19/05/2011, 00.00
SIRIA
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Gli Stati Uniti impongono sanzioni contro Assad e il suo governo

Assad non è ritenuto capace di gestire la situazione, che diventa ogni giorno più esplosiva. Testimoni raccontano scontri diffusi tra esercito e popolazione, con scene da guerra civile, e parlano di oltre 850 morti e migliaia di arresti.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) – Gli Stati Uniti hanno deciso ieri sanzioni contro il presidente siriano Bashar al-Assad, per la dura repressione, con decine di morti e di arresti, con cui Damasco sta fronteggiando le proteste della popolazione. Per il Dipartimento di Stato Usa egli deve portare il Paese a un cambiamento, o dimettersi.

E’ la prima volta che la comunità internazionale chiama in causa Assad in modo diretto e lo ritiene responsabile per le violazioni dei diritti umani contro chi da marzo protesta in piazza, chiedendo riforme democratiche. Il 30 aprile il presidente Usa Barack Obama aveva stabilito sanzioni contro suo fratello Maher al-Assad, suo cugino e il capo della intelligence.

Le sanzioni firmate ieri da Obama, contro Assad e 6 suoi alti collaboratori (tra cui il vicepresidente Farouk al-Sharaa, il premier Adel Safar, i ministri dell’Interno Mohammed al-Shaar e della Difesa Ali Habib), non avranno effetti specifici, dato che il presidente siriano non ha beni o intereressi negli Usa, ma hanno grande importanza simbolica, perché è raro che Washington adotti simili provvedimenti, ad esempio applicati al leader libico Muammar Gaddafi, ma non di persona al leader coreano Kim Jong-il.

Washington non ha fatto richieste dirette di dimissioni, ma fonti del dipartimento di Stato Usa dicono che Assad deve “guidare il Paese a una transizione politica o dimettersi”, significando la totale insoddisfazione su come egli e il suo governo hanno finora gestito la crisi.

In precedenza Assad aveva più volte assicurato che la Siria stava superando la crisi e pare che per il 13 maggio avesse dato ordine alle forze armate di “non fare uso delle armi” per le prevedibili proteste dopo la funzione del venerdì, giorno sacro islamico. Invece ci sono stati almeno 4 morti e numerosi feriti. Migliaia di siriani sono fuggiti nel Libano settentrionale e altrove, raccontando di violenze continue contro la popolazione e i dimostranti perpetrate dall’esercito e dai suoi sostenitori, specie nelle cittadine minori, con pestaggi sistematici e arresti diffusi e altre gravi violazioni dei diritti umani. Abitanti della cittadina di Tal Kelakh accusano l’esercito di passare “casa per casa” per arrestare chi protesta, ma aggiugono che molte famiglie resistono con le armi, “preferendo la morte all’umiliazione”.

Attivisti per i diritti umani parlano di oltre 850 morti e migliaia di arrestati, anche se è ora impossibile qualsiasi verifica indipendente. Il noto avvocato difensore dei diritti umani Razan Zaitouna dice che l’esercito ha ucciso 27 civili a Tal Kelah.

Damasco ha finora attribuito le violenze a “gruppi criminali armati” che hanno spesso aggredito e ucciso oltre 120 soldati e poliziotti, che si sono difesi.

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