21/10/2025, 14.04
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Energia, economia e diplomazia: Erhürman e il futuro di Cipro Nord, fra Ankara e Bruxelles

di Dario Salvi

Il neo presidente ha ottenuto oltre il 62% delle preferenze, battendo il leader uscente Ersin Tatar sostenuto da Erdogan. L’estrema destra turca chiede di invalidare il voto e preme per la riunificazione, più cauto il capo dello Stato che mostra un tono conciliatorio. Il nodo del futuro dell’isola e dei legami con l’Europa e il Medio oriente. Il presidente turco tre giorni nel Golfo. 

Milano (AsiaNews) - Collaborazione con Ankara, pur in un quadro di evidente rottura rispetto alle politiche del passato improntate ad un marcato allineamento con il protettore turco. Le elezioni presidenziali a Cipro del Nord del fine settimana scorso hanno segnato la vittoria del candidato moderato Tufan Erhürman che ha sconfitto il leader uscente - e legato a doppio filo a Recep Tayyip Erdogan, che in campagna elettorale si era speso per lui - Ersin Tatar. Un successo netto anche nei numeri e che riavvicina la Repubblica Turca di Cipro del Nord all’Europa pur senza rompere col padrino turco, anche se il futuro resta incerto per le molte questioni irrisolte: secondo i dati (ufficiosi) del Cypriot High Electoral Council, il candidato di centro-sinistra ed europeista, leader del Partito Repubblicano Turco (Ctp), ha ottenuto 62,76% delle preferenze, con un’affluenza del 64,87% sul totale degli aventi diritto e oltre 218mila voti validi.

Le reazioni ad Ankara

Appena eletto il neo-leader - che ha ricevuto gli omaggi del presidente della Repubblica di Cipro Nikos Christodoulides, che vuole incontrarlo “il prima possibile” - ha sottolineato come il rapporto con Ankara sia “vitale” e in politica estera nessuna decisione verrà presa senza il suo benestare. Le sue parole non sono però bastate a placare l’ira dell’estrema destra turca, che invita a disconoscere il risultato delle urne e a procedere spediti verso l’unificazione. Fra le voci più estreme e radicali vi è quella di Devlet Bahçeli, capo del Nationalist Movement Party (Mhp) e stretto alleato di Erdogan, il quale ha affermato che le elezioni sono state caratterizzate da “un’affluenza molto bassa” e l’esito “non può essere accettato”. In una nota pubblicata sul sito web ufficiale del partito, il leader nazionalista ha invitato il Parlamento a “riunirsi immediatamente, dichiarare il rifiuto di un ritorno alla federazione sull’isola divisa e prendere la decisione di aderire alla Repubblica di Turchia”. 

Al contrario, i primi commenti del presidente turco sono improntati alla cautela. All’indomani del voto, Erdogan si è congratulato con Erhürman augurandosi che i risultati “siano a beneficio delle nostre nazioni e della regione”. Un tono conciliatorio, a dispetto del sostegno manifestato per tutta la campagna elettorale dal capo dello Stato turco a Tatar che, nei mesi scorsi, aveva ricevuto la visita di diversi politici; fra questi vi sono gli ex ministri Süleyman Soylu e Hulusi Akar, la cui presenza ha rilanciato il dibattito sempre aperto sull’influenza di Ankara nella politica turco-cipriota. La vittoria ha attirato anche reazioni da parte dell’opposizione turca: il leader del Partito popolare repubblicano (Chp) Özgür Özel si è congratulato col “partito fratello”, il Ctp, e ha esaltato la scelta del popolo turco-cipriota che ha “riaffermato la sua democrazia e inviato un messaggio a coloro che sono intervenuti nelle elezioni per servire i propri interessi”. Özel ha poi criticato quella che ha definito la “campagna di propaganda” di Ankara a favore di Tatar, dicendo che i rappresentanti e politici turchi dovrebbero rispettare la volontà dei turco-ciprioti.

Il futuro dell’isola

Di certo vi è che la sua elezione dovrebbe frenare le aspirazioni di quanti, nel nord, auspicano un pieno allineamento - o annessione - con Ankara riportando, al contrario, la sguardo verso l’Europa e una possibile riunificazione dell’isola. L’avvocato 55enne sostiene infatti i negoziati sotto l’egida delle Nazioni Unite, a differenza del rivale - e uscente - Ersin Tatar che voleva la divisione permanente, cercando di convincere quanti più governi a riconoscere Cipro Nord, saldando l’asse con la Turchia. Pur partendo da posizioni più moderate, fra cui la proposta di federazione con due regioni dotate di grande autonomia, il neo-presidente non rinnega il legame con Ankara: fra i primi commenti post-voto, infatti, lo stesso Erhürman ha assicurato di voler portare avanti l’incarico - in particolare in politica estera - in “consultazione” con la Turchia. Egli ha quindi aggiunto che la sua prima visita come leader del Nord - dove, secondo le stime, vivono poco meno di 600mila persone in maggioranza turco-ciprioti - sarebbe stata proprio ad Ankara per incontrare Erdogan.

