18/04/2016, 11.15
IRAQ - SIRIA
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Bilanci in rosso per lo Stato islamico, persino i terroristi alzano le tasse

Negli ultimi mesi i ricavi del sedicente “Califfato” sono diminuiti del 30%. A marzo 56 milioni di dollari in entrate, a metà 2015 il dato era di 80 milioni. In calo anche la popolazione nei territori controllati da Daesh, che passa da nove a sei milioni. Per rimediare i leader jihadisti hanno imposto nuovi balzelli. Multe per chi non risponde in modo corretto a domande sul Corano. 

Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - I proventi dello Stato islamico e la popolazione che vive all’interno dei territori controllati dal gruppo jihadista hanno subito un tracollo negli ultimi mesi, con un calo del 30% in particolare nel settore delle finanze. È quanto emerge da uno studio pubblicato in questi giorni dall’istituto specializzato Ihs Jane’s, con base negli Stati Uniti; secondo la ricerca, il deficit nelle entrate potrebbe - nel lungo periodo - risultare decisivo per la caduta del sedicente “Califfato”. Per correre ai ripari, i leader jihadisti hanno già provveduto a introdurre nuove tasse e imposte nei territori oggi sotto il suo controllo, fra cui un balzello sulla “riparazione delle antenne paraboliche”. 

Dai dati emersi nello studio di Ihs Jane’s emerge che “nel marzo 2016 le entrate mensili dello Stato islamico sono scese a 56 milioni di dollari”. A metà 2015, l’insieme dei ricavi su base mensile era in media di 80 milioni di dollari. 

Basato su informazioni ricavate da internet (social network in particolare) e da fonti sui territori di Siria e Iraq, il rapporto aggiunge inoltre che la produzione di petrolio nelle zone sotto il controllo jihadista è anch’essa diminuita, passando da 33mila a 22mila barili al giorno. Per gli esperti, queste perdite sono dovute ai raid aerei condotti in questi mesi dagli Stati Uniti e dalla Russia. 

Almeno la metà dei soldi che confluiscono nelle casse di Daesh [acronimo arabo dello SI] provengono dalle tasse e dalla confisca di imprese e beni. Il petrolio costituisce il 43%, mentre la parte restante è frutto del traffico di droga, vendita di energia elettrica, cui si aggiungono donazioni. 

Sempre secondo lo studio di Ihs Jane’s, lo SI ha perso almeno il 22% del proprio territorio negli ultimi 15 mesi; al contempo, la popolazione nelle aree sotto il controllo dei miliziani jihadisti si è ridotta a sei milioni, rispetto ai nove milioni del recente passato. Anche questo è uno dei motivi del calo degli introiti nelle casse di Daesh. 

Per sopperire alle perdite, i leader del movimento ultra-fondamentalista islamico sunnita hanno aumentato i balzelli nei servizi di base: fra questi vi sono le tasse gli autisti di camion, imposte per chi vuole installare o riparare antenne paraboliche e “dazi sull’uscita” per chi vuole lasciare una città o un villaggio nelle mani dell’Isis. A queste si aggiungono le “multe” per chi non risponde in modo corretto a domande sul Corano e sull’islam, e la possibilità di tramutare in denaro pene corporali (ad esempio la fustigazione) inflitte per comportamenti che “deviano” dalla morale e dalla religione musulmana. 

Secondo alcune fonti vi sarebbero stati anche “tagli” nei salari riservati ai combattenti, con cali fino al 50% dello “stipendio” percepito in precedenza. Dietro la decisione, spiegano i vertici, vi sarebbero “circostanze straordinarie”. 

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