13/04/2007, 00.00
CINA
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Contadini condannati per “estorsione”, protestavano contro il furto dei loro terreni

Una ditta petrolchimica non ha pagato i risarcimenti promessi agli abitanti di Sanshan, nel Guangdong, ed ha fatto condannare a quattro anni di carcere per una presunta estorsione coloro che si sono ribellati. Gli imputati denunciano il processo-farsa ed annunciano il ricorso.
Foshan (AsiaNews/Agenzie) – Una compagnia petrolchimica li ha derubati della loro terra, eppure un gruppo composto da sette contadini del villaggio di Sanshan è stato condannato a quattro anni di carcere: i dirigenti della ditta  sono riusciti infatti a denunciarli per estorsione.
 
I sette hanno deciso di appellarsi contro la sentenza, emessa il 10 aprile scorso dalla Corte distrettuale di Nanhai (nei pressi di Foshan, nella ricca provincia meridionale del Guangdong), ma non hanno trovato avvocati disposti a difenderli.
 
I tre legali che avevano accettato l’incarico, infatti, sono stati picchiati da “teppisti” sconosciuti. Uno di loro, Yang Zaixin, è stato costretto a farsi mettere dieci punti in faccia in seguito all’aggressione, avvenuta nei pressi della sua abitazione.
 
Huang Liuxiao, che ha difeso il marito Cui Yongfa durante il primo processo, ha spiegato che i giudici non hanno accettato alcuna linea difensiva: “Tutti gli imputati si sono dichiarati non colpevoli, ed ora stiamo preparando il ricorso”.
 
I sette sono stati arrestati lo scorso giugno dalla polizia locale a seguito di una denuncia presentata dai dirigenti della compagnia petrolchimica Yingshun. Secondo le accuse, i sette si sarebbero recati negli uffici della ditta per chiedere una tangente di 50mila yuan (circa cinquemila euro) in cambio del silenzio sulla requisizione illegale di un ettaro di terreno.
 
Secondo i contadini, invece, la compagnia aveva promesso un risarcimento agli oltre 200 abitanti di Sanshan, ma si era in un secondo momento tirata indietro. La ditta ha imbastito l'accusa di estorsione proprio per non pagare alcun risarcimento.
 
I parenti dei sette definiscono il processo, iniziato lo scorso gennaio, una farsa già decisa. Il padre di Shao Shabing, uno degli imputati, spiega: “Il giudice ha preso le parti della compagnia non appena il processo è iniziato”. L’uomo, che ha 82 anni, è stato persino cacciato dall’aula quando ha alzato la mano per commentare la sentenza, ed è stato sorvegliato da venti poliziotti fino alla fine del procedimento.
 
Altri quattro contadini del luogo sono al momento sotto processo: per loro, l’accusa è “ostruzione alla costruzione di un progetto approvato”.
 
Nel 2005, il governo locale ha deciso di vendere a degli investitori privati un totale di 1.200 ettari di terreno nei pressi di Sanshan. Gli abitanti si sono ribellati quando hanno scoperto che né la ditta né il governo avevano intenzione di risarcirli per la requisizione dei terreni.
 
Il problema della requisizione dei terreni in Cina diviene ogni giorno più difficile da gestire. Il governo centrale, infatti, ha emanato leggi e regolamenti interni che impongono alle ditte di risarcire i contadini a cui vengono espropriati i terreni ma queste, con la connivenza dei governi locali, cercano sempre di evitare il pagamento.
 
Secondo dati del ministero dell’Interno, oltre la metà delle 80mila proteste sociali che avvengono ogni anno in Cina nascono proprio da dispute sui risarcimenti negati o molto inferiori a quanto stabilito dalla legge.
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