09/09/2022, 10.27
GIAPPONE
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Consegne di Amazon, anche a Tokyo e Nagasaki è nato un sindacato

di Guido Alberto Casanova

I lavoratori contestano scadenze e percorsi impossibili stabiliti dall'algoritmo. La pandemia ha dato un ulteriore spinta significativa all'e-commerce in Giappone: l’anno scorso le tre maggiori società di spedizioni hanno consegnato la cifra record di 4,68 miliardi di pacchi.

Tokyo (AsiaNews) - Non più solo Europa e Nord America. Anche in Giappone ora Amazon, il colosso statunitense dell’e-commerce, deve fare i conti con un movimento dei lavoratori che inizia a organizzarsi per far sentire le proprie rivendicazioni e far valere i propri diritti. Un fatto significativo in un Paese che dal punto di vista dell’attivismo lavorativo è tra i meno turbolenti del mondo sviluppato.

L’ultimo capitolo di questa vicenda è stato scritto a Nagasaki, dove lunedì 15 lavoratori che consegnano i pacchi per Amazon hanno annunciato la fondazione del proprio sindacato. Con questa decisione, i fattorini chiedono una regolare contrattualizzazione che stabilisca orari di lavoro precisi, aumenti i salari e provveda a coprire le spese per il carburante.

Al momento tutti i 15 lavoratori sono considerati come “lavoratori autonomi”, con contratti che li legano alle società di spedizioni su cui si appoggia Amazon. Per loro, la legge giapponese non prevede alcuna protezione lavorativa in termini di orari di lavoro e pagamento degli straordinari. A peggiorare ulteriormente le condizioni di lavoro, poi, è stata l’introduzione dell’intelligenza artificiale per il calcolo delle consegne. La critica che viene rivolta all’algoritmo è quella di stabilire scadenze e percorsi impossibili.

“L’intelligenza artificiale non considera le condizioni del mondo reale, come fiumi o ferrovie o strade che sono troppo strette per le auto” dice Sekiguchi Tatsuya, del sindacato Tokyo Union a cui si sono uniti i lavoratori di Nagasaki. “Il risultato sono domande irragionevoli e orari di lavoro lunghissimi”.

Lo scorso giugno il primo ramo del sindacato era stato fondato da 10 fattorini che effettuavano le consegne di Amazon a Yokosuka, a sud di Tokyo. All’origine di questo movimento sta una semplice considerazione: dal momento che il gigante dell’e-commerce manda direttamente ai fattorini le istruzioni per le consegne e ne controlla gli orari di lavoro, le condizioni per essere contrattualizzati come dipendenti sarebbero soddisfatte. “Sono Amazon e il subcontractor a dirci cosa fare” ripetono i lavoratori.

Da quando i 10 di Yokosuka si sono sindacalizzati, la loro situazione è molto migliorata. La loro società di spedizioni si è seduta al tavolo delle trattative e le oltre 13 ore di lavoro giornaliero sono solo un ricordo del passato. Amazon tuttavia continua a rifiutarsi di negoziare: “i fattorini stanno facendo il loro lavoro secondo i contratti stipulati coi nostri subcontractor e non sono nostri dipendenti”, dice la multinazionale statunitense.

Nell’ultimo anno Amazon ha considerevolmente esteso la propria presenza in Giappone e per il 2023 progetta di espandere le consegne super-rapide a tutto il Paese. La pandemia ha dato una spinta significativa al settore dell’e-commerce in Giappone, cresciuto del 20% dal 2019, e l’anno scorso le tre maggiori società di spedizioni hanno consegnato la cifra record di 4,68 miliardi di pacchi. Per vincere questa competizione agguerrita. Amazon conta di espandere del 60% le proprie stazioni intermedie di consegna entro fine 2022.

Ma se il prezzo di questa competizione agguerrita è il sacrificio dei diritti dei lavoratori, molti fattorini non ci stanno e promettono di organizzarsi. Molti altri gruppi di lavoratori autonomi come quelli di Yokosuka e Nagasaki, infatti, si stanno organizzando per unirsi al sindacato. E la richiesta è sempre la stessa: se gli ordini li dà Amazon, allora stai lavorando per Amazon.

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