20/09/2010, 00.00
TURCHIA
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Dopo 95 anni, una messa nella chiesa armena della Santa Croce, sul lago di Van

di Geries Othman
L’arcivescovo Aram Atesyan ha definito l’evento “un miracolo”. La chiesa sorge nel luogo del genocidio armeno. In passato le sue pitture erano usate come bersagli per il tiro a segno e annerite dai barbecue dei picnic. Manca la croce di ferro sulla cupola. Critiche degli armeni della diaspora; felicità e gioia da parte degli armeni in Turchia.
 Ankara (AsiaNews) - Dopo ben 95 anni si è tornati a celebrare l’eucarestia nella chiesa della Santa Croce, sull’isola di Aktamar, nel lago di Van, ad est della Turchia ai confini con l’Armenia. L’arcivescovo Aram Atesyan, vicario del Patriarca Armeno di Turchia ha definito “un miracolo” l’evento accaduto ieri, anche se fra gli armeni della diaspora vi sono critiche.
 
 “E’ un miracolo poter celebrare qui oggi la Santa Eucarestia”, ha detto nella predica il vescovo. E usando prima la lingua armena, poi quella turca, ha ringraziato le autorità civili turche che hanno restaurato e dato il permesso per la celebrazione. “Questa sarà una pagina d’oro nella storia” ha ribadito alla fine della messa.
Chiesa millenaria, la chiesa della Santa Croce, è un gioiello di architettura armena, ma è soprattutto un simbolo forte per questa comunità cristiana: essa sorge in una delle aree dove si è consumato nel 1915 quello che la comunità armena e internazionale chiama “genocidio”, una definizione che invece la Turchia rifiuta.  
Nel 2005 è stato proprio il giornalista turco armeno Hrant Dink - ucciso nel gennaio del 2007 - a chiederne la riapertura, "per restaurare anche le nostre anime spossate". Per decenni gli antichi affreschi erano stati usati come bersaglio per il tiro a segno e l’edificio sacro era annerito dai fuochi del barbecue e dei picnic. Nel 2007, dopo due anni di restauro, la chiesa è stata riaperta al pubblico come museo.
 
Alla solenne celebrazione eucaristica di ieri hanno partecipato più di 5mila persone. Cinquanta, con invito speciale, hanno potuto sostare all’interno dell’edificio sacro, gli altri 1500 armeni - di cui 700 provenienti da Istanbul, 200 dall’Armenia e poi dagli Usa e dall’Europa - e i numerosissimi turchi, hanno assistito alla liturgia guardandola sui due maxi-schermo posti nel parco dell’isola.
Presenti anche un numero di funzionari turchi, tra cui i sindaci di Van e Gevas , il capo del Dipartimento dei Musei e delle Antichità, il sottoministro turco del Turismo, il capo della polizia di Van.
 
Assenti però le autorità religiose armene delle altre nazioni: solo il rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli ha partecipato alla liturgia; gli altri tre patriarcati della Chiesa Armena Apostolica si sono rifiutati di prendere parte, nonostante l’invito personale inviato loro dal primo ministro turco Tayyip Erdogan. Il motivo: le autorità turche non hanno dato il permesso di installare la croce sulla cupola.
 
La stampa turca di oggi discute la liturgia nella chiesa “Khach Surb” (Santa Croce) e dà ampio spazio al polverone alzatosi sulla scelta di “non mettere la croce per motivi tecnici”. Nel suo articolo sul quotidiano Taraf, Ayse Gyur scrive con sarcasmo: “In un paese dove imprese di costruzioni sono capaci di innalzare grattacieli di 270 metri d’altezza, come può il governatore di Van non essere imbarazzato nel sostenere che non si può sollevare e posizionare una croce di ferro pesante 100 chili a circa 10-15 metri ? Certo, la crisi è stata superata dagli imprenditori innovativi di Van, e la croce è stata eretta. Purtroppo, non in cima alla cupola, come desiderava la comunità armena, ma nel giardino della chiesa”.
 
“Armenia e Turchia hanno politicizzato la questione di erigere la croce sulla Khach Surb Chiesa”, rilascia in un intervista l'architetto e sapiente restauratore Mildanoglu, che ha preso parte alla ricostruzione della storica chiesa sull'isola di Aktamar.
 
“L'autorizzazione per un servizio religioso è un enorme passo in avanti”, afferma l’architetto e restauratore Mildanoglu Zakaria,  e fa notare che il dibattito sulla croce non deve tuttavia far dimenticare la preziosità dell’evento. Egli sottolinea: “Ho sempre detto che la croce non deve essere usata in politica. La croce avrebbe dovuto essere posta sulla cupola dopo la ricostruzione, ma questo problema è stato così strumentalizzato e politicizzato da entrambe le parti, che ha dato vita a pesanti controversie, che paiono voler ostacolare i timidi, ma decisi passi di un possibile dialogo e riconciliazione tra i nostri due popoli”.
 
La polemica continua e gli armeni della diaspora ci tengono a sostenere che “La Khach Surb di Aktamar non può essere considerata completamente restaurata fino a quando la croce non sarà eretta sulla cupola”. Ieri un gruppo di loro, in segno di protesta, ha sollevato croci di legno durante la liturgia.
 
Ma gli armeni provenienti da Istanbul e i tanti rimasti a casa ad Ankara ci tengono a dire con fierezza: “Dopo ben 95 anni di pesante silenzio, si è potuto udire nuovamente lo scampanio festoso sull’isola. Poco importa - sostengono con gli occhi alle lacrime, - che si trattasse di una registrazione, visto il divieto delle autorità turche di apporre campane e croce sulla chiesa;  finalmente ieri si è potuto tornare a celebrare l’Eucarestia in questo luogo a noi così caro e sacro. Ciò è segno di grande speranza: è come poter finalmente uscire dalle catacombe, e poter manifestare la nostra fede senza vergogna né paura”.
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