02/05/2025, 11.45
LIBANO - SIRIA - ISRAELE
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Dopo gli alawiti, i drusi: minoranze a rischio nella ‘nuova’ Siria di al-Sharaa?

di Fady Noun

Un centinaio di morti negli scontri tra milizie druse e sunniti nei pressi di Damasco e Soueida. Il capo religioso druso in Siria invoca l’intervento internazionale. In Libano manifestazioni di gruppi ostili al regime islamista siriano. Joumblatt annuncia accordo di principio con Damasco. Israele oggi all’alba ha bombardato l’area attorno al palazzo presidenziale siriano per avvertimento. 

Beirut (AsiaNews) - Il profeta dell’islam ha bestemmiato! Questa è stata la scintilla che ha acceso gli aspri combattimenti con armi leggere e medie scoppiati ad inizio settimana (fra il 28 e il 30 aprile) nelle città di Jaramana con il suo milione di abitanti, alla periferia di Damasco, e di Sahnaya, a 15 km dalla capitale. Le violenze hanno visto contrapposti i gruppi sunniti del nuovo regime islamista al potere a Damasco ai combattenti e ai civili drusi. Gli scontri di piazza hanno causato un centinaio di morti, tra cui 30 membri delle forze di sicurezza siriane.

I combattimenti sono divampati in seguito alla pubblicazione sui social network di un messaggio audio attribuito a un dignitario druso e ritenuto blasfemo nei confronti del profeta Maometto. Il messaggio è stato ripudiato dalla comunità drusa e ritenuto addirittura “inventato”. Ciononostante è stato un gruppo armato fanatico affiliato al governo a dare il via alle ostilità, aprendo il fuoco contro i guardiani drusi a presidio di Jaramana. I combattimenti si sono diffusi dopo una mobilitazione in tutta fretta della popolazione civile drusa, con alcuni giovani che per la prima volta in vita loro hanno imbracciato le armi. Tra le vittime della tre giorni di combattimenti vi sono anche il sindaco della città siriana di Sahnaya e suo figlio, uccisi a sangue freddo nella loro casa.

A seguito di intensi contatti a Beirut con Arabia Saudita, Turchia e Qatar, ieri sera si è raggiunto un accordo di massima tra l’amministrazione siriana e i notabili drusi di Soueïda e Jaramana. Il patto è stato annunciato dal Partito socialista progressista (Psp) del leader druso Walid Jumblatt, che si gioca la carta dell’unità siriana ed è consapevole che i rapporti di forza sul terreno sono comunque sfavorevoli alle milizie druse. Esso ritiene inoltre che un conflitto porterà sicuramente a un esodo della popolazione, che farà il gioco di Israele.

Secondo i termini dell’accordo stesso, in cambio del dispiegamento di ulteriori unità del ministero siriano della Difesa in aree sensibili, i gruppi drusi dovranno consegnare allo Stato le loro armi pesanti. In aggiunta, dovrebbe essere prevista anche la ripresa di una presenza attiva del nuovo governo nel governatorato di Soueïda con la collaborazione dei rappresentanti drusi locali e il ripristino della sicurezza sulla strada strategica che collega Soueïda a Damasco.

Tuttavia, questo tentativo di risolvere la crisi per via diplomatica non è bastato a far tacere le armi e ha preceduto di poche ore un “bombardamento di avvertimento” sferrato dall’esercito israeliano nella mattinata di oggi, che ha lambito l’area attorno al palazzo presidenziale di Ahmed al-Sharaa. Inoltre, un drone dello Stato ebraico aveva già effettuato un attacco di avvertimento vicino a Damasco il 30 aprile scorso, peraltro senza causare vittime. “Non permetteremo alle forze (siriane) di essere inviate a sud di Damasco, né di minacciare in alcun modo la comunità drusa”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu. Nel frattempo i drusi israeliani hanno formato un corpo di volontari per intervenire, se necessario, sulle alture del Golan e a Soueida.

Reazioni in Siria e Libano

Il ritorno alla calma è stato preceduto dalla pubblicazione, durante la giornata di ieri, di una virulenta dichiarazione del leader religioso della comunità drusa in Siria, Sheikh Hikmat al-Hajari, in cui denunciava una “campagna genocida ingiustificata”. Una offensiva, aggiunge, che prenderebbe di mira “i civili nelle loro case” e che, per questo, richiede “l’intervento immediato delle forze internazionali”.

Accusando le autorità siriane di doppiezza, Sheikh el-Hajri ha aggiunto: “Non ci fidiamo più di un’entità che pretende di essere un governo [...] Un governo non uccide il suo popolo - prosegue il leader religioso - ricorrendo alle proprie milizie estremiste e poi, dopo i massacri, afferma che si tratta di elementi incontrollati”.

Questo argomento è stato sollevato anche durante i massacri di alawiti a Homs e sulla costa siriana del marzo scorso. Gli osservatori sottolineano che l’esercito siriano è ancora ben lontano dall’essere unificato. “I miliziani venuti dalla Cecenia, dalla Turchia, dall’Albania o dall’Europa non sono venuti a costruire un Paese democratico e libero, ma uno Stato islamico in cui ogni versione dell’islam percepita come deviante viene respinta” osserva Hans-Jakob Schindler, direttore del Counter-Extremism Project, citato da Stephanie Khoury per L’Orient-Le Jour.

A Beirut, intanto, il leader druso Walid Joumblatt ha intensificato gli sforzi diplomatici su tutti i fronti (Turchia, Arabia Saudita, Qatar) per contenere l’escalation. Egli ha accusato Israele di “voler attuare il suo piano di lunga data [...] di dividere la regione in entità settarie”, una prospettiva che non risulta affatto sgradita a diversi ministri di governo dello Stato ebraico. Joumblatt ha anche chiesto alla folla inferocita che aveva interrotto la strada per Damasco di riaprire questa arteria e permettere la circolazione, perché essa è vitale per l’economia nazionale.

Tuttavia, il compito del leader druso è ostacolato dal leader spirituale dei drusi in Israele: lo sceicco Mouaffak Tarif è infatti un filo-israeliano convinto, che sostiene lo sconfinamento territoriale dell’esercito con la stella di David a spese della Siria e l’occupazione delle alture del Golan, strategiche non solo dal punto di vista militare, ma anche per le loro risorse idriche. Attaccato alle radici arabe della sua comunità, Joumblatt sottolinea con preoccupazione l’approvazione da parte del governo Netanyahu di una legge che rende Israele “lo Stato-nazione del popolo ebraico” e teme che, in futuro, lo Stato ebraico si rivolti contro i suoi correligionari.

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