18/02/2012, 00.00
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Asean, Laos e Vietnam: no a diritti umani e libertà religiosa perchè creano "caos e anarchia"

Diffusa la bozza della Dichiarazione sui diritti umani dell'Associazione che riunisce i Paesi del Sud-est asiatico. Vientiane, sostenuta da Hanoi e, indirettamente, Kuala Lumpur e Naypyidaw, impongono limiti perché lo Stato è più importante del singolo individuo. Thailandia, Indonesia e Filippine per una versione più progressista e moderna.

Bangkok (AsiaNews) - Il riconoscimento e la tutela dei diritti umani possono innescare "conflitti e divisioni" che finiscono per trascinare un Paese "nel caos e nell'anarchia". Tra i vari limiti, vi è anche il controllo della "pratica di un culto o di una fede religiosa" che deve rispettare le leggi di una nazione in cui "i diritti dello Stato" superano "le libertà e i diritti dei singoli individui". É quanto emerge da una bozza della Dichiarazione Asean sui diritti umani, elaborata a gennaio durante il primo incontro della Commissione intergovernativa e pubblicata in esclusiva dal sito dissidente birmano (con sede in India) Mizzima News. Fra i Paesi Asean - l'Associazione che riunisce 10 nazioni del Sud-est asiatico, dal Myanmar al Brunei - emerge il tentativo del Laos di "annacquare" la carta dei diritti, invocando una serie di limiti nei principi ispiratori e nell'applicazione concreta; di contro, sono i governi di Thailandia, Indonesia e Filippine a promuoverne una versione più progressista e moderna.  

La bozza del documento testimonia la linea dura richiesta da Vientiane, che ha intende imporre una serie di pre-condizioni all'esercizio dei diritti umani e della libertà religiosa. Per il governo laotiano "l'applicazione dei diritti umani universali" deve tenere conto "delle particolarità nazionali e regionali" e non va inserita la formula "a prescindere dl sistema politico, economico e culturale". Al contrario, i delegati chiedono venga specificato che "sicurezza nazionale, ordine e morale pubblica" superano i diritti dei singoli individui per evitare che si generino "caos e anarchia".

Il Laos vuole inoltre limiti ben precisi alla libertà religiosa, che deve sottostare "alle leggi nazionali" di ciascuno Stato. Una posizione sostenuta anche dal Vietnam (entrambe nazioni filo-comuniste, ai primi posti per casi di violazioni alla pratica del culto), favorevole pure al controllo della libertà di opinione e del diritto di ricevere una libera informazione. Tra le altre nazioni Asean, le posizioni di Vientiane e Hanoi sono condivise - seppur in modo più discreto - anche dalla Malaysia. Il Myanmar, invece, non ha voluto commentare in maniera diretta ma pare vicino alle tesi del Laos ed esprime riserve sull'uso del termine "minoranze etniche" o "popolazioni indigene".

In linea di principio, il documento sostiene che "tutti godono dei diritti e delle libertà" senza distinzione alcuna di "razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o altro, origini nazionali o sociali, identità sessuale, proprietà, nascita, disabilità o altro status". Tuttavia, il Sultanato del Brunei e la Malaysia sono contrarie all'inserimento della nozione di "identità sessuale" e Kuala Lumpur pone condizioni anche sulle definizioni di "sesso" e "altri status". La Thailandia, invece, vorrebbe cambiare il concetto di "identità sessuale" con il più moderno "orientamento sessuale". La bozza vorrebbe inoltre definire i limiti in cui è applicabile la pena di morte: tuttavia, alcuni Stati membri sono contrati a inserirla.

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