16/11/2023, 08.53
CINA-RUSSIA
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Gli Uiguri e la Siberia, vittime del colonialismo

di Vladimir Rozanskij

Per il poeta Aziz Isa Elkun - esule a Londra - “è importante parlare dello Xinjiang, e il problema non è la fede musulmana, si parla dei diritti dell’uomo”. Gli uiguri vogliono vivere liberi come i loro “cugini” kazachi o uzbeki, e non riconoscono alla Cina il diritto alla proprietà dell’anima e dell’identità. 

Almaty (AsiaNews) - A inizio novembre all’università di Londra è stato presentato il libro “Poemi uiguri” in traduzione inglese, curato da Aziz Isa Elkun, un noto poeta uiguro dell’emigrazione. Attivista umanitario e collaboratore scientifico dell’università, Aziz è nato e cresciuto non lontano dal poligono nucleare cinese sul lago Lob-Nor, e per tutta l’infanzia ha visto una strana polvere che oscurava il cielo. Nel 1999 fu arrestato dai servizi di sicurezza per le sue prese di posizione contro la politica di “assimilazione degli uiguri”, ma in seguito è riuscito a fuggire dalla Cina, ottenendo asilo politico in Gran Bretagna, senza però rescindere i legami con la sua “piccola patria” dello Xinjiang.

La Repubblica popolare cinese aveva annunciato trionfalmente di aver sperimentato con successo nel 1964 una testata nucleare di 22 chilotoni, sentendosi la “quinta grande potenza mondiale”. Il test era avvenuto vicino al lago inaridito di Lob-Nor, nella zona degli uiguri che lo chiamano Karakošukkol. Proprio nella regione dello Xinjiang sono aumentate sempre più le persecuzioni della popolazione locale turcofona, con la creazione dei “campi di rieducazione” di cui gli attivisti cercano di informare l’opinione pubblica internazionale, mentre la Cina ha continuato fino agli anni Novanta a usare la zona come base per gli esperimenti nucleari, tanto che gli uiguri della zona si sono abituati ai “funghi atomici” che si stagliano sull’orizzonte.

Aziz Isa Elkun ha visitato nei giorni scorsi la città di Almaty in Kazakistan, prendendo parte a una conferenza internazionale. Ai giornalisti ha raccontato della sua infanzia “tra i quattro poligoni nucleari”, e di come gli uiguri dello Xinjiang hanno sperato a lungo di diventare l’Uigurstan, sedicesima repubblica dell’Urss, dopo la “rivoluzione culturale” che aveva ridotto alla fame la popolazione cinese, con milioni di vittime. “Io sono stato fortunato ad essere nato sano” – ricorda Aziz – mentre ad altri miei compagni di scuola mancava a chi l’orecchio, a chi qualche dito, oppure gli cresceva qualcosa di troppo, e comunque a tutti mancava il pane”.

In una delle sue memorie, Aziz ha scritto di “non aver visto i khantsy [i cinesi in lingua uigura] fino all’età di 10 anni, e neanche sapevo che cosa fosse la corrente elettrica”. I comunisti cinesi avevano invaso la regione nel 1949, con il sostegno dei sovietici, e gli uiguri locali hanno accolto con favore i russi imparandone anche la lingua, mentre i cinesi rimanevano per loro degli estranei. Nel 1955 è stato istituito il distretto autonomo Xinjiang-Uigurskij, sperando appunto che diventasse una repubblica sovietica, come quelle turcofone di confine del Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan. Il litigio del 1964 tra Cina e Urss ha creato molto scompiglio nella zona: molti uiguri sono riusciti a scappare nel Kazakistan sovietico, concentrandosi soprattutto nelle città di Žarkent e Almaty. I sovietici appoggiavano il separatismo uiguro con la propaganda via radio, promettendo di accogliere tutti gli uiguri sui propri territori.

Aziz ha conosciuto il cinese alla scuola media, insegnato da professori uiguri che non conoscevano essi stessi la lingua, che era obbligatoria per iscriversi all’università, dove gli studenti cinesi non comunicavano con quelli uiguri, andavano a mangiare in mense diverse e dormivano in ostelli separati. Il poeta ritiene che “