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Gli 80 anni dalla Seconda guerra mondiale in Asia: Pechino prepara la parata, Okinawa chiede pace

Il 3 settembre la Cina metterà in scena una dimostrazione di forza in occasione dell'anniversario della vittoria sul Giappone. Un evento dal forte valore simbolico, ma anche politico, che guarda alla rivalità strategica con Washington e gli altri Paesi dell'Asia Pacifico. Dalla città giapponese di Okinawa, che nei giorni scorsi ha commemorato la battaglia in cui persero la vita circa 200mila persone, è invece arrivato un messaggio opposto, quello di raccontare il passato per costruire la pace, anziché i conflitti di domani.

Pechino (AsiaNews) - La Cina usa i conflitti di ieri per proiettarsi su quelli di domani. Mentre il mondo segue il protrarsi del conflitto in Medio Oriente, Pechino ha annunciato che organizzerà una parata militare per celebrare la fine della Seconda guerra mondiale. L’evento avrà luogo a piazza Tiananmen il 3 settembre, una data che segna l’80° anniversario della vittoria dell’Esercito popolare di liberazione sull’invasione giapponese e sul fascismo, ha spiegato Hu Heping, sottosegretario del ministero della propaganda del Partito comunista cinese (PCC).

Per Pechino si tratta della “prima vittoria completa” contro un invasore straniero della storia moderna, per cui viene vista come il punto di partenza per superare le umiliazioni del passato e rafforzare l’identità e l’unità nazionale. Pechino negli ultimi anni ha anche cambiato narrazione sulla Seconda guerra mondiale, spostando il punto di inizio del conflitto all'incidente di Mukden del 1931 invece che alla battaglia del 1937 sul Ponte Marco Polo, aggiungendo sei anni di guerra contro i giapponesi.

La celebrazione si concentrerà sul risvolto storico della guerra sino-giapponese, ma mostrerà anche la volontà della Cina di “difendere con risolutezza” l’ordine mondiale nato nel secondo dopoguerra, ha affermato Wu Zeke, funzionario dell’ufficio della per la guerra presso il dipartimento di stato maggiore. Come ogni parata militare, verranno mostrate le capacità di combattimento dell’esercito e gli ultimi aggiornamenti tecnologici destinati alla “deterrenza strategica”, ha aggiunto Wu. “Oltre a una nuova generazione di armi ed equipaggiamenti tradizionali, alla parata prenderanno parte anche nuove forze da combattimento, tra cui sistemi di intelligence senza equipaggio, sistemi per il combattimento subacqueo, e sistemi cibernetici e ipersonici”, in accordo con la struttura dell’Esercito popolare di liberazione, che è stato oggetto di una serie di riforme organizzative a partire dal 2015, ha proseguito il funzionario cinese. 

Non è ancora chiaro quali capi di Stato vi prenderanno parte: probabilmente il presidente russo Vladimir Putin, che ha programmato una visita in Cina per quei giorni, e il presidente bielorusso Alexander Lukashenko. A maggio il presidente cinese Xi Jinping aveva preso parte alla parata della vittoria della Russia, che si tiene ogni anno in memoria della sconfitta della Germania nazista.

Quella cinese sembra preannunciarsi come una dimostrazione di forza diretta ai vicini più prossimi (Taiwan, il Giappone, la Corea del Sud, l’India e i Paesi del sud-est asiatico che subiscono le ingerenze di Pechino nel Mar cinese meridionale) ma forse, anche una risposta agli Stati Uniti, che il 14 giugno hanno tenuto la loro parata militare per il 250° anniversario della creazione dell’esercito americano, una data che ha coinciso con il compleanno del presidente statunitense Donald Trump e che è stata criticata per essere stato uno spettacolo simile a quelli che si vedono in Paesi autoritari, come appunto Russia e Cina.

Anche le analisi degli esperti militari cinesi si sono concentrate sugli aspetti culturali dell’evento anziché su quelli tecnologici, sottolineando la presenza di diverse grandi aziende come sponsor e il generale lassismo dell’esercito americano. Tradizionalmente, la Cina ritiene che siano l’unità politica e ideologica a garantire la sopravvivenza nazionale, un rigore che si manifesta con la serietà marziale dell’Esercito popolare. Da quando è salito al potere Xi Jinping, inoltre, nel 2012, la parate militari e navali sono aumentate, in linea con l’obiettivo di creare un esercito di primo livello entro il 2049. 

Del tutto opposto il messaggio arrivato dal Giappone in occasione di questo 80° anniversario. Il 23 giugno, proprio nel giorno in cui Pechino ha annunciato l’organizzazione della parata, a Okinawa si celebrava la fine di una delle battaglie più drammatiche della seconda guerra mondiale. Durante la commemorazione, il governatore Denny Tamaki ha sottolineato che la “missione” della città è di continuare a raccontare la sua tragica storia “per preservare e trasmettere la realtà e gli insegnamenti alle generazioni future”.

Dopo lo sbarco delle truppe statunitensi in Giappone, a Okinawa persero la vita circa 12.000 americani e più di 188.000 giapponesi, metà dei quali civili costretti al suicidio da parte dell’esercito nipponico per evitare di arrendersi al nemico. Tuttavia, anche dopo la sconfitta del Giappone, sancita con il bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, la città rimase sotto occupazione statunitense fino al 1972, e ancora oggi ospita un grosso contingente americano. Per la popolazione si tratta di una ferita non ancora rimarginata, o "un peso sproporzionato", come l'ha definito Tamaki: per costruire la basi sono state sequestrate proprietà private mentre l’economia locale è stata riconvertita per soddisfare le esigenze dei 50mila soldati statunitensi di stanza nella base.

A Okinawa rimangono inoltre circa 2mila bombe inesplose dal periodo bellico e i resti dei caduti durante la battaglia non sono ancora stati del tutto recuperati. Tamaki ha ribadito che la battaglia e le sue lezioni “sono state preservate dai racconti dei sopravvissuti alla guerra” e costituiscono le “radici del popolo di Okinawa e il nostro duraturo desiderio di pace”.

Anche i vescovi giapponesi, consapevoli dell’impatto ancora oggi tangibile della seconda guerra mondiale sui residenti locali, nei giorni scorsi avevano lanciato un appello concreto alla pace, chiedendo che si fermi la corsa agli armamenti nucleari a cui diverse potenze mondiali stanno tornando, come sottolinea l’ultimo rapporto pubblicato dal SIPRI. E la Chiesa cattolica giapponese ha vissuto con particolare impegno la marcia per la pace che da 39 anni la diocesi di Naha il 23 giugno organizza proprio in memoria delle vittime della battaglia di Okinawa. All'evento erano presenti 200 persone tra cui una rappresentanza dei vescovi di tutto il Paese: al termine di un percorso a piedi lungo 15 chilometri il cardinale arcivescovo di Tokyo Tarcisio Isao Kikuchi ha presieduto una celebrazione eucaristica nel luogo del memoriale dei morti di quella tragica battaglia. 

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