14/08/2023, 10.26
CINA
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Deflazione e debito: nuove nubi sull’economia cinese

di John AI

A luglio in Cina sono crollate sia le importazioni sia le esportazioni, indici in negativo per l'inflazione. L'enorme quantità di debito rappresenta un grosso ostacolo alla crescita futura. Non accenna ad arrestarsi la crisi del settore immobiliare. Le autorità stanno cercando di stimolare i consumi, ma gli effetti delle misure risulterebbero limitati.

Pechino (AsiaNews) - In una fase in cui gli indicatori principali dell’inflazione in Cina registrano un segno negativo, la seconda economia globale si trova ad affrontare il rischio di deflazione e la ripresa risulta bloccata. I dati ufficiali mostrano che l’indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,3% a luglio, mentre il dato relativo alla produzione è calato del 4,4%. Sia le importazioni sia le esportazioni sono crollate di oltre il 10%. Inoltre, gli enormi debiti e le massicce insolvenze stanno perseguitando l’economia.

Il CSI300 cinese, indice che segue i titoli delle principali società quotate a Shanghai e Shenzhen, è crollato del 2,97% la scorsa settimana. Senza un’inflazione adeguata che aiuti la capacità delle aziende di investire nella crescita futura, il mercato azionario potrebbe rimanere fermo. A fine luglio il Politburo del Partito comunista, il massimo organo decisionale cinese, ha promesso una politica favorevole per le imprese private, tuttavia i guadagni in borsa dopo l’annuncio sono diminuiti in modo rapido ad agosto.

Il rimbalzo dei consumi dopo che la Cina ha abbandonato la politica zero-Covid non è durato a lungo. Al contrario, mancando la rete di sicurezza sociale, le persone sono diventate più prudenti nella spesa. I depositi personali hanno raggiunto il massimo storico di 133 mila miliardi di yuan (poco meno di 17mila miliardi di euro) a giugno, ma già dal mese successivo sono calati i risparmi delle famiglie. In un contesto di deflazione, le persone sono più prudenti nella spesa, aspettandosi prezzi più bassi in futuro. Gli analisti avvertono che se i consumatori rimandano gli acquisti, le aziende potrebbero abbassare i prezzi e sacrificare i profitti per attirare i consumatori, con il risultato di creare un circolo vizioso.

Nel frattempo continua la crisi del settore immobiliare. Country Garden, una delle maggiori aziende immobiliari cinesi, ha registrato perdite per 6,9 miliardi di euro nel primo semestre di quest’anno. La società ha mancato due cedole obbligazionarie in scadenza la scorsa settimana, confermando i timori che l’azienda stia scivolando in problemi coi pagamenti. Un altro colosso immobiliare, Evergrande, che ha rivelato di aver perso 81 miliardi di dollari (74 miliari di euro) nel 2021 e 2022, è alle prese con debiti atronomici, stimati in 300 miliardi di dollari (274 miliardi di euro). L’industria immobiliare rappresenta quasi un terzo del PIl cinese e le ricadute della crisi potrebbero avere effetti su una scala più ampia dell’economia.

Le vendite di immobili di nuova costruzione da parte dei primi 100 costruttori in Cina sono crollate del 33% a luglio. La serie di insolvenze nel settore immobiliare e gli edifici incompiuti hanno scatenato un panico diffuso fin dallo scorso anno. JP Morgan ha stimato che le vendite di immobili potrebbero calare di oltre l’80% nella seconda metà di quest’anno, poiché i potenziali acquirenti di case sono spaventati dalle turbolenze.

Pechino è ossessionata dall’enorme quantità di debiti. Si stima che le amministrazioni locali abbiano 94mila miliardi di yuan (11.800 miliardi di euro) di debiti. Il Consiglio di Stato cinese, il governo centrale, ha inviato gruppi di lavoro in 10 province con la peggiore situazione finanziaria per esaminare i libri contabili, ispezionare le passività nascoste non iscritte a bilancio e trovare modi per affrontare i debiti. I gruppi riferiranno al premier Li Qiang. Si dice che i gruppi spingeranno la politica e le banche commerciali a prolungare la scadenza dei prestiti e ad abbassare i tassi d’interesse, e che ai governi locali potrebbe essere chiesto di vendere i loro asset, ma non vi è alcun accenno al fatto che l’esecutivo centrale salverà i governi locali.

La crescita del credito cinese si è indebolita a causa del mercato fiacco. I nuovi prestiti bancari a luglio sono crollati dell’89% rispetto a giugno, scendendo al minimo dal 2009. La Banca centrale ha tagliato i tassi di riferimento di 10 punti base a giugno e gli analisti prevedono ulteriori tagli nel corso dell’anno, ma gli effetti dello stimolo potrebbero essere assai limitati.

I responsabili politici cinesi hanno annunciato misure per promuovere le vendite di elettrodomestici e veicoli passeggeri. La Cina sta anche pianificando di allentare le restrizioni del sistema di registrazione delle famiglie, l’Hukou, per abbassare la soglia di insediamento nelle grandi città. L’opinione comune è Pechino si aspetti un rinnovato impulso al mercato immobiliare in crisi grazie alle nuove politiche messe in campo. Ma in un quadro caratterizzato da un dato elevato in tema di disoccupazione, ecco che la capacità delle grandi città di attrarre i giovani risulti minore.

Il presidente statunitense Joe Biden ha avvertito che l’economia cinese è una “bomba a orologeria”. Immediata la replica dell’agenzia ufficiale cinese Xinhua, la quale ha risposto che la Cina ha alternative sufficienti da spendere per fronteggiare la situazione.

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