24/05/2024, 11.08
IRAQ - IRAN
Invia ad un amico

Esperto iracheno: morte Raisi non cambia equilibri a Baghdad, in mano a Khamenei

di Dario Salvi

Per Adel Bakawan scomparsa del presidente iraniano (sepolto ieri nella città natale di Mashhad) e del ministro degli Esteri non avrà un “impatto significativo” nelle relazioni. I rapporti gestiti dai Pasdaran seguendo i “dettami” della guida suprema. Resta profonda l’influenza iraniana nella élite irachena e “nulla sembra realizzabile o governabile senza il consenso di Teheran”

Milano (AsiaNews) - “È altamente improbabile” che la morte del presidente iraniano e del ministro degli Esteri nello schianto dell’elicottero il 19 maggio scorso “possano avere un impatto significativo nelle relazioni fra Iran e Iraq”. È quanto sottolinea in una intervista ad AsiaNews Adel Bakawan, direttore del French Research Centre on Iraq (Cfri), profondi conoscitore di questioni mediorientale e, in particolare, di Iraq, Kurdistan, e tematiche legate al jihad e terrorismo. Ciò è dovuto al fatto che “questi rapporti […] non sono gestiti dal presidente o dal governo” ma, aggiunge, dai Pasdaran che “seguono i dettami della guida suprema” Ali Khamenei”. Nato in Iraq nel 1971, il professore e sociologo franco-iracheno è anche membro dell’Institut de Recherche et d’Etudes Méditerranée Moyen-Orient - Iremmo, ricercatore associato presso il Centro arabo per la ricerca e gli studi politici (Carep) e docente presso l’università di Evry. “Resta il fatto - osserva - che tra le élite irachena l’influenza iraniana è tuttora pervasiva e intensa. Al punto che nulla sembra realizzabile o governabile senza il consenso di Teheran su questioni chiave”.

Intanto si è svolta a Mashhad, la sua città natale, la cerimonia di sepoltura del presidente iraniano a quattro giorni di distanza dall’incidente. Il 63enne esponente della fazione radicale, con un passato su cui gravano condanne a morte e il frequente ricorso alla pena capitale, possibile successore alla carica di guida suprema, è stato tumulato nel sacro santuario dell’imam Reza, figura venerata nell’islam sciita. Fra le sette persone decedute vi è anche il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian, 60 anni, che sepolto ieri al santuario Shah Abdol-Azim a Rey, un sobborgo meridionale della capitale Teheran. Presente il presidente ad interim Mohammad Mokhber, che manterrà la carica fino al voto del 28 giugno. La retorica dei media di Stato non ha esitato a definire “storica” la sepoltura del presidente con “milioni di persone” ad assistervi. In realtà nel Paese si sono verificate anche scene di festa e celebrazioni per la scomparsa di uno dei “simboli” della repressione in atto e inasprita all’indomani della morte di Mahsa Amini. Una caccia all’oppositore che ha varcato anche i confini della Repubblica islamica, per estendersi anche in territorio iracheno come accaduto nei mesi scorsi.
Di seguito, l’intervista completa di Adel Bakawan:
 

Come ha reagito l’Iraq alla morte del presidente (e del ministro degli Esteri) iraniano?
La reazione registrate si posizionano su due diversi livelli: lo Stato e la società. Per quanto riguarda il primo il governo iracheno, che mantiene rapporti stretti con l’Iran, ha mostrato una risposta cordiale e carica di compassione. Una reazione che ha unito vari gruppi politici ed etnici, comprese le fazioni sunnite, sciite e curde, tutti con forti legami con il governo iraniano. Prova ne è che il presidente iracheno e una delegazione, insieme al primo ministro del governo regionale del Kurdistan, si sono recati a Teheran per offrire le loro condoglianze. Diverso il discorso a livello di società, di cittadini, la cui risposta è stata ben diversa. Vi era un senso diffuso di soddisfazione in una parte della popolazione che guardava a Raisi come un oppressore. Pertanto possiamo parlare di divisione, di frattura evidente nella reazione alla morte fra le alte cariche dello Stato e la società.

