11/12/2012, 00.00
VIETNAM – CINA
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Vietnamiti in piazza contro l’"imperialismo" di Pechino nel mar Cinese meridionale: 25 arresti

di Paul N. Hung
Nella capitale e a Ho Chi Minh City manifestazioni pubbliche contro la politica espansionista della Cina nella regione. La polizia tollera, poi interviene e preleva un gruppo di dimostranti. Accuse ai vertici vietnamiti di essersi fatti “corrompere” dalla Cina. Le Filippine si appellano al Giappone, per “controbilanciare” la politica aggressiva del Dragone.

Hanoi (AsiaNews) - La polizia vietnamita è intervenuta per sedare le proteste divampate in due diverse città, arrestando almeno 25 persone e rinchiudendole in un campo di prigionia. La gente è scesa in piazza domenica 9 dicembre nella capitale Hanoi e a Ho Chi Minh City - dopo un lungo periodo di relativa calma -  per manifestare il proprio dissenso verso la politica "imperialista" di Pechino nel mar Cinese meridionale. Il Paese del Dragone rivendica ampie porzioni territoriali, per sfruttare la pesca, oltre che l'estrazione di petrolio e gas naturali presenti nel sottosuolo marittimo. Manila, intanto, auspica un crescente rafforzamento a livello militare del Giappone, per contenere l'espansionismo cinese nella regione Asia-Pacifico.

In Vietnam ogni manifestazione pubblica è vista con poca simpatia dalla leadership comunista e le dimostrazioni di piazza contro la Cina, in particolare, rappresentano un nervo scoperto. Hanoi è legata a doppio filo al fratello maggiore, sebbene cerchi al contempo di salvaguardare gli interessi nazionali nel settore economico e dell'energia. Le critiche contro Pechino, inoltre, hanno un riflesso interno quando rivendicano diritti civili, politici e libertà religiosa spesso negate (cfr. AsiaNews 03/12/12 Decreto 92: stretta di Hanoi sulla libertà religiosa, seguendo il modello cinese).

In un primo momento la polizia ha autorizzato la manifestazione promossa da circa 200 persone, partita dal teatro dell'opera di Hanoi; dopo 30 minuti gli agenti hanno ordinato alla gente di disperdersi. Al rifiuto opposto da uno sparuto gruppo, le forze dell'ordine sono entrate in azione arrestando una ventina di persone. Usando megafoni e brandendo cartelli, i dimostranti hanno più volte gridato "Abbasso la Cina" e "L'espansionismo militare cinese minacciano la pace e la sicurezza mondiali". Le forze dell'ordine hanno arrestato e rinchiuso i manifestanti in un campo di prigionia. Qualche ora più tardi - grazie anche alle manifestazioni di solidarietà all'esterno del carcere - la polizia li ha rilasciati.

Anche ad Ho Chi Minh City sono scese in piazza centinaia di persone, decise a mostrare il loro "patriottismo" e il risentimento verso la politica cinese. Interpellato da AsiaNews il medico Huynh Tan Mam, fra i leader della protesta, ha assicurato che se Pechino non cambia rotta e non ferma le minacce, le pressioni e l'invasione delle acque vietnamite, "noi continueremo a scendere in piazza e a combattere per il nostro Paese". E aggiunge: la Cina "vuole invadere l'80% del mar Cinese meridionale". Un intellettuale della ex Saigon, che chiede l'anonimato, accusa Hanoi di essersi fatta "comprare o corrompere dai leader comunisti cinesi". Un altro manifestante chiede all'esecutivo un cambio di rotta nella politica delle alleanze internazionali, guardando "ad altri Paesi sviluppati" e costruendo legami di "solidarietà" con altre "nazioni dell'Asia".

Intanto le Filippine auspicano l'intervento del Giappone, per "controbilanciare" la crescente potenza militare della Cina. Gli interessi incrociati e le rivendicazioni territoriali nel mar Cinese meridionale hanno messo in moto un meccanismo di alleanze che rischiano di sconvolgere gli equilibri nella regione Asia-Pacifico. Dopo i ripetuti fallimenti dei vertici Asean (Associazione che riunisce 10 Paesi del sud-est asiatico), incapace di trovare una linea comune - anche e soprattutto - per la crescente influenza di Pechino in Cambogia, ora le Filippine guardano a Tokyo (e a Washington) per limitare "l'imperialismo" cinese. Come sottolinea il ministro filippino degli Esteri Albert del Rosario, secondo cui il Giappone "potrebbe rappresentare un significativo fattore di bilanciamento".

 

Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale. L'egemonia nell'area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale, di cui è ricco il sottosuolo. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono Vietnam, Filippine, Malaysia, il sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell'area. Nella zona negli ultimi mesi si sono registrati numerosi "incidenti" fra navi militari o imbarcazioni di pescatori - in una zona caratterizzata da una fiorente fauna ittica - battenti bandiere di Pechino, Hanoi e Manila.

 

 

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