04/11/2015, 00.00
MYANMAR
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Cardinale birmano: elezioni, un “pellegrinaggio sacro” verso democrazia e libertà

di Francis Khoo Thwe
Ad AsiaNews l’arcivescovo di Yangon parla di “processo democratico doloroso, ma in pieno corso”. Egli non nasconde i timori di brogli, ma è convinto che “mercanti di odio” non trasformeranno il voto “in un incubo”. Ai cattolici chiede di votare guardando a candidati che promuovono “giustizia e compassione”.

Yangon (AsiaNews) - “In Myanmar la democrazia è un pellegrinaggio sacro”, che passa attraverso “tribolazioni, dubbi e passi indietro”. Tuttavia, l’aspra contesa che ha anticipato il voto “è segno che il processo democratico, sebbene doloroso, oggi è in pieno corso”. È quanto dice ad AsiaNews il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, primo porporato della storia del Myanmar, alla vigilia delle elezioni generali in programma il prossimo 8 novembre. Il cardinale si rivolge alla stampa e al popolo, perché vigilino sulla regolarità delle elezioni ed è convinto che “un manipolo di mercanti di odio” non trasformeranno l’appuntamento alle urne “in un incubo”. Permane l’incertezza sul voto dei migranti e nelle aree abitante dalle minoranze etniche, ma il clima generale è di ottimismo.  

Per l’arcivescovo di Yangon la gente “è alla ricerca di pace, giustizia e prosperità dopo 60 anni di buio”. In questo senso, “discriminare le persone in base alla fede professata - avverte il porporato - non è parte del buddismo”. Ai cristiani chiede di guardare a “candidati che indicano al nostro popolo la giusta via, basata sulla giustizia, sulla compassione”, che possano portare “luce” a un Paese troppo a lungo preda dell’ingiustizia, della povertà, dell’odio.
Ecco, di seguito, l’intervista del card Bo ad AsiaNews: 

Le elezioni dell’8 novembre saranno davvero un passo in avanti per la democrazia in Myanmar?
In molte parti del mondo la democrazia è un’attività politica. In Myanmar, la democrazia è un pellegrinaggio sacro. Il viaggio di Gesù sul Calvario è stato caratterizzato da tribolazioni, dubbi e frequenti passi indietro. Tuttavia, a dispetto delle molte sfide credo che queste elezioni saranno un passo in avanti. Eravamo un Paese totalitario, oggi abbiamo 93 partiti che si affrontano in queste elezioni. L’aspirazione insita nel cuore umano alla libertà trova oggi espressione nelle strade del Myanmar. La democrazia è un processo e sono felice che questa aspra contesa è un segno che il processo democratico, sebbene doloroso, oggi è in pieno corso. Sono ottimista sul fatto che i partiti etnici, l’opposizione birmana possano competere in ogni seggio lanciando una sfida a tutte le egemonie. Accolgo con favore la sfida. E facciamo in modo che sia ascoltata la volontà popolare.

Eminenza, sarà davvero un voto “libero e giusto” o vi sono rischi di brogli? 
Adesso non è il caso di fare previsioni pessimiste. Spero in una stampa attenta e nel popolo birmano, perché possano garantire elezioni libere e giuste. Circolano voci di personaggi poco raccomandabili che cercano di creare il caos. Episodi sporadici di violenze creano ansia, ma questa non è la normalità. Il popolo del Myanmar ha aspettato sin troppo a lungo per provare una vera democrazia e non permetterà a un manipolo di mercanti di odio di trasformare il voto in un incubo.

Quali sono gli elementi di maggiore preoccupazione?
Certo, vi potranno essere manipolazioni se abbassiamo il livello di guardia. In particolare, il voto via posta potrà essere alterato. In migliaia non hanno visto i loro nomi iscritti nei registri elettorali. E ancora, il 27% della popolazione non possiede una carta di identità. Il governo si è sforzato di risolvere il problema, ma dubito che possa arrivare in tempo per garantire loro il diritto di voto. In Thailandia sono già emersi elementi di preoccupazione, con almeno un milione di migranti con il diritto di voto ma solo poche migliaia hanno potuto davvero farlo. Anche in Malaysia ha milioni di migranti dal Myanmar. E non credo che il loro desiderio di votare sia stato accolto con entusiasmo dai funzionari governativi.

