19/04/2005, 00.00
FILIPPINE
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Filippine: tasse sulla vendita dei rosari

È la prima volta che un'attività della Chiesa nel paese viene tassata. Il  provvedimento segue le critiche dei cattolici contro la corruzione e le  malversazioni nel governo.

Manila (AsiaNews/Agenzie) – Il governo delle Filippine ha in programma di tassare la vendita di rosari e tutte le attività commerciali di carattere religioso. Il provvedimento ha sollevato reazioni differenti nel paese a maggioranza cattolico. Il senatore Joker Arroyo - del partito governativo Lakas - ha fatto notare che il provvedimento segue le crescenti critiche della Chiesa nei confronti del presidente delle Filippine, Gloria Macapagal-Arroyo. Il senatore ha ricordato che finora la Chiesa non è mai stata tassata su nessun tipo di attività.

Approvazione al piano del governo è stata espressa dalla Chiesa evangelica. Eddie Villanueva, leader del movimento evangelico "Gesù è Signore", molto seguito ad Hong Kong, si è dichiarato favorevole all'imposta.

La decisione delle tasse sui rosari segue una serie di provvedimenti simili tesi a frenare la crescita del debito pubblico, che ammonta a oltre 3 mila di miliardi di pesos. A giugno 2004 il governo aveva avanzato la proposta di tassare gli sms da telefoni cellulari. Contro tale decisione si era scagliato anche mons. Oscar Cruz, vescovo di Lingayen-Dagupan, che pubblicamente si chiedeva dove finissero tutti i soldi della tasse che il governo continua a imporre alla popolazione. Nelle Filippine le tasse continuano ad aumentare, soprattutto quelle sui beni di consumo, quali latte, zucchero, caffè. Anche le medicine e le cure mediche subiscono forti aumenti, come pure gas e elettricità. Intanto, denuncia lo stesso mons. Cruz, i salari ristagnano e i prezzi vanno alle stelle.

La Chiesa ha sempre criticato la corruzione presente nel governo e negli enti pubblici. Secondo un rapporto della Banca mondiale, il governo filippino ha perso circa 31,5 miliardi di dollari americani negli ultimi 25 anni a causa di corruzione e malgoverno. Non esistono però cifre esatte sull'ammontare del giro di affari collegato alle malversazioni politiche.

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