Conviene ad Israele "punire" Hamas?
La chiusura al dialogo frutto di pressioni elettorali in Israele - rischia di incrementare disperazione e violenza fra i palestinesi senza lasciare speranze di sicurezza e di pace per entrambe le nazioni.
Tel Aviv (AsiaNews) Il nuovo parlamento dell'Autorità Palestinese (AP) varato sabato 18 febbraio, vede il partito radicale islamico Hamas con l'assoluta maggioranza dei seggi. Da Hamas viene il nuovo capo del parlamento e tutto sembra pronto perchè il presidente Abbas (Abu Mazen) nomini un altro membro di Hamas come Primo ministro, probabilmente nella persona di Ismail Haniya.
Al-Fatah, il partito del presidente Abbas, è in minoranza nel nuovo parlamento, sebbene lo stesso Abbas, in quanto presidente dell'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), rimane il rappresentante dei palestinesi sulla scena internazionale e se e quando ci saranno negoziati di pace verso Israele.
Nonostante sia passato tanto tempo dalle elezioni palestinesi (25 gennaio), il governo di Israele sembra ancora incerto e indeciso su come rispondere con precisione alla nuova situazione.
Israele ha annunciato che non negozierà con il nuovo governo dell'AP, ma in questo non vi è nulla di nuovo. Israele ha declinato ogni invito a negoziare un trattato di pace già prima delle elezioni, con il presidente Abbas. Personalità palestinesi e dell'opposizione israeliana sono d'accordo nell'affermare che (agli occhi di Israele) le istituzioni palestinesi erano un "non-partner" prima delle elezioni e lo sono tuttora.
Il governo israeliano è molto netto nel denunciare Hamas come un'organizzazione terroristica internazionale e ha promesso di non avere alcun contatto con il nuovo governo palestinese, chiedendo a tutte le nazioni mondiali di seguire la stessa politica. Israele ha anche annunciato che non trasferirà più all'AP tasse e diritti doganali che a nome dell'AP esso raccoglie normalmente. Israele si attende che anche le altre nazioni in particolare l'Europa cessino ogni sostegno finanziario all'AP. I portavoce del governo israeliano parlano di "punizione" dei palestinesi per aver votato a sostegno di Hamas; un prominente consigliere del Primo ministro ha dichiarato che i palestinesi saranno soggetti a una "dieta" involontaria, anche se non si vuole provocare una loro morte per fame.
Il punto è proprio questo: fino a quanto si può costringere i palestinesi a "fare dieta"?
Di fatto, Israele, in quanto potenza occupante, è obbligata a prendersi cura dei palestinesi dei Territori occupati. In tal senso, l'AP, rispondendo ai bisogni della popolazione palestinese, agisce come un "agente" di Israele. In larga misura le donazioni europee e di altri all'AP, aiutano ad alleggerire il peso finanziario del servizio alla popolazione, che Israele sarebbe costretto a portare da solo nel caso ci fossero diminuzioni o tagli.
La "punizione" decisa da Israele dovrebbe dunque limitarsi solo all'AP come organizzazione e non intaccare la popolazione palestinese. Israele non può permettere che vengano meno i fondi per le scuole, gli ospedali e altri servizi per la popolazione civile. E del resto, davvero Israele vuole creare una situazione in cui l'AP non possa più pagare i salari di decine di migliaia di poliziotti e soldati palestinesi? È davvero nell'interesse di Israele lasciare che ira e amarezza crescano sempre più in un così gran numero di persone armate, fino a divenire disperazione, violenza e perfino terrorismo? Anche il possibile "collasso" dell'AP come proposto da alcune personalità israeliane è davvero nell'interesse di Israele?
Un simile "collasso" obbligherebbe l'esercito israeliano a prendere in mano ancora una volta il controllo di ogni minimo aspetto di vita dei Territori occupati, sacrificando enormi risorse finanziarie e di personale, e facendo i conti con decine di migliaia di ex poliziotti e ex soldati palestinesi ormai disoccupati e con le loro famiglie.
Per il momento Ehud Olmert, Primo ministro ad interim, e il suo governo sono molto cauti riguardo a questo scenario e non spingeranno la loro "punizione" fino a questi estremi. Essi però subiscono molte pressioni perché applichino o si veda che applicano una misura "punitiva".
Le pressioni vengono dalla feroce campagna elettorale israeliana in cui i partiti della destra nazionalista, il Likud e l'Unione Nazionale, accusano il governo di aver permesso ad Hamas di prender possesso dell'AP, permettendo per la prima volta delle elezioni palestinesi e permettendo ad Hamas di prender parte alle elezioni.
In generale le previsioni sono quindi per una serie di misure israeliane che renderanno più dura la vita ai palestinesi, senza giungere fino al crollo dell'AP o fino a negare i servizi essenziali alla popolazione.
Si pone dunque la questione: che valore hanno queste misure? Esse non elimineranno "l'Autorità terrorista" come l'ha definita Olmert durante la riunione di governo del 19 febbraio ma andranno invece ad aumentare la disperazione, l'amarezza e l'ostilità dei palestinesi contro Israele. Nello stesso tempo forse andranno ad aumentare le motivazioni degli estremisti a scegliere la violenza ed il terrorismo.
In mezzo alla confusione e ai timori, vi è comunque in Israele, in Palestina e nel mondo chi spera che i leader di entrambe le parti riconoscano che l'unica risposta è proprio la pace: una rinnovata, vigorosa iniziativa di pace, che può prendere la forma di una Conferenza internazionale, forse un richiamo della Conferenza di Madrid del '91. Al presente è molto difficile vedere altre piste che possano rompere il ciclo delle ostilità e dare speranza di libertà e sicurezza alle due nazioni della Terra Santa.