Nei giorni scorsi lei ha parlato di un “nuovo sistema” per la nazione. Con queste elezioni sarà davvero possibile mettersi alle spalle decenni di dittatura militare?
Il Myanmar è un Paese ricco, che di recente si è aperto al mondo esterno e ha registrato episodi di saccheggio veri e propri. Negli ultimi quattro anni di cosiddetta “democrazia” è scomparso il 30% delle foreste. Secondo alcuni studi nell’ultimo anno sono usciti dal Myanmar giada e preziosi per un valore di almeno 31 miliardi di dollari. Tutto questo avrebbe dovuto rendere il popolo birmano uno dei più ricchi al mondo. Ma il Paese resta ancora ai primi posti per mortalità infantile. E chi ha imparato a rubare non si metterà certo in futuro ad apprendere una professione più nobile. Non penso che le cerchie del malaffare e i loro padroni spariranno. Queste persone sono schiave delle nazioni vicine, vendono il loro benessere per denaro. Un vero sistema federale, che sappia valorizzare una comunità basata sulla gestione sana delle risorse naturali è la sola strada percorribile Un vero Stato federale è la sola garanzia per la pace e la giustizia ambientale. Una vera democrazia delegata e decentrata saprà portare un Myanmar prospero e pacifico.

In questo contesto, quanto è importante separare l’ambito religioso dalla politica? Qualcuno sembra interessato a sfruttare la fede per scopi elettorali…
Certo, una economia neo liberale e un fascismo di ritorno sono strani compagni di viaggio. L’Europa li ha già sperimentati in passato con risultati disastrosi. Malfattori e compari stanno snaturando la religione. In Myanmar vi è una tradizione ricca ed elegante legata al buddismo Theravada. Nel Paese vi sono circa 500mila monaci e 70mila religiose buddiste. Sono una fonte di ispirazione e di vita all’insegna della rinuncia e della compassione. Metta e Karuna (misericordia e compassione) sono i due occhi del vero Buddha. Sfortunatamente, vi sono anche mercanti di odio che abusano della religione e cercano di sfruttarla per ricoprire un ruolo politico. La democrazia apre la via anche alla prassi del voto di scambio. Ma la gente è alla ricerca di pace, giustizia e prosperità dopo 60 anni di buio. Seminare odio, discriminare le persone in base alla fede professata non è parte del buddismo.
Tuttavia, resto fiducioso e sono convinto che il popolo del Myanmar saprà mantenere l’aura di un popolo di pace. A dispetto degli sforzi compiuti per avvelenare le menti nella direzione del settarismo e della divisione su base comunitaria, la gente ha mostrato di essere superiore rispetto a questi profeti di sventura.

Cardinal Bo, in questo contesto elettorale quale ruolo potranno giocare i cattolici?
Prima di tutto siamo cristiani. Ma siamo anche cittadini del Myanmar. La nostra è una storia condivisa. I nostri fratelli e sorelle delle minoranze etniche hanno scelto il cristianesimo come loro fede religiosa. Per questo le elezioni diventano una tappa importante di questo cammino di affermazione. Non esprimo preferenze per alcun partito, ma invito tutti i cristiani ad esercitare il loro diritto al voto. Andate alle urne, ed esprimete la vostra preferenza secondo le parole di Gesù: “Io sono la Via, la Verità, la Luce”.

Vuole lanciare un appello in vista del voto…
Volentieri! Guardate a candidati che indicano al nostro popolo la giusta via, basata sulla giustizia, sulla compassione; votate candidati che dicano la verità, votate per candidati che possano portare “luce” a questo Paese, cacciando l’oscurità che è frutto dell’ingiustizia, della povertà, dell’odio. Fate in modo che dalle urne esca un Myanmar di giustizia, di pace e di prosperità.

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