Colombo: prezzo calmierato scatena la guerra del riso e alimenta mercato nero
L’imposizione di un tetto al costo del cereale al dettaglio ha innescato una instabilità economica e carenze di approvvigionamento. Gli interventi dei governi non hanno disinnescato la crisi. Anche l’Autorità per la tutela dei consumatori denuncia difficoltà nei controlli e risultati spesso limitati.
Colombo (AsiaNews) - L’imposizione di un tetto ai prezzi di vendita del riso al dettaglio, alimento base nello Sri Lanka, ha innescato una complessa instabilità economica caratterizzata da distorsioni del mercato, carenze di approvvigionamento e conseguenze sociali indesiderate. Il cereale fornisce il 45% delle calorie consumate dal cittadino medio e rappresenta il 34% della superficie coltivata totale del Paese. Con un consumo pro capite annuo superiore a 181 kg, l’isola è all’ottavo posto nella classifica mondiale per uso nella dieta quotidiana. Inoltre, i più colpiti dal controllo dei prezzi del riso risultano essere i poveri, mentre il risultato immediato di un controllo dei prezzi è stata la creazione di carenze artificiali e fittizie in tutto il Paese. Oltretutto, il progressivo inaridimento dei canali di distribuzione ufficiali si è assistito, inevitabilmente, ad una espansione del “mercato nero” per colmare le lacune.
Dato che l’accessibilità economica del riso è una questione delicata e sensibile anche sul piano politico, i governi che si sono succeduti sono intervenuti sul mercato attraverso meccanismi di controllo dei prezzi. Nel dicembre 2024 il governo, attraverso l’Autorità per la tutela dei consumatori (Caa), ha imposto prezzi massimi al dettaglio per diverse varietà di riso, fissando il costo della varietà popolare “Nadu” (diffusa tra i poveri e la classe medio-bassa) a 230 rupie al kg (pari a 0,64 euro); la della varietà “Samba” a 240 rupie al kg (0,67 euro); la della varietà “Keeri Samba” a 260 rupie al kg (0,73 euro). Dietro il provvedimento vi era il tentativo di proteggere i consumatori dai picchi di prezzo durante un periodo di percezione di carenza e potenziale accaparramento da parte dei mugnai.
Gli economisti Kalindu Alwis e Nilmini Mendis spiegano ad AsiaNews che “l’imposizione di prezzi massimi al dettaglio ha innescato una complessa instabilità economica dovuta a distorsioni del mercato, carenze di approvvigionamento e conseguenze sociali indesiderate”. “Sebbene il controllo dei prezzi sia stato imposto per proteggere i consumatori, i limiti massimi - proseguono - hanno prodotto effetti negativi, tra cui la proliferazione del mercato nero e una riduzione dell’accesso al cibo per le popolazioni vulnerabili”. Per questo i due esperi sottolineano che “è invece necessario andare oltre il controllo dei prezzi e attuare riforme orientate al mercato e investimenti nella produttività agricola per garantire la sicurezza alimentare nel lungo termine”.
“L’imposizione del controllo dei prezzi risale a diversi decenni fa con l’intervento del governo nel mercato del riso” proseguono Kalindu e Nilmini, ma ciò non è servito a produrre “risultati tangibili” nel caso di costi calmierati “durante i periodi di volatilità di prezzi o crisi percepita”. Inoltre, il mercato del cereale nell’isola “sta crollando sotto il peso di politiche governative contraddittorie. Poiché i mercati ufficiali non sono in grado di operare a prezzi controllati, coloro che sono disposti a pagare prezzi più elevati cercano fonti alternative. Nel frattempo, i fornitori disposti a rischiare sanzioni per aver violato i controlli sui prezzi - affermano - possono guadagnare premi sostanziali nei mercati neri. Questo alla fine danneggia i consumatori”.
Secondo Herath Banda Mudiyanse (67 anni), Wijepala Appuhamy (65) e Chaminda Ratnayaka (56), mugnai di Polonnaruwa (nella Northwestern Province, la più grande zona di lavorazione) raccontano: “Negli ultimi anni abbiamo dovuto affrontare gravi pressioni finanziarie a causa del sistema di controllo dei prezzi, poiché i costi di produzione superavano i prezzi di vendita obbligatori; molti mugnai sono stati costretti a interrompere l’attività o a ridurre significativamente la produzione”. “Ciò - proseguono - ha provocato interruzioni nella catena di approvvigionamento che si sono estese dagli agricoltori ai consumatori, poiché i mugnai hanno ridotto gli acquisti di riso dagli agricoltori e limitato le vendite giornaliere per far durare le scorte fino alla stagione del successivo raccolto”. Questa situazione è stata “particolarmente difficile”, sottolineano, per i “piccoli produttori” che non dispongono di ”adeguate strutture di stoccaggio climatizzate” ed “esauriscono completamente le scorte prima del raccolto successivo”. “Sebbene il controllo dei prezzi abbia lo scopo di proteggere i consumatori dalle pratiche monopolistiche, spesso - avvertono - rafforza la posizione di mercato dei grandi produttori che possono sopportare perdite temporanee e trarre vantaggio dalla riduzione della concorrenza”.
Secondo alti funzionari dell’Autorità per la tutela dei consumatori (Caa) una “efficace applicazione dei controlli sui prezzi richiede una notevole capacità istituzionale per monitorare migliaia di rivenditori in tutto il Paese, condurre raid e perseguire i trasgressori”. Si tratta di un processo che richiede molte risorse che l’autorità stessa deve erogare ma che, spesso, “produce risultati limitati, perché alcuni rivenditori rispettano i controlli, mentre altri li ignorano, portando - conclude la nota - alla frammentazione del mercato e a un accesso iniquo”.