08/01/2022, 09.00
CINA-TAIWAN
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Due mondi contro: Pechino imprigiona fedeli cristiani. Taipei apre centri religiosi

Formalizzato nello Shanxi l’arresto del pastore protestante An Yankui e di un suo collaboratore. I due sono in cella da più di un mese per un viaggio in Malaysia. Le autorità impediscono alle loro mogli e agli avvocati di visitarli. Intanto Taiwan inaugura un ritrovo culturale ebraico.

Pechino (AsiaNews) – La procura del popolo di Fenyang (Shanxi) ha formalizzato l’arresto di An Yankui (v. foto), ministro della Chiesa riformata di Sion. L’accusa è di aver “attraversato illegalmente” il confine. Secondo ChinaAid, il fermo ufficiale ha il timbro del 28 dicembre, più di un mese dopo l’incarcerazione del pastore protestante, avvenuta il 21 novembre.

La comunicazione ufficiale è arrivata alla moglie di An nei giorni scorsi. Egli si trova ora nella prigione di Xiaoyi. Nello stesso centro detentivo, e per le stesse accuse, è detenuto anche un suo collaboratore, Zhang Chenghao. Per problemi legati al Covid-19 e questioni di sicurezza nazionale, la polizia penitenziaria ha finora impedito alle mogli e ai legali dei due cristiani di far visita loro in carcere.

Secondo le autorità, il ministro protestante e il suo aiutante hanno violato la legge uscendo dalla Cina per assistere in Malaysia a una conferenza religiosa. I familiari specificano però che i due hanno viaggiato con un regolare passaporto e il visto necessario. Per lo stesso “reato”, il giorno dell’arresto di An e Zhang Chenghao le autorità giudiziarie hanno aperto il processo nei confronti di altre sei persone legate alla Chiesa riformata di Sion.

Fonti protestanti affermano che il numero dei fedeli in Cina si aggira sui 100 milioni; altre più sobrie si fermano a 60 milioni. In ogni caso, la cifra è molto superiore a quella degli organi ufficiali, che la fissa a 30 milioni.

La stretta del regime cinese sulla libertà di culto si fa sempre più forte. Lo scorso mese, l’Amministrazione statale degli affari religiosi ha pubblicato le nuove misure che regolano l’attività religiosa su internet: nei fatti un divieto a messe, sermoni, formazione e tutti i servizi d’informazione religiosa senza il via libera preventivo del governo.

Nel febbraio 2020 l’Amministrazione statale per gli affari religiosi aveva reso pubbliche le “Misure amministrative per il personale religioso”, un documento sulla gestione di clero, monaci, sacerdoti, vescovi, ecc. Due anni prima il Partito comunista cinese aveva adottato invece i “Nuovi regolamenti sulle attività religiose”, secondo cui il personale religioso può svolgere le sue funzioni solo se aderisce agli organismi “ufficiali” e si sottomette al Partito.

E mentre in Cina mettono sotto sequestro le comunità religiose, a Taiwan aprono invece centri ebraici. Dal 29 dicembre i fedeli ebrei di Taipei hanno il loro ritrovo culturale: uno strumento per favorire gli scambi tra la popolazione taiwanese e il mondo ebraico. Anche sul piano dell’apertura religiosa, l’isola si distingue dalla repressiva Cina comunista per il suo valore democratico. Pechino considera Taiwan una provincia "ribelle" e non esclude di riconquistarla con la forza.

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