07/07/2022, 13.20
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Fao, fame nel mondo: i passi indietro dell'Asia

L'ultimo rapporto dell'agenzia Onu evidenzia che nel 2021 non c'è stata la ripresa che si sperava. Il continente asiatico ospita metà della popolazione denutrita del mondo. Ha registrato anche il più alto aumento dei costi per un'alimentazione corretta.

Milano (AsiaNews) - La ripresa economica osservata nella maggior parte dei Paesi nel periodo post-pandemia non si è tradotta in un aumento della sicurezza alimentare; al contrario, gli effetti del Covid-19 sulla malnutrizione hanno continuato a farsi sentire per tutto il 2021, soprattutto nel continente asiatico, che stava facendo grossi passi avanti per ridurre la fame. Ad affermarlo è il rapporto sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo pubblicato ieri dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao). 

Il documento evidenzia che entro il 2030 saranno ancora denutrite 670 milioni di persone, l’8% della popolazione globale, la stessa percentuale del 2015 quando è stata lanciata l’Agenda 2030 dell'Onu per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, tra cui quello di “fame zero”. Se non ci fosse stata la pandemia, nel 2030 si conterebbero 78 milioni di persone denutrite in meno. 

L’anno scorso hanno sofferto la fame tra i 702 e gli 828 milioni di persone, di cui 425 milioni - più della metà - solo in Asia, e in particolare con oltre 330 milioni di persone malnutrite nella regione dell’Asia del Sud. Se da una parte in termini assoluti l’Asia appare il continente più colpito, è in Africa che la fame è più diffusa, con oltre il 20% della popolazione a essere denutrita. Rispetto al 2019 l’aumento maggiore - in termini percentuali e assoluti - si è verificato proprio nel continente africano dove la fame nel 2021 ha colpito 278 milioni di persone.

Su scala globale, l’insicurezza alimentare considerata grave è passata dal 9,3% all'11,7% in due anni, un aumento pari a 207 milioni di persone. In Asia l’insicurezza alimentare grave è cresciuta del 10,5%, un dato che corrisponde a 37,5 milioni di persone in più nel 2021. In termini assoluti è un incremento molto più elevato rispetto all'Africa. Allo stesso tempo, però, l’Asia è anche l’unico continente in cui il livello di insicurezza alimentare moderata tra il 2020 e il 2021 è rimasto stabile.

L’Asia tuttavia è emblematica per un altro problema destinato ad aggravarsi nel 2022: l’aumento dei costi dei prodotti alimentari. La qualità della dieta influenza il livello di nutrizione e sicurezza alimentare della popolazione; la denutrizione, le carenze di micronutrienti e l’obesità sono direttamente correlate alla quantità e alla qualità del cibo ingerito. 

L’inflazione seguita alla pandemia ha fatto aumentare i prezzi dei beni di prima necessità in tutto il mondo, ma già tra il 2019 e il 2020 l’Asia aveva registrato il maggiore incremento (pari al 4%) dei costi di una dieta bilanciata. In termini assoluti significa che nel mondo quasi 3,1 miliardi di persone non hanno potuto permettersi una corretta alimentazione nel 2020, con un aumento di 112 milioni di persone rispetto al 2019. 

In Asia l’incremento di persone che non hanno potuto permettersi una dieta equilibrata è stato invece di 78 milioni, seguita dall'Africa (con 25 milioni di persone in più) e, in misura minore, dall'America Latina e dai Caraibi, e poi dall'America del Nord e dall'Europa (rispettivamente otto e un milione di persone in più). 

In questo caso è l’Asia orientale la sottoregione in cui i prezzi sono schizzati alle stelle, con un aumento dei costi del 6% e un aumento delle persone che non hanno avuto accesso a una corretta alimentazione del 18,7%. Qui il costo di una dieta sana è arrivato nel 2020 a 4,72 dollari al giorno a persona, mentre nel mondo occidentale (Europa e Nord America) era di 3,19 dollari. Tuttavia l’Asia orientale è anche la regione meno colpita dall’insicurezza alimentare a tal punto da essere l’unica area del mondo ad aver eguagliato i livelli pre-pandemici.

A causa della guerra in Ucraina non è possibile fare previsioni precise sul futuro, però è probabile che la situazione continuerà ad aggravarsi: “gli effetti diretti e indiretti del conflitto nel 2022 avranno molteplici implicazioni sui mercati agricoli globali per quanto riguarda i canali del commercio, della produzione e dei prezzi”, si legge nel rapporto della Fao. “Tutto ciò getta un'ombra sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione per molti Paesi, in particolare quelli che già stanno affrontando situazioni di crisi alimentare”. In altre parole, le disuguaglianze createsi tra Paesi e all’interno degli stessi, anche a causa dell’attuale conflitto, difficilmente verranno presto annullate. 

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