'Armi nucleari e umanità non possono coesistere'. Il grido di Hiroshima sul 'pericolo dimenticato'
Al summit per la pace della Comunità di Sant’Egidio a Roma, una delle sopravvissute del 6 agosto 1945: "Continuo a credere nella saggezza dell'uomo". Con lei il vescovo della città martire giapponese Alexis Mitsuru Shirahama: "Ci resta poco tempo". Susi Snyder: "Deterrenza non è dimostrabile".
Roma (AsiaNews) - Accadde tutto “in un istante”. Il tempo della comparsa di un “lampo accecante”, preceduto da un grido: “Aereo nemico!”. Tanaka Katsuko aveva 6 anni a Hiroshima, il 6 agosto 1945. “Gli occhi divennero bianchi e non vidi più niente”, ricorda. “In bocca un sapore amaro e granuloso”. Oggi ha 87 anni ed è una delle ultime hibakusha in vita, sopravvissuta al bombardamento atomico statunitense. È intervenuta stamane all’auditorium del museo MAXXI di Roma, nell’ambito del summit internazionale per la pace della Comunità di Sant’Egidio. Da relatrice del forum Il pericolo dimenticato: per un mondo senza armi nucleari, racconta di quando vide di nuovo con nitidezza, da una fessura. “La memoria di quel cielo blu mi ha sostenuta in ogni difficoltà”, dice.
Divenne poi artista, dedita alla creazione di “murales smaltati”, con cui ha cercato di “rievocare il trauma”. Quindi, sopraggiunse un impegno che divenne missione: “Condividere il messaggio che armi nucleari e umanità non possono coesistere”. Un messaggio ereditato anche da una figlia di Tanaka Katsuko, anch’essa presente a Roma, che afferma di sentire la “responsabilità” di trasmetterlo al mondo. Un messaggio che non è solo reminiscenza del passato. Ha bisogno di attualità, di viaggiare attraverso le generazioni, così come disperatamente fanno i devastanti effetti dell’onda radioattiva sulla salute umana. Soprattutto nel presente momento storico, dove le testate nucleari nel mondo sono oltre 12mila, denominate “deterrente”, in nome di una falsa “sicurezza”.
La loro testimonianza è “un ponte tra le persone che non ci sono più e quelle che rimangono”, afferma Andrea Bartoli, presidente della Fondazione Sant’Egidio per la pace e il dialogo, moderatore dell’incontro. Bartoli aggiunge che una delle sfide dell’umanità di oggi è “trasformare la minaccia in una opportunità”, azione possibile convertendo gli arsenali in enormi quantità di energia. E accosta il “blu” scorto da Tanaka Katsuko quando riacquisì la vista al colore simbolo delle Nazioni Unite, nate l’indomani della Seconda Guerra Mondiale, risultato di uno “sforzo prezioso per costruire sulla memoria di quella sofferenza qualcosa di diverso”. L’impegno per il disarmo e la pace globale interessa ogni persona. “La pace inizia nel cuore di ciascuno di noi”, afferma la sopravvissuta che, nonostante l’incommensurabile trauma, continua “a credere nella saggezza dell’essere umano”. “Siamo tutti membri dell’equipaggio a bordo della nave Terra”, aggiunge.
Al forum dedicato al “pericolo dimenticato” delle armi nucleari è intervenuto anche mons. Alexis Mitsuru Shirahama, vescovo di Hiroshima. Nel suo discorso in giapponese ha ricordato l’80esimo anniversario delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. “Stiamo passando a una generazione che non conosce gli orrori della guerra e della bomba atomica”, ammonisce. Rievocando la visita di papa Francesco nel 2019 al Memoriale della Pace di Hiroshima, ne cita le parole e definisce “immorale” l’uso bellico del nucleare. Il pontefice argentino sottolineava l’importanza di “ricordare, camminare insieme, proteggere”. La situazione odierna, nonostante i trattati internazionali legalmente vincolanti, si presenta “senza controllo”, dice il vescovo giapponese. Se la minaccia si concretizzasse oggi, l’impatto sarebbe “incalcolabile”.
Mons. Alexis Mitsuru Shirahama cita in particolare il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), che entrò in vigore nel 1970 e attualmente conta 191 Paesi e territori tra i firmatari. Ma anche il più recente Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN) del 2021, sottoscritto da oltre 90 Paesi. Ma le nazioni in possesso di arsenali nucleari “stanno voltando le spalle” a tali documenti, aggiunge con severità. “Non possiamo abbandonare i nostri sforzi”, afferma. E riporta le parole che un hibakusha gli ha rivolto, invitando a non preoccuparsi del passato, ma “del periodo di estinzione dell’umanità a causa di armi nucleari”. Il vescovo di Hiroshima richiama la responsabilità dei leader religiosi in quanto “promotori della pace” e di “ponti”. “Ci resta poco tempo”, dice.
Per questo oggi più che mai sono necessari “piccoli passi”. Come quelli che stanno compiendo le Chiese di Hiroshima e Nagasaki, con l’istituzione di un fondo per l’abolizione del nucleare. “Abbiamo una partnership con l’arcidiocesi di Santa Fe e di Seattle (negli Stati Uniti, ndr) , che hanno subìto gli effetti degli esperimenti nucleari a Los Alamos - spiega mons. Shirahama ad AsiaNews al termine dell’incontro -. Poi, stiamo raccogliendo fondi per coinvolgere e supportare gli hibakusha ancora in vita. Quest’ultimo è un progetto di cinque anni con cui vogliamo sostenere anche il TPA”. Per i pastori giapponesi il numero sempre più esile dei sopravvissuti è un dato che desta preoccupazione. “Coinvolgendo loro dobbiamo iniziare a pensare ad azioni concrete per coinvolgere e sensibilizzare le nuove generazioni”, dice ad AsiaNews. “Il progresso materiale non è accompagnato da un’evoluzione spirituale. Dobbiamo ritrovare la spiritualità dell’uomo affinché l'umanità non sia distrutta completamente”.
Tra le voci del forum odierno al MAXXI di Roma c’è anche Susi Snyder, di Ican (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), organizzazione che nel 2017 vinse il Premio Nobel per la Pace. Snyder afferma che la deterrenza “non è dimostrabile” e che “la possibilità che possa fallire è reale”. Il rischio, sottolinea, è di “normalizzare” la minaccia nucleare. Anche lei evidenzia l’importanza del quadro giuridico per ottenerne l’eliminazione. “Una volta premuto il pulsante non si può più tornare indietro”, dice. Infine, il sociologo Fabrizio Battistelli, nel suo intervento sul tema del “tabù nucleare”, ricorda il Nobel per la Pace assegnato a sorpresa nel 2024 all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo, che rappresenta le persone sopravvissute alle bombe atomiche. Un invito a rilanciare oggi il tema della minaccia nucleare, che ancora invade il discorso pubblico, guardando ai conflitti in Ucraina e Palestina.
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