30/05/2012, 00.00
PAKISTAN
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Ballavano a un matrimonio: tribunale islamico condanna a morte sei pakistani

di Jibran Khan
Due donne e quattro uomini, ripresi in un video, sono stati processati da una corte della shariah nelle aree tribali al confine con l’Afghanistan. Leader tribali: danzare è contro l’islam. Fuggiti grazie a un espediente, i quattro uomini vivono nascosti. Vescovo di Islamabad: il Paese torna “all’età della pietra”.

Islamabad (AsiaNews) - Condannati a morte per aver ballato a un matrimonio. Una pena esemplare, perché altri in un futuro non commettano lo stesso crimine. È la logica dei tribunali della shariah, le corti islamiche, nelle aree tribali del Pakistan; solo per una serie di eventi fortuiti, i quattro uomini sono riusciti a scampare al boia e si sono nascosti in luogo sicuro, mentre non è chiara la sorte delle due donne. Attivisti per i diritti umani e organizzazioni attive nel sociale lanciano appelli contro la barbarie dei tribunali dell'islam che, per il vescovo di Islamabad, sono il sintomo più evidente di una nazione che invece di evolvere vira a 180 gradi tornando "verso l'età della pietra".

Un gruppo di leader tribali ed esperti di legge islamica ha condannato a morte sei persone il 28 maggio scorso, perché "hanno ballato" durante un matrimonio; il rito è stato celebrato di recente nel villaggio di Gada, a Kohistan, distretto amministrativo della provincia di Khyber PakhtunKhwa (nella provincia di frontiera Nord-occidentale), nelle aree tribali al confine con l'Afghanistan.

Sultan Muhammad, abitante di Gada (circa 180 km dalla capitale Islamabad), racconta che i quattro uomini e le due donne sono stati ripresi in un video, nel quale festeggiavano "ballando con gioia" il matrimonio di un conoscente. Le immagini sono arrivate in possesso di alcuni leader tribali, che hanno chiesto prima spiegazioni all'autore e poi convocato al tribunale della shariah i protagonisti del balletto. "Danzare è contro l'islam - hanno dichiarato i leader religiosi - e va condannato" perché sia "di esempio per tutti". E a nulla sono valse le dichiarazioni di discolpa degli imputati, la loro fede musulmana, le scuse: pena capitale.

La polizia ha cercato di intervenire nella vicenda, ma i leader religiosi hanno opposto la propria "giurisdizione" in materia e ribadito la legittimità della condanna. Tuttavia, mediante un espediente gli uomini sono riusciti a fuggire e ora si trovano in un luogo nascosto, al sicuro. Non è invece chiara la sorte delle due donne: secondo alcuni testimoni, sarebbero rinchiuse in una stanza e private del cibo. Secondo la sentenza di condanna, infatti, devono morire prima gli uomini con un colpo di pistola alla testa; poi, in un secondo momento, le donne.

Attivisti per i diritti umani lanciano un appello contro i soprusi e le violenze perpetrati dalle corti islamiche, un vero e proprio Stato nello Stato in Pakistan e denunciano la morte di 943 fra donne e bambine lo scorso anno per "delitti d'onore". Mons. Rufin Anthony, vescovo di Islamabad/Rawalpindi, parla di un ritorno "all'età della pietra" punta il dito contro governo e magistratura, incapaci di "mettere fine al dominio delle corti tribali", che "sfruttano la religione per far valere la loro autorità" uccidendo così "tutte le tradizioni e le culture indigene".

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