Secondo analisti ed esperti l’obiettivo per il futuro prossimo non sarà quello di invertire in maniera radicale i rapporti, ma di calibrarli in modo nuovo e all’insegna di una maggiore autonomia negoziale con Ankara. E di provare a reinserire la realtà turco-cipriota nei circuiti internazionali dai quali risulta da troppo tempo esclusa. Ciononostante, Erhürman dovrà muoversi con cautela, evitando di alienarsi il sostegno turco e, al tempo stesso, convincendo Bruxelles e Nicosia che la sua leadership può garantire stabilità. “Il futuro - ha dichiarato il neo-presidente nelle ore successive la vittoria - non può essere costruito contro nessuno, ma con tutti”.

La partita su Nord Cipro (e sull’isola in generale) non ha solo un carattere squisitamente politico e diplomatico, perché sul tavolo vi sono anche fattori altrettanto importanti come quello economico e, soprattutto, energetico col controllo del gas nell’est Mediterraneo. Nei giorni scorsi il ministro dell’Energia di Nicosia George Papanastasiou ha detto che Cipro diventerà “presto” un produttore di gas naturale; al riguardo, sono allo studio “diverse opzioni” incluso l’utilizzo di “infrastrutture” già esistenti in Egitto “per liquefare il gas naturale trovato sotto il fondo del mare al largo della costa”. I piani di sviluppo di idrocarburi più promettenti nell’area riguarderebbero proprio le acque profonde al largo della costa meridionale, nella parte legata all’Unione europea di cui è Stato membro. Conquistata l’indipendenza dall’impero britannico nel 1960, l’isola viene divisa nel 1974 in nord e sud con i due terzi inferiori sotto il controllo della Repubblica di Cipro riconosciuta a livello internazionale e il terzo a nord, come Repubblica turca di Cipro del Nord (Trnc). Una entità separatista di fatto riconosciuta solo dalla Turchia che ne cura interessi ed economia. L’alleanza a tre fra Grecia, Cipro e Israele - rafforzata in questi anni di guerra a Gaza - è parte di un progetto più ampio che intende collegare il Mediterraneo all’Oceano Indiano, arginando la crescente influenza della Cina. Una partnership che, per il fronte turco, rappresenta una minaccia strategica diretta alle ambizioni regionali e persino alla sicurezza nazionale. 

Erdogan nel Golfo

Archiviato il voto a Nord Cipro, il leader di Ankara continua a guardare con attenzione - e preoccupazione - ai numerosi fronti aperti nella regione, con particolare riguardo alla fragile tregua in atto a Gaza fra Israele e Hamas più volte a rischio di crollare. In questo senso si inquadra la visita in Kuwait, Qatar e Oman in programma da oggi fino al 23 ottobre. Secondo il capo delle comunicazioni presidenziali Burhanettin Duran il viaggio - dietro “invito” dei tre leader del Golfo - si concentra sul rafforzamento della “cooperazione politica, economica e di difesa”, nonché “sull’allineamento delle posizioni” su questioni regionali e internazionali chiave. Secondo quanto spiega lo stesso Duran in una nota su X, nell’occasione Erdogan dovrebbe firmare accordi bilaterali “volti ad espandere il commercio, gli investimenti e le partnership energetiche” e consolidare i legami con gli Stati del Golfo. 

L’ultima volta che il leader turco ha visitato l’area era il luglio 2023. Tuttavia, da allora molti elementi si sono modificati e pesanti stravolgimenti hanno attraversato la regione mediorientale, partendo dall’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre [2023] che ha scatenato la guerra a Gaza col suo carico di morti e devastazioni. La prima tappa è il Kuwait, dove Erdogan incontra l’emiro Sheikh Meshal Al Ahmad Al Jaber Al Sabah e parlerà di relazioni [commerciali] fra Paesi, della situazione umanitaria nella Striscia e di coordinamento degli aiuti, oltre al sostegno per il processo di pace. La tre giorni prosegue con il trasferimento in Qatar e, anche in questo caso, è previsto un vertice con il locale emiro Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani a Doha. In questo caso la gran parte della discussione è concentrata su Gaza (e la situazione umanitaria), con il Qatar attore chiave - grazie agli stretti legami con i vertici di Hamas - nella trattativa con Israele (e Stati Uniti) nel raggiungimento della tregua. L’Oman è l’ultima tappa e le discussioni fra il leader turco e il sultano Haitham bin Tariq bin Taimur Al Said verteranno principalmente sull’elemento economico e la cooperazione fra le due parti, pur senza trascurare gli sviluppi regionali. 

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