21/02/2024, 12.00
GAZA-ITALIA
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Aloosh e i clown di Gaza: uomini di pace, oltre Hamas e le bombe di Israele

di Dario SalvI

L'italiano Marco Rodari, noto come “claun il Pimpa”, racconta il legame con gli artisti della Striscia, un movimento che lui stesso ha contribuito a far nascere. Regalare un sorriso a un bambino può segnare la differenza fra l’ira del momento e l’odio in un futuro. Il ricordo personale delle vittime cristiane del conflitto, la parrocchia della Sacra Famiglia “da sempre oasi di pace”. 

Milano (AsiaNews) - “Straordinari uomini di pace”. Così Marco Rodari, meglio noto come “claun il Pimpa”, celebre per aver portato la clownerie e la giocoleria in molti teatri di guerra e violenza, descrive ad AsiaNews la “missione” di Aloosh, Maroosh e della Gaza Circus School che, in questi mesi di conflitto (grazie al coordinamento del CISS Cooperazione Internazionale Sud Sud) cercano di portare un sorriso nella Striscia. “Il significato della parola pace - racconta - l’ho imparato da loro che, nonostante tutto, riescono a non odiare, a contenere l’ira, ed è incredibile che anche stavolta siano riusciti a far sorridere bambini e adulti”. “Mi hanno scritto un paio di volte nell’ultimo periodo - confida - per dirmi che sono vivi e, ipotizzo, in continuo spostamento. Mi arrivano messaggi brevissimi, in cui raccontano che sono a Rafah” e che, pur non potendo allestire grandi spettacoli, di tanto in tanto “riescono a radunare dei bambini e giocare con loro” alleviando anche solo per alcuni istanti le loro sofferenze.

Claun il Pimpa ha vissuto in prima persona la guerra del 2014, condividendo con la popolazione della Striscia drammi e morti, speranze e prospettive di pace, e oggi racconta: “Dall’esterno non hai la sensazione di quello che succede, mentre quando ne sei coinvolto dall’interno non capisci nulla. Una condizione di incertezza totale”. 

Abbiamo raggiunto Marco Rodari, 48enne originario di Loggiano in provincia di Varese (nord Italia), alla vigilia della partenza per una nuova avventura in un altro “teatro di tensione”: l’artista è diretto nel Donbass, per donare - come fa da oltre 15 anni - un sorriso ai bambini (e agli adulti) oggi vittime della guerra russa in Ucraina, dopo aver percorso a lungo in passato corsie di ospedali col suo naso rosso per portare conforto ai malati. Dai reparti di pediatria, si è poi messo in viaggio per portare l’arte circense e gli spettacoli di clown nell’Europa dell’Est, in Africa e Medio oriente, a Gaza, dove è giunto per la prima volta nel 2009. Grazie a un rapporto di amicizia consolidato nel tempo con p. Jorge Hernandez prima, p. Mario da Silva e p. Gabriel Romanelli poi, tutti sacerdoti del Verbo Incarnato, e parroci della Sacra Famiglia, “claun il Pimpa” ha cominciato a promuovere spettacoli nella Striscia e contribuito, con tante altre realtà associative ad avviare una generazione di artisti locali. Ricevendo, per la sua opera preziosa, anche l’onorificenza di cavaliere della Repubblica dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella nel marzo 2023. 

Nella Striscia ha rafforzato la vocazione dell’essere “clown nei teatri di guerra”, tanto da vivere in prima persona numerosi conflitti: a Gaza nel 2014, poi l’Iraq, la Siria, l’Ucraina dove è giunto grazie anche alla collaborazione delle diverse Chiese. E dove ha lasciato un segno, tanto da essere ricordato ancora oggi da Baghdad ad Aleppo, fino alla Striscia e desiderando “essere vicino a una popolazione che ho conosciuto nel tempo, apprezzandone la resilienza: arriva a provare l’ira, la rabbia, ma senza farsi dominare da un odio cieco che non ammette speranza”.

La presenza negli anni di Marco Rodari - che, dal 2015, ha creato l’associazione “Per far sorridere il cielo” - a Gaza, non è servita “solo” a far divertire le giovani generazioni. Egli ha infatti promosso e sostenuto la nascita di una scuola circense locale e posto le basi di un progetto che prosegue in autonomia grazie alla dedizione, e alla bravura, di due pagliacci oggi molto popolari: Aloosh e Maroosh, che in queste settimane drammatiche di guerra hanno creato spettacoli improvvisati  riunendo lo storico gruppo della Gaza Circus School. “Sono rimasti a nord fino a che la situazione è diventata talmente difficile - racconta - da dover partire, quando la popolazione ha capito che non era più possibile restare cercando di fare da scudo umano alla propria casa. E quando hanno realizzato che il numero di morti fra i bambini stava diventando insostenibile”. 

“Immagina Aloosh che grazie alla sua abilità riesce a muoversi e tenere a bada e far divertire anche 1500 bambini tutti assieme. Lui che in queste settimane di esodo, sfollamento e guerra è diventato padre per la seconda volta, Maloosh e gli altri clown hanno una gioia dentro che non vede l’ora di ‘vendicarsi’ degli orrori del conflitto. E che ci fa capire - prosegue - che è possibile fare spettacoli anche in questo momento, a Rafah” mentre le cronache annunciano l’imminente operazione di terra dell’esercito israeliano e oltre 1,4 milioni di profughi premono al confine con l’Egitto. “Non mi servono molti messaggi - spiega - per sapere come stanno, mi basta guardare una foto in cui sono sorridenti per cogliere la loro gioia e quella dei bambini. Il bello è che altre quatto o cinque persone che avevano smesso di fare il clown per dedicarsi ad altre attività sempre legate all'educazione dei bimbi hanno ripreso proprio in queste settimane, per dare anch’esse un contributo” riscoprendo la vocazione di un tempo. “Tra l’altro questa fuga da nord a sud, perché quasi tutti sono del nord di Gaza - aggiunge - ha fatto sì che non potessero portare nulla se non loro stessi, e li ha spinti a rivivere l’esperienza del clown con solo un po’ di trucco”. 

“Ogni bambino, per quanto sta vivendo sulla propria pelle, reagirà in modo diverso ma è importante donare un momento bello, che ricorderà” confida Rodari, che cita un aneddoto personale risalente alle fasi più dure del conflitto siriano: “Una ragazza sedicenne originaria di Damasco e incontrata durante un evento in una scuola superiore italiana a distanza di anni, si ricordava della volta in cui ero riuscito a strapparle un sorriso e un momento di gioia mentre all’esterno infuriava la battaglia. Seminare - afferma - anche solo un bel ricordo in un bambino può fare la differenza, in futuro, fra il provare una legittima rabbia e lo spingersi oltre, sino a odiare. Una luce di speranza nel buio della guerra, anche questo è il compito di noi clown”.

Un ultimo pensiero lo vuole dedicare alle due donne della parrocchia della Sacra Famiglia morte in questi mesi di conflitto a Gaza, che conosceva e alle quali “volevo molto bene: vedere il figlio, che mi ha guidato per la Striscia, seppellire la madre e la sorella” è stato fonte di grande sofferenza. Lo stesso discorso vale “per l’uccisione della nostra organista [Elham Farah], colei che ha inventato la musica a Gaza. Era il suo modo di pregare, anche questo è il dramma della guerra”.

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