16/06/2010, 00.00
CINA
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Cina, arrestato per tangenti il vice ministro della Sanità

Tre anni fa, l’allora titolare dello stesso dicastero è stato giustiziato per corruzione e messa in commercio di farmaci nocivi per la popolazione. Pechino conferma inoltre che i quadri del Partito rubano soldi: in un anno, spariti da 12 province circa 75 miliardi di yuan.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il vice ministro cinese della Sanità è stato arrestato nel corso di un’estesa inchiesta sulla corruzione condotta dai funzionari del Partito comunista. L’arresto arriva a tre anni dall’esecuzione dell’allora ministro dello stesso dicastero, Zheng Xiaoyu, condannato per tangenti e soprattutto per aver approvato la vendita di medicinali contraffatti. Il suo secondo, Zhang Jingli, è oggi invece accusato di “serie violazioni disciplinari”: una formula con cui di solito si intendono tangenti e abuso di potere.
 
Zhang, 55 anni, è entrato al ministero sotto la gestione di Zheng. Lo scorso aprile, altri cinque dirigenti dello stesso dicastero sono stati arrestati con l’accusa di aver preso tangenti da colossi farmaceutici in cambio della messa in commercio di medicinali contraffatti. A causa di questa pratica, in Cina si sono verificati diversi casi di avvelenamento da prodotti farmaceutici. Spesso i medicinali venduti sono perfino privi delle sostanze curative.
 
Secondo il professore Li Chengyan, direttore dell’Istituto per la ricerca contro la corruzione di Pechino, “era inevitabile che si trovassero altri dirigenti ministeriali corrotti. Posso dire già oggi che si verificheranno molti altri casi del genere, perché il mercato dei farmaci è uno dei più ricchi e l’agenzia che lo regola ha moltissimo potere”.
 
In ogni caso, la corruzione sembra essere endemica nel Paese. Secondo l’Ufficio nazionale di monitoraggio, i governi locali di 12 province e 26 municipalità si sono appropriati in maniera indebita di più di 75 miliardi di yuan (circa 8 miliardi di euro) nel corso dello scorso anno. Si tratta di denaro ottenuto dalla vendita di terreni non dichiarata allo Stato centrale.
 
Pechino conosce bene e teme molto il problema. In passato il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao hanno messo in guardia i quadri comunisti, dicendo che la corruzione rischia di essere il terreno su cui si gioca la stessa sopravvivenza del Partito. Fino a due anni fa si discuteva di introdurre una democrazia interna per le cariche, così da prevenire la salita al potere dei membri corrotti. Ma la discussione si è arenata e le ultime promozioni sono state tutte di “principini”, figli di alte personalità del Partito.
 
A testimoniare l’inutilità di queste guide etiche ci sono i numeri (offerti dalla Corte suprema di Pechino). Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2006, su 33mila casi di corruzione denunciati in via ufficiale, sono stati arrestati solo 1.600 funzionari e oltre l’80% dei condannati ha evitato sanzioni penali. Sebbene sia proibito ai funzionari qualsiasi interessamento economico nelle miniere di carbone (come riafferma anche la nuova guida), nel 2006 è stato prosciolto circa il 95% dei funzionari implicati nelle proprietà di miniere crollate. Nel 2005, 110mila funzionari sono stati puniti, ma quasi tutti solo con sanzioni disciplinari.
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