28/10/2015, 00.00
MEDIO ORIENTE - USA - RUSSIA
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Washington annuncia operazioni di terra contro l'Isis. Teheran ai colloqui sulla Siria

Cambia la strategia americana in Iraq e Siria, previste anche “operazioni dirette sul terreno” accanto ai raid aerei. Nel mirino “obiettivi di primo piano” jihadisti. Nuovo round di incontri a Vienna del quartetto Usa, Russia, Turchia e Arabia Saudita. Prevista anche la partecipazione del ministro iraniano degli Esteri.

Baghdad (AsiaNews) - Washington vuole cambiare la propria strategia militare nella guerra contro lo Stato islamico (SI) in Iraq e in Siria, e non esclude per questo la possibilità di operazioni di terra “in prima linea” da parte dei propri soldati. Il segretario americano alla Difesa Ash Carter annuncia nuovi raid aerei contro “obiettivi di primo piano”, ammettendo fra le righe una mancanza di progressi significativi nella lotta ai miliziani. Nel frattempo, continua il lavoro della diplomazia per risolvere la crisi mediorientale e, per la prima volta, prende corpo la presenza dell’Iran nei colloqui internazionali sulla guerra in Siria. 

Durante un’audizione alla Commissione Forze armate del Senato di ieri a Washington, il capo della Difesa statunitense Ash Carter ha annunciato a breve l’inizio di “operazioni dirette sul terreno” contro lo SI in Siria e Iraq. Egli conferma l’impegno del governo americano nella lotta contro Daesh [acronimo arabo dello Stato islamico], che potrà concretizzarsi con “attacchi aerei dal cielo” o “azioni dirette sul terreno”.  

Lo scorso anno una coalizione guidata dagli Stati Uniti - che hanno ancora 3.500 soldati in Iraq, con il compiti di addestramento truppe - ha promosso una campagna aerea contro obiettivi jihadisti in Siria e Iraq, con l’obiettivo di “annientare” lo SI. Tuttavia, in questi mesi non si sono registrati progressi significativi e i miliziani hanno continuano a guadagnare terreno, occupando quasi metà della Siria e dell’Iraq, sebbene si tratti in prevalenza di aree desertiche. 

A fine settembre anche la Russia - alleato del presidente Bashar al Assad - ha promosso raid aerei in Siria, con l’obiettivo di piegare le forze islamiste. Una decisione criticata con forza dagli Stati Uniti (e alleati nel mondo arabo), secondo cui Mosca vuole colpire l’opposizione moderata che lotta contro il regime di Damasco; in realtà le missioni dei caccia russi sembrano aver sortito effetti concreti (come confermano anche fonti di AsiaNews), costringendo i miliziani a una ritirata. 

Per il futuro i raid dell’esercito statunitense - via terra o aria - si concentreranno in particolare su Raqqa, roccaforte dei miliziani e capitale del sedicente Califfato in Siria, e Ramadi, capoluogo della provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale. E come esempio di operazione sul terreno Carter ha citato il blitz della settimana scorsa in una cittadina a sud di Kirkuk, in Iraq, per liberare ostaggi curdi in mano all’Isis e costata la vita a un soldato americano. 

Intanto continua a muoversi il fronte della diplomazia alla ricerca di una soluzione al conflitto siriano, una guerra che in quattro anni ha causato oltre 250mila morti (molti dei quali civili) e almeno 11 milioni di sfollati. A breve l’Iran potrebbe aggiungersi (per la prima volta) all’elenco dei Paesi impegnati nei colloqui internazionali; Washington, infatti, si è detta disponibile a trattare anche con l’antico rivale (e stretto alleato di Damasco e Mosca), pur di mettere fine alla catastrofe umanitaria e allo stallo politico, che ruota in gran parte attorno al futuro politico di Assad.  

Dopo i colloqui, peraltro infruttuosi, della scorsa settimana, domani a Vienna si aprirà un nuovo round di incontri fra i capi della diplomazia di Russia, Stati Uniti, Arabia Saudita e Turchia. All’appuntamento, come anticipato, dovrebbe essere presente secondo indiscrezioni anche il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif, a conferma dell’importanza di Teheran nella risoluzione della crisi mediorientale. Il giorno successivo il vertice nella capitale austriaca potrebbe allargarsi, su invito degli Stati Uniti, a rappresentanti di Egitto, Iraq e Libano. 

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