Teheran influenza a vario titolo politica e società irachene: quali conseguenze potrebbero derivare da questo incidente? E qual è la versione più accreditata?
È altamente improbabile che la morte [del presidente e del ministro degli Esteri] possano avere un impatto significativo nelle relazioni fra Iran e Iraq. Questi rapporti in primo luogo non sono gestiti dal presidente iraniano o dal governo, ma sono governati dai Guardiani della rivoluzione (Pasdaran), i quali seguono i dettami della guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. In merito allo schianto dell’elicottero, sono almeno quattro le versioni accreditate e ritenute credibili nell’opinione pubblica del Paese: problemi tecnici del mezzo; avverse condizioni meteo; l’attacco di una nazione straniera; una congiura interna orchestrata dagli avversari di Raisi. Tuttavia, resta il fatto che sinora la Repubblica islamica dell’Iran non ha fatto propria nessuna di queste tesi - almeno in via ufficiale - e le indagini sull’incidente stanno andando avanti. 

Quanto è successo potrebbe essere un ulteriore fattore di instabilità per l’Iraq e per il Medio oriente in generale?
No, non lo ritengo plausibile! La scomparsa del presidente Raisi non impatterà in alcun modo nella gestione delle dinamiche di potere e nei rapporti di forza in Iraq o, allargando il campo, alla regione mediorientale. Perché non è il governo iraniano che gestisce tali questioni, ma il leader supremo che supervisiona e decide l’agenda mediorientale compreso il conflitto fra Hamas, i gruppi miliziani in Iraq, Libano e Yemen, la guerra civile in Siria e, in generale, le relazioni nel mondo arabo.

A che livello sono, oggi, le relazioni fra Teheran e Baghdad?
L’Iraq riveste una importanza significativa nel mondo islamico ed è cruciale per la sicurezza nazionale dell’Iran. Di conseguenza, Teheran può valutare e negoziare la sua presenza in altri Paesi mediorientali ad eccezione proprio dell’Iraq, e questo per ragioni legate alla sicurezza, all’economia, alla cultura, alla geopolitica e alla religione stessa. La Repubblica islamica mantiene forti relazioni con tutti e tre i principali segmenti della società irachena: gli sciiti, i curdi e i sunniti, tuttavia se uno di questi gruppi tenta di staccarsi dall'influenza iraniana, va incontro a gravi ripercussioni come è avvenuto nel recente passato nel caso dei curdi iracheni.

A breve era in programma proprio una visita di Raisi in Iraq, prima da presidente. Quali erano i temi al centro dell’incontro e che valore aveva questa visita?
L’incontro era atteso con interesse da diversi mesi. I principali argomenti di discussione tra il presidente Ebrahim Raisi e gli iracheni erano certamente l’economia, la sicurezza (ivi compresa la presenza di esponenti e gruppi dell’opposizione iraniana in territorio iracheno) e le relazioni diplomatiche fra i due Paesi. Ora dobbiamo aspettare l’elezione del prossimo presidente della Repubblica, ma soprattutto un contesto favorevole sia in Iraq che in Iran per una visita di alto livello come quella in oggetto. 

Teheran è il riferimento dell’islam sciita. L’influenza iraniana, oggi, è maggiore dal punto di vista politico o religioso?
Da un punto di vista sociale, gli iracheni provano un forte risentimento nei confronti dell’influenza iraniana in Iraq. Questo sentimento si riflette nello slogan iniziale del movimento di protesta: “L’Iran dorme ma l’Iraq deve rimanere libero”. Resta il fatto che tra le élite irachena l’influenza iraniana è tuttora pervasiva e intensa. Al punto che nulla sembra realizzabile o governabile senza il consenso di Teheran su questioni chiave.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
La morte di Raisi e le ‘ripercussioni’ sul fragile ‘scenario libanese’
22/05/2024 12:20
Mosca e la morte di Raisi
23/05/2024 09:00
Teheran membro ‘a pieno titolo’ Sco al summit di settembre a Samarcanda
12/07/2022 11:00
Teheran esalta l’ingresso nella Sco, il blocco guidato da Cina e Russia
20/09/2021 12:23
Nobel per la pace a Narges Mohammadi, voce dal carcere pro diritti e libertà
06/10/2023 12:53


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”