29/01/2020, 11.42
PAKISTAN
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Continuano le proteste del movimento Pashtun. Liberato un avvocato, altri 23 in carcere

Le manifestazioni si svolgono in Asia, Europa, Nord America e Australia. I membri del gruppo etnico Pashtun chiedono la liberazione di Manzoor Pashteen, il capo carismatico del loro movimento arrestato con l’accusa di sedizione. Avvocato: “Parla e fatti valere, la tua vita non significa nulla se non hai la libertà di non essere d’accordo”.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità del Pakistan hanno liberato questa mattina un avvocato del movimento Pashtun arrestato ieri durante una manifestazione a Islamabad. La conferma arriva dallo stesso legale, Mohsin Dawar, fermato dalla polizia mentre partecipava ad un comizio di attivisti che chiedono la scarcerazione del capo carismatico del movimento, Manzoor Pashteen. Intanto in tutto il Pakistan proseguono le proteste dei difensori dei diritti umani, mentre per altre 23 persone si aprono le porte del carcere con l’accusa di sedizione.

Ieri le manifestazioni a sostegno al leader del Pashtun Tahafuz Movement (Ptm) si sono tenute oltre 20 città del Paese – Islamabad, Karachi e Peshawar, per citarne alcune –, in Afghanistan e in altre parti del mondo dove è presente la diaspora Pasthun (Europa, Nord America e Australia). Migliaia di manifestanti hanno protestato contro l’arresto di Pashteen, avvenuto due giorni fa a Peshawar. Al momento si trova a Dera Ismail Khan, una remota località nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Invece le 23 persone arrestate ieri nella capitale, di fronte al club nazionale della stampa, sono state portate oggi ad Adiala Jail, il carcere centrale di Rawalpindi.

L’arresto del giovane leader del Ptm ha suscitato le proteste della società civile e di organizzazioni che condividono le richieste di maggiore democrazia e libertà di espressione in Pakistan. Pashteen è stato incriminato con le accuse di sedizione, cospirazione e incitamento al disordine pubblico per un discorso ritenuto offensivo nei confronti dello Stato pronunciato il 18 gennaio. In realtà, il gruppo che egli guida e varie associazioni internazionali ritengono che l’arresto sia una vendetta dei militari per le critiche che l’attivista pronuncia contro lo strapotere dell’esercito e le sparizioni forzate dei membri della minoranza etnica cui appartiene.

Sul suo profilo Twitter, l’avvocato Dawar lamenta che nel raduno a Islamabad “non c’è stato nemmeno un episodio di violenza” ed evidenzia la natura “pacifica” delle manifestazioni. Tuttavia, continua, “lo Stato ci ricorda ancora una volta che i nostri diritti non contano più di tanto, dal momento che non si sono nemmeno degnati di creare inconsistenti basi per i nostri arresti”. “Poiché le nostre libertà si stanno restringendo – continua – il silenzio non è un’opzione. La lotta per riconquistare il nostro diritto al dissenso è una causa comune che trascende le etnie e il credo”. Infine esorta: “Parla e fatti valere, la tua vita non significa nulla se non hai la libertà di non essere d’accordo”.

Il Ptm rappresenta la minoranza tribale nella regione nota in passato come “Aree tribali amministrate in maniera federale” (Federally Administered Tribal Areas, Fata), poi annessa alla provincia di Khyber-Pakhtunkhwa. Negli ultimi anni l’area ha vissuto un’intensa infiltrazione dei militanti talebani dall’Afghanistan, cui sono seguite la controffensiva militare del governo e gli attacchi dei droni statunitensi. Il gruppo ha organizzato numerose proteste per denunciare le responsabilità del governo negli omicidi al di fuori dei tribunali, le sparizioni forzate e le vittime provocate dalle mine. 

 

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