03/05/2023, 14.32
AFGHANISTAN
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Doha: l'Onu resterà in Afghanistan, ma senza risposte alla crisi umanitaria

Si è chiuso ieri un incontro di due giorni dal quale è stata esclusa la leadership talebana. A differenza dei Paesei occidentali, le nazioni limitrofe sono interessate agli accordi economici e al mantenimento della sicurezza. Secondo l'Unicef ogni giorno muoiono per malattie prevenibili almeno 167 bambini. Lo stallo permette ai talebani di continuare a varare divieti contro le donne.

Doha (AsiaNews/Agenzie) - Le Nazioni unite manterranno la loro missione in Afghanistan nel tentativo di fornire aiuti umanitari, nonostante i talebani abbiano vietato al personale femminile di lavorare per l’organizzazione internazionale. Lo ha comunicato ieri il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, aggiungendo che i fondi internazionali per la missione si stanno tuttavia esaurendo.

Le dichiarazioni sono arrivate ieri alla fine di un incontro di due giorni a Doha, capitale del Qatar, durante il quale hanno partecipato i rappresentanti di oltre 20 Paesi. Le autorità talebane sono state escluse, ma negli stessi giorni del summit internazionale al ministro degli Esteri talebano, Amir Khan Muttaqi, è stato concesso di potersi recare in Pakistan tra il 6 e il 9 maggio per un incontro con i rispettivi omologhi di Islamabad e Pechino. Anche il mese scorso il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva concesso a Muttaqi di recarsi in Uzbekistan per discutere di sicurezza regionale con i ministri degli Esteri dei Paesi limitrofi.

Non è stato divulgato su cosa verteranno invece la discussioni tra Muttaqi e gli omologhi di Pakistan e Cina, però più volte i due Paesi hanno cercato di coinvolgere l’Afghanistan, ricco di risorse minerarie, nel progetto infrastrutturale del Corridoio economico tra Cina e Pakistan, a sua volta parte della Belt and Road Initiative cinese. 

Secondo quanto dichiarato ieri dalla vice ministra per gli Affari esteri pakistana, Hina Rabbani Khar, minacciare o isolare ulteriormente le autorità talebane non è un approccio pragmatico per alleviare le crisi umanitarie dell'Afghanistan o allentare le restrizioni su donne e ragazze: “Qual è l'alternativa? Questa è la mia domanda a coloro che sostengono che il disimpegno sia persino possibile”, ha affermato in un’intervista alla Reuters. Dichiarazioni che confermano che, a differenza dell’Occidente, per i Paesi confinanti con l’Afghanistan le questioni più importanti riguardano il commercio, la condivisione delle risorse e la stabilità nei confronti della minaccia terroristica (secondo i generali americani il ramo locale dello Stato islamico, l’Is-K, è sempre più vicino ad avere la capacità di condurre attacchi internazionali), piuttosto che la crisi umanitaria e il collasso economico di Kabul

In effetti l’incontro di due giorni appena concluso non sembra aver trovato una soluzione allo stallo politico generatosi dopo il ritiro americano e la riconquista talebana dell’Afghanistan, avvenuti ad agosto 2021. Da allora la comunità internazionale si è trovata davanti un dilemma: riconoscere e collaborare con il governo talebano oppure abbandonare il Paese e lasciare che siano le autorità de facto a occuparsi della crisi umanitaria degli afghani. Secondo l’Unicef ogni giorno in Afghanistan muoiono 167 bambini per malattie prevenibili, che sarebbero cioè curabili se si avessero a disposizione i farmaci adeguati. Fino al 2021, la sanità pubblica (e in generale il bilancio statale dell’Afghanistan) era finanziato per circa l’80% dalla comunità internazionale. Si tratta di fondi che ora stanno arrivando in maniera molto ridotta a causa del dilemma sopra descritto. Finora è stato finanziato solo il 5% dei fondi necessari alla missione Onu in Afghanistan, mentre con il recente divieto che impedisce alle donne di lavorare per le ong, l’assistenza umanitaria, soprattutto nei confronti dei bambini e della popolazione femminile, si è ulteriormente aggravata. Dal 2021 l’economia si è contratta di oltre il 20%, diventando uno dei Paesi con il reddito pro capite minore al mondo. L’85% della popolazione si trova al di sotto della soglia di povertà, raggiungendo nel 2022 la cifra record di 34 milioni di poveri (su una popolazione di 40 milioni).

Secondo alcuni la soluzione risiede in un’unica terza via: colpire con sanzioni la leadership talebana, imponendo divieti di viaggio o, per esempio, il ritorno in Afghanistan delle figlie dei talebani a cui è stato permesso di studiare all’estero.

Anche la resistenza, rappresentata dal combattente Ahmad Massoud e riunitasi in un incontro a Vienna la settimana scorsa, aveva chiesto alla comunità internazionale di non andarsene dal Paese abbandonando la popolazione: “Siamo stati lasciati indietro e traditi. Il popolo dell'Afghanistan non ha rifiutato la democrazia: ha votato e si è schierato per i valori, per le donne, ha alzato la voce e ha ottenuto risultati negli ultimi 20 anni”, ha detto, aggiungendo però che la soluzione non sta nel riconoscimento del governo talebano. 

Nel frattempo, però, le divisioni lasciano spazio di manovra ai talebani, che indisturbati continuano a restringere gli spazi di partecipazione della popolazione femminile: oggi il ministro della Salute pubblica ha annunciato che solo i laureati in medicina maschi potranno continuare con la specializzazione, mentre alle donne è ancora una volta stata del tutto negata la possibilità.

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