16/12/2019, 09.55
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Anche il presepe sia ‘patrimonio culturale’ dell'umanità

di Fady Noun

Nel 2003, l’Unesco ha adottato la Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. La lista spazia dai canestri e dalle ceramiche dalle società tradizionali al linguaggio fischiato ancora usato nelle Isole Canarie. Il presepe è diventato icona di una natura umana sia indistruttibile che fragile. Per i cristiani, questa umanità è legata a una storia.

Beirut (AsiaNews) – Papa Francesco ha recentemene firmato una Lettera apostolica “sul significato e il valore del presepe”, e ne siamo lieti. In alcuni Paesi, ha avuto luogo un processo malvagio contro il presepe natalizio, che alcuni hanno cercato di bandire dallo spazio pubblico in nome del principio della laicità. Naturalmente, tutto dipende da cosa si è riversato in un simbolo. L'inventore del presepe, San Francesco (XIII secolo), non aveva altro obiettivo che risvegliare la pietà dei fedeli. Farne il segno di una delimitazione dell'identità è un'appropriazione indebita di cui tutte le religioni, e tutte le credenze, possono cader vittima. 

Tuttavia, in questi tempi di globalizzazione dello scambio di beni e idee, il presepe potrebbe inserirsi in modo abbastanza naturale nell'elenco di ciò che l'Unesco definisce “patrimonio culturale immateriale” dell'umanità; un'estensione del concetto di patrimonio mondiale delle tradizioni culturali e non più solo degli edifici e dei siti naturali. Così, il canto bizantino è appena stato iscritto nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale insieme ad altre 41 pratiche come l'alpinismo!

La nozione di patrimonio culturale immateriale è recente. È apparsa negli anni '90, dopo raccomandazioni sulla protezione delle culture tradizionali, e come contrappunto al patrimonio mondiale rivolto principalmente agli aspetti materiali della cultura. Nel 1997, il concetto si è esteso persino al “patrimonio orale dell'umanità”, i cui capolavori dovevano essere “protetti”, specialmente se minacciati. 

Nel 2003, l’Unesco ha adottato la Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Questa precisa: “Per ‘patrimonio culturale immateriale’ s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”.

La Convenzione definisce anche le aree in cui il patrimonio immateriale può manifestarsi: tradizioni orali ed espressioni, incluso il linguaggio; arti dello spettacolo; pratiche sociali, rituali ed eventi festivi; conoscenza e pratiche riguardanti la natura e l'universo; e infine le conoscenze legate all'artigianato tradizionale. Come si può intuire, l'elenco del patrimonio immateriale è lungo: spazia dai canestri e dalle ceramiche delle società tradizionali al linguaggio fischiato ancora usato nelle Isole Canarie, passando per il rituale finalizzato ad ammaestrare i cammelli in Mongolia.

Date queste definizioni, sembra ovvio che anche il presepe debba esser considerato patrimonio immateriale. Oltre la fede cristiana, oltre la nascita di un bambino sul quale poggia “lo Spirito di consiglio e forza”, oltre il dogma dell'Incarnazione, il presepe è diventato icona di una natura umana sia indistruttibile che fragile. Indistruttibile dalle capacità intrinseche della rigenerazione di cui è dotata; fragile in quanto rappresenta l'umanità nei suoi primissimi momenti, un'umanità a malapena fuori dal nido, quando ogni essere umano rappresenta il potenziale dell'intera specie umana, poiché unico e sacro.

Per i cristiani, questa umanità è legata a una storia. Citando il passaggio “Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Genesi 1,26), i padri della Chiesa parlano della creazione dell'uomo come avvenuta dopo “una consultazione” o addirittura “una deliberazione” all'interno della Trinità. Questo è anche, e soprattutto, quella che alcuni sostengono essere la realtà di cui il presepe può farsi icona. E sebbene moltiplicata per eccesso, per quanto a volte rifiutata con molto cattivo gusto, anche se sfruttata vergognosamente per scopi commerciali, quest’icona – quando è circondata dalla vera bellezza – continua a stupirci e risvegliarci in una meraviglia inesauribile e una nostalgia per l'innocenza inalterabile offerta a ciascuno tutti i giorni e rinnovabile all'infinito.

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