11/04/2011, 00.00
PAKISTAN
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Faisalabad: il “blasfemo” Arif Masih è al sicuro. Per il 90% dei musulmani è innocente

Il 40enne cristiano è nelle mani della polizia e in una località segreta. Egli è indagato, ma il suo nome non compare nell’inchiesta aperta a carico di ignoti. Coordinatore di Giustizia e Pace: vittima di una vendetta personale, anche la comunità islamica è con lui. Ad accusarlo un musulmano che, di recente, ha perso una causa in tribunale.
Faisalabad (AsiaNews) – Arif Masih, 40enne cristiano arrestato nei giorni scorsi per un presunto caso di blasfemia, è “sotto custodia della polizia, in una località ignota” ed è “al momento in mani sicure”. È quanto afferma ad AsiaNews Shahid Anwar, coordinatore della sezione di Faisalabad della Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana, che segue da vicino la vicenda assieme al direttore diocesano p. Nisar Barkat. Egli aggiunge inoltre che “il 90% della comunità musulmana” ritiene che il cristiano “non è il vero colpevole”, ma è vittima di una vendetta personale per una questione legata ai terreni.
 
Il 5 aprile scorso Arif Masih, 40enne cristiano originario del villaggio di Chak Jhumra, nella diocesi di Faisalabad, è stato fermato dalla polizia con l’accusa di blasfemia. Egli avrebbe strappato alcune pagine del Corano e scritto lettere di minacce a un gruppo di musulmani, intimando loro di convertirsi al cristianesimo. Il caso è registrato presso l’ufficio di polizia di Sahiyanwala, dietro denuncia di un musulmano locale. Ad aprire il fascicolo d’inchiesta FIR # 133/2011 – in base alla norma 295 C del Codice penale pakistano – l’esposto presentato da Shahid Yousaf, un vicino di casa che in passato avrebbe avuto contenziosi di natura legale con il cristiano arrestato. Tuttavia le indagini sono “a carico di ignoti” e il nome di Arif Masif non compare in via ufficiale in qualità di imputato. Ejaz Masih ha sottolineato che il fratello è “vittima di una trappola” ordita da Shahid e da due suoi fratelli (Zahid e Rashid Yousaf), che hanno esercitato pressioni sulle forze dell’ordine.
 
Interpellato da AsiaNews Shahid Anwar, coordinatore di Ncjp a Faisalabad, manifesta un cauto ottimismo perché “vi è una denuncia generica” in base all’art. 295 C del Codice penale pakistano – le leggi sulla blasfemia – ma “il nome dell’uomo non è indicato come colui che ha davvero commesso il reato”. “Sappiamo che Arif è in mani sicure ed è totalmente innocente – precisa l’attivista cristiano – ma vogliamo capire cosa sia realmente successo”. Il 40enne cristiano si trova “sotto la custodia della polizia, in una località ignota”.
 
La sezione locale di Ncjp “è vicina ad Arif e alla sua famiglia” e attende di capire “gli esiti delle indagini prima di fornire eventuale assistenza legale”. “Siamo certi – aggiunge Shahid Anwar – che non ha profanato il Corano, né inviato lettere di minaccia. Il suo nome non compare nel caso di blasfemia, ma c’è una denuncia generica e lui non è indicato come imputato. Si parla di un sospetto, il fermo è disposto in attesa di uno sviluppo delle indagini, ma il suo nome non compare nel capo d’accusa che è a carico di ignoti”. L’attivista sottolinea infine che “il 90% dei musulmani della zona pensano sia innocente”, vittima di una controversia scatenata per il possesso di alcuni terreni. “La controparte musulmana ha perso la causa – conclude – e ora cerca una forma di vendetta”.
 
Di recente la famiglia di Arif ha vinto una controversia giuridica, relativa alla proprietà di un terreno. L’accusatore sarebbe un membro della famiglia musulmana che ha perso la causa, il quale avrebbe voluto vendicarsi sfruttando gli abusi commessi in nome della legge sulla blasfemia. La norma, infatti, viene spesso usata come pretesto per dirimere controversie personali o dispute legali.  
 
Secondo dati della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. Essa costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.
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