chaudhry Shujaat Hussain, ex primo ministro e presidente della Lega Q dei musulmani pakistani, ha detto ai media: “Invece di dare la grazia ad Asia Bibi, il presidente dovrebbe lasciarla marcire e l’intera nazione dovrebbe appoggiare questa decisione. Non ci interessa sapere, come si fa da varie parti, se abbia realmente o no commesso il crimine di cui è accusata. Il suo crimine è imperdonabile e ferirebbe i sentimenti della nazione. Siamo pronti a sacrificare la nostra vita per il profeta Maometto e chiunque osi parlare contro il profeta deve essere ucciso”.

Rizwan Paul presidente di “Life for All” ha commentato: “Dopo un’analisi completa del caso di Asia Bibi ci sono molte questioni che vengono alla mente. Vediamo che tutto è nato da due donne che si sono rifiutate di accettare l’acqua di Asia Bibi perché era cristiana. Ne sono seguiti insulti e false accuse. Le due donne erano nel giusto rifiutando l’acqua di Asia Bibi solo perché era cristiana?”. D’altra parte, in un gesto senza precedenti dei religiosi Deobandi e Barelvi si sono uniti nel mettere in guardia il presidente Zardari  dal concedere la grazia a una donna cristiana condannata a morte per blasfemia, dicendo che questa decisione potrebbe scatenare reazioni contrarie. “Lo metto in guardia dal prendere decisioni avventate sotto pressione straniera. Una decisione simile potrebbe avere ripercussioni imprevedibili” ha detto ad AsiaNews Qari Hanif Jallundari, che rappresenta la scuola di pensiero Deobandi.

Hanif Wafaqul Madaris Al Arabia (WMA) è un’organizzazione che guida più di 12mila seminari in tutto il Pakistan, soprattutto in Punjab, dove molte persone accusate di blasfemia hanno perso la vita per mano di zeloti religiosi. L’organizzazione che controlla i seminari Barelvi si è unita ai Deobandi per chiedere al presidente di cambiare una decisione che pensano già presa. Le due sette hanno una lunga storia di aspre controversie praticamente su ogni punto. Sahibzada Fazl Karim, un rappresentante dei seminari Barelvi, ha detto che la sua organizzazione organizzerà dimostrazioni in tutto il paese se qualcuno coinvolto in “Un crimine contro la blasfemia verrà graziato. Sarebbe troppo se quella donna venisse liberata. La morte è la sola punizione per chi commette blasfemia”.

Al cuore della controversia c’è una donna cristiana, Asia Bibi, condannata a morte da un tribunale del distretto di Sheikhupura per blasfemia, accusa violentemente negata dalla donna. La sentenza dell’8 novembre ha rinfocolato il dibattito sull’opportunità o meno di rivedere la legge. I “liberals”, anche se in minoranza , credono che la legge, creata dall’allora dittatore militare Zia ul Haq negli anni ’80 per compiacere la destra religiosa dovrebbe essere revocata per evitare un uso distorto. Sia Qari Hanif che Sahibzada dicono di avere una visione diversa. “Il nostro punto di vista è chiaro. Il cattivo uso è una giustificazione insufficiente per abolire qualsiasi legge. Molte leggi sono mal applicate, anche la costituzione del paese, che è la madre di tutte. Vuol dire che dobbiamo abolirle tutte?”.  Hanif Jallundari ha consigliato Zardari di lasciare che il caso segua i canali regolari, cioè vada all’alta Corte, poi alla suprema Corte e poi al presidente.

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