05/04/2024, 11.28
GIORDANIA - ISRAELE - GAZA
Invia ad un amico

Amman: migliaia da giorni in piazza, vogliono rottura relazioni con Israele

Un movimento spontaneo iniziato il 24 marzo quando una folla ha marciato verso l’ambasciata israeliana, chiusa da tempo. In risposta alle manifestazioni, la polizia ha operato arresti e accusato i dimostranti di “aggressione”. P. Rifat Badert: timori di deriva violenta interna, fondamentale risolvere la questione palestinese. 

Amman (AsiaNews) - I riflessi della guerra a Gaza si fanno sempre più evidenti in Giordania, teatro da tempo di proteste di piazza di cittadini infuriati che attaccano il governo per la “retorica” sul conflitto, invocando a gran voce la fine del trattato di pace con Israele. Manifestazioni che agitano le notti di Amman, dietro le quali secondo le istituzioni del regno hascemita - fra le voci più critiche dello Stato ebraico - vi sarebbero “infiltrati” e “agitatori” che intendono alimentare il disordine e il malcontento interno già teso dopo l’attacco alla Torre 22. “Siamo nel mese di Ramadan, ogni notte dopo l’iftar [pasto che rompe il digiuno] le persone escono e si ritrovano vicino all’ambasciata israeliana per manifestare” conferma ad AsiaNews p. Rifat Bader, direttore del Centro cattolico di studi e media (Ccsm). 

Per l’undicesima notte consecutiva migliaia di cittadini giordani sono scesi in piazza per protestare contro la guerra a Gaza e chiedere la rottura dei legami con Israele. Un movimento all’apparenza spontaneo iniziato il 24 marzo scorso, quando una folla ha marciato verso l’ambasciata israeliana nella capitale - peraltro evacuata mesi fa - in seguito ad una serie di appelli rilanciati sui social. Fra i messaggi e le richieste rimbalzati in rete, l’invito a “mettere sotto assedio” la rappresentanza diplomatica e la fine del trattato di pace sottoscritto da Amman con lo Stato ebraico nel 1994. 

Le proteste hanno acquisito sempre maggiore slancio e vigore in questi ultimi giorni; in risposta, le forze di sicurezza giordane hanno operato una serie di arresti e accusato i manifestanti di resistenza a pubblico ufficiale o aggressione agli agenti di polizia dislocati a tutela dell’ordine pubblico. In tema di proteste, frequente in molte parti del mondo arabo e mediorientale dall’inizio del conflitto il 7 ottobre scorso, va sottolineato come la portata nel vicino orientale di Israele abbia assunto una consistenza e una persistenza senza precedenti. Tanto che alcuni funzionari giordani sono giunti ad accusare “agenti stranieri” o “disturbatori” colpevoli di fomentare i disordini. 

“Siamo la nazione più vicina alla Palestina e la stessa popolazione giordana per metà circa è di origini palestinesi - prosegue p. Bader, responsabile del sito cattolico di news abounga.org, fra le personalità più autorevoli della Chiesa locale - quindi la questione è sentita. In particolare le vittime fra donne, bambini e anziani a Gaza”. A dare maggiore vigore alle manifestazioni, la notizia (non confermata) di violenze sessuali di militari israeliani contro le donne nella Striscia. “Cantano slogan contro Israele, gli Stati Uniti, ma pure contro la debolezza di parte dell’opinione pubblica araba. Bisogna comune - conclude - fare attenzione per evitare una deriva violenta e impedire che, da fuori, qualcuno manovri per disturbare la società giordana. Anche per questo è sempre più urgente una soluzione al problema palestinese, con la fine dell’occupazione e la nascita di uno Stato”. 

Intanto la Commissione esteri della Camera bassa del Parlamento di Amman ha diffuso una nota in cui respinge “qualsiasi tentativo portato avanti da un piccolo gruppo infiltrato, che cerca di sabotare e minare l’unità nazionale”. In aggiunta, il deputato Khaldoun Hina, a capo della commissione stessa, ha condiviso un video su X (ex Twitter) in cui denuncia “l’incitamento” degli stranieri contro il governo e il Paese, di cui sottolinea gli sforzi “a sostegno di Gaza” e la ripetuta condanna delle operazioni militari israeliane. L’ex ministro giordano dell’Informazione Samih Al-Maaytah è ancora più esplicito, sostenendo in un’intervista al canale saudita al-Hadath che i leader di Hamas in Qatar hanno fomentato disordini in Giordania.

Analisti ed esperti sottolineano come il Paese sia più vulnerabile di altri nella regione di fronte a una possibile ondata di proteste, non solo per l’alta percentuale di palestinesi fra la popolazione (stimata al 50% circa), ma anche per lo spazio di manovra concesso a movimenti musulmani. Fra questi vi sono la Fratellanza Musulmana giordana e il suo rappresentante politico, il Fronte di azione Islamico, l’Unione Internazionale degli Studiosi Musulmani (Iums), con sede in Qatar, ritenuta “terrorista” in altre nazioni arabe. Testimoni riferiscono che uno dei canti più popolari in questi giorni di protesta sarebbe stato “Tutta la Giordania è Hamas”, unito ai più famosi e utilizzati in altre parti (come l’Iran) “Morte all’America, morte a Israele”. 

Fin dai primi giorni di guerra il regno hascemita è stata una delle voci più critiche di Israele, prima nazione a richiamare il proprio ambasciatore da Tel Aviv e più volte in prima linea nell’invocare un cessate il fuoco nella Striscia oltre a lavorare per la consegna di aiuti umanitari. Ai lanci dagli aerei ha partecipato in più di una occasione personalmente lo stesso re di Giordania Abdullah II, in coordinamento con Israele. E la regina Rania si è spinta ad affermare che la crisi umanitaria a Gaza è “deliberata”. Ciononostante, la retorica anti-Israele della leadership e le azioni a sostegno dei palestinesi non sono sembrate sufficienti per molti cittadini, che chiedono azioni più incisive.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Washington pronta a riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. Rivolta nel mondo arabo
04/12/2017 08:55
La comunità internazionale intervenga per i Luoghi Santi
24/11/2004
Parroco di Gaza: un ‘duro colpo’ l’attacco israeliano, clima di ‘sconforto’
08/08/2022 11:09
Gaza: almeno 10 morti dopo i bombardamenti israeliani
06/08/2022 12:22
La guerra a Gaza traina gli arresti palestinesi: Netanyahu vuole nuove carceri
11/03/2024 13:42


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”