24/11/2004, 00.00
IRAQ
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Vescovo e leader curdo: "Passo decisivo ma le parole devono diventare gesti concreti"

di Dario Salvi

Il rappresentante curdo all'Unione Europea e il vescovo ausiliare dei cattolici caldei di Baghdad sottolineano l'importanza dell'appoggio della comunità internazionale, ma dubitano della volontà comune di portare la pace nel paese.

Baghdad (AsiaNews) – "L'appoggio della comunità internazionale è fondamentale per la rinascita del nuovo Iraq" e il governo Allawi "esce rafforzato dalla conferenza di Sharm El Sheik", ma rimangono i dubbi e le incertezze "sull'effettiva volontà comune di lavorare per la pace in Iraq". Sono queste le contraddizioni espresse ad AsiaNews da Burham Jaf, rappresentante Kurdo all'Unione Europea e mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei caldei cattolici di Baghdad.

Nel documento stilato a conclusione del vertice sull'Iraq si condanna senza mezzi termini il terrorismo, si chiede un ruolo più forte delle Nazioni Unite e vengono promessi aiuti finanziari e assistenza politica per la rinascita del paese. La dichiarazione finale è articolata in 14 punti e getta le basi per la creazione di "una nazione unita e pacificata", ma "sicurezza e stabilità sono obbiettivi ancora lontani" e la gente continua a "vivere nella paura".

Ecco quanto hanno detto ad AsiaNews Burham Jaf e mons. Warduni:

"E' la prima conferenza internazionale sull'Iraq e questo è già un fatto significativo" afferma Burham Jaf  "oltretutto hanno partecipato anche Turchia, Siria, Iran e altri paesi arabi: questo è un fatto storico". Il governo Allawi ha ottenuto il pieno riconoscimento dai vertici della diplomazia mondiale; un passo ulteriore, secondo il leader curdo, a garanzia della sua legittimità.

Egli sottolinea l'importanza del documento finale, in cui si ribadisce la volontà di portare il paese alle urne: "Tutti noi speriamo di poter votare liberamente e non ci faremo intimidire da possibili attentati o episodi di violenza". Le operazioni di registrazioni al voto sono già cominciate e in alcune zone del paese la situazione è relativamente tranquilla. Secondo Burham Jaf "il nord e il sud del paese non rappresentano un problema. Il pericolo viene dai grossi centri come Baghdad, Mosul e Fallujah: lì non c'è ancora sicurezza e le persone potrebbero subire delle intimidazioni, motivo in più per andare a votare".

Egli si augura che "non vi siano ingerenze esterne da parte della Siria o dell'Iran; al riguardo è essenziale il ruolo della comunità internazionale e del governo Allawi, che dovranno prevenire eventuali episodi di violenza o di pressioni esterne. Vanno anche sconfessati gli appelli interni al paese di alcuni esponenti del mondo sunnita che invitano la popolazione a boicottare le elezioni".

Siria, Turchia e Iran hanno offerto il loro aiuto per controllare le frontiere; questo è un passo "davvero significativo" secondo il leader curdo, ma bisogna verificare "se questi paesi manterranno gli accordi, bloccando i gruppi terroristi che cercano di entrare in Iraq".

Le elezioni rappresentano un momento importante anche per il popolo curdo, che preme per un Iraq federale in cui tutte le comunità (comprese quelle non arabe) vengano rispettate. "I curdi andranno in massa a votare – conclude il rappresentante curdo all'Unione Europea. "Questo è il primo passo verso la promulgazione della costituzione permanente, la carta in cui dovranno essere riconosciute tutte le identità che compongono il paese. Inoltre i curdi voteranno anche per il parlamento regionale del Kurdistan, quindi l'affluenza sarà massiccia". 

Anche Shlemon Warduni, vescovo dei caldei cattolici di Baghdad, sottolinea il valore "di ogni passo che viene compiuto per portare la sicurezza in Iraq. Esso è benedetto da Dio e voluto dalla gente, perché pace e sicurezza sono le priorità". Il popolo iracheno appoggia l'intervento della comunità internazionale e si augura che sia davvero "garanzia di stabilità in un paese stanco di violenze e di conflitti". "La gente – afferma il vescovo dei cattolici caldei – ha paura e vuole abbandonare il paese, ma resta in Iraq perché spera di costruire qui il proprio futuro".

Mons. Warduni approva la decisione di tagliare l'80% del debito estero iracheno e si augura che "i soldi vengano utilizzati per la popolazione, perché riparta l'economia e favorisca la vita del paese".

In merito al documento pubblicato alla conferenza di Sharm El Sheik il vescovo caldeo auspica che possa davvero tradursi in realtà: "Spero che non restino solo le belle parole e le intenzioni. Le decisioni prese devono diventare gesti concreti: questa è la nostra speranza".
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