03/07/2018, 12.58
SRI LANKA
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Avvocato cristiano: ‘Ho visto la fame tra i rifugiati. Oggi lavoro gratis per loro’

di Melani Manel Perera

Nel 1996 Lakshan Dias ha iniziato a lavorare con singalesi e tamil scappati in Norvegia durante il conflitto civile in Sri Lanka. Nel Paese risiedono circa 1.200 persone, provenienti soprattutto da teatri di guerra. Accogliere è “responsabilità del governo”: “Non dimentichiamoci che siamo stati i primi a creare rifugiati in tutto il mondo”.

Colombo (AsiaNews) – “Ho visto la fame tra i rifugiati singalesi e questo mi ha spinto a diventare un attivista per il riconoscimento dei loro diritti”. Lo dice ad AsiaNews l’avvocato cristiano Lakshan Dias, che racconta la sua decennale opera in favore dei rifugiati accampati in Sri Lanka. Egli difende le loro cause per lo più senza percepire stipendio. “È lo spirito cristiano – afferma – che mi guida in questa missione. Ho visto le condizioni in cui vivono rifugiati e richiedenti asilo e mi batto per loro. Testimonio Cristo in questa missione”.

L’avvocato ricorda di aver incontrato per la prima volta alcuni rifugiati singalesi nel 1996, quando era in Norvegia. “Lì il comune di Stavanger – riferisce – aveva creato un campo per l’accoglienza di singalesi e tamil [che scappavano dalla guerra civile tra esercito e Tigri Tamil, ndr]. Essi vivevano in maniera stanziale in un’area chiamata ‘dale’. In seguito ho lavorato a Hong Kong come volontario di Ong che si occupavano di richiedenti asilo. Il lavoro era molto duro, spesso finivamo di compilare le domande ben oltre la mezzanotte”.

Tornato nel suo Paese, e vista la sua esperienza in materia, il National Christian Council lo contatta per un sostegno nel determinare lo status di rifugiato di una famiglia pakistana. Da quel momento inizia a lavorare anche in collaborazione con l’Evangelical Alliance. Infatti, spiega, “tra coloro che fanno domanda d’asilo ci sono molti cristiani, oltre a musulmani sciiti e ahmadi”.

L’attivista riporta che in tutto lo Sri Lanka vivono circa 1200 rifugiati. Essi provengono in maggioranza da territori segnati da guerre e conflitti, come Afghanistan, Siria, Palestina, Iran, Somalia e Nigeria, ma anche dalle vicine Maldive e i Rohingya dal Myanmar, e vivono soprattutto nell’area di Negombo [vicino Colombo, ndr]. Di loro si occupa soprattutto l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, e diverse altre organizzazioni.

In realtà, sottolinea, “tutte queste persone non hanno il diritto di rimanere qui e non possono lavorare perché il Paese non ha firmato la Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951. Ma non dobbiamo dimenticare che siamo stati i primi a generare rifugiati [durante il conflitto civile], costringendo quasi un milione di persone a cercare riparo all’estero”. “Il mondo si prende cura di loro – evidenzia – per esempio l’India accoglie circa 100mila persone e altre 200mila sono sparse in tutto il mondo”. Per tutti questi motivi, ribadisce in conclusione, “è nostra responsabilità prenderci cura di queste persone. Se non possono lavorare, essi non hanno altra scelta che mendicare. Pertanto il governo dovrebbe prendere in considerazione l’idea di consentire loro qualche forma di impiego, magari sotto la supervisione dell’Unhcr, affinchè possano sopravvivere”.

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