14/04/2007, 00.00
VIETNAM
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Una “rete di accoglienza” per 22mila bambini di strada

di JB. VU
Ad Ho Chi Minh City 65 centri per l’inserimento e l’assistenza di bambini non solo donano nuove speranze a tutti i piccoli abbandonati, ma offrono anche a tutti gli studenti desiderosi di lavorare nel sociale la possibilità di svolgere tirocini e imparare sul campo.

Ho Chi Minh City (AsiaNews) – Un centinaio di operatori sociali di diverse religioni ad Ho Chi Minh City anima una rete di 65 centri per l’accoglienza e l’assistenza di 22mila bambini di strada. I 100 assistenti sociali sono cattolici, buddisti o di nessuna religione, ma operano tutti “con lo stesso amore e devozione”.

Suor Thao, della congregazione Tam Hiep OP., racconta ad AsiaNews: “Non è solo un lavoro, ma un modo per aiutare gli altri. Condividiamo le attività sociali, ma anche questioni culturali e spirituali. Mi fa sentire bene lavorare qui. Sono tutti buoni con me e mi aiutano. Lavorando in questo modo cerchiamo di donare felicità e speranza ai bambini”.

Hue Tri, una monaca buddista che lavora nel centro dal 1994, racconta ad AsiaNews: “Spero di reincarnarmi di nuovo in Hue Tri per lavorare ancora con i bambini. Svolgendo questo lavoro mi scontro con le difficoltà create dal governo locale. Ma con il tempo ci capiranno: del resto noi lavoriamo per i diritti fondamentali dei bambini sfortunati”.

Un operatore di un’organizzazione non governativa di Ho Chi Minh City, Gia, in un incontro con gli assistenti sociali ha spiegato l’ulteriore importanza del centro: “In Vietnam ci sono 28 università che hanno ricevuto dal ministro dell’educazione il permesso di aprire corsi di specializzazione per operatori sociali, ma non hanno la possibilità di offrire tirocini. Quindi gli studenti non hanno modo di mettere in pratica quanto appreso e verificare così le loro capacità. Questi centri d’accoglienza possono essere il luogo ideale, dove fare pratica”.

Tutti gli assistenti sociali della rete – per il 60% cattolici – lavorano con umanità per i bambini che, in questi centri, non si sentono più emarginati. I loro insegnanti e gli assistenti sociali conoscono bene la loro situazione avendo spesso anch’essi alle spalle difficili esperienze di vita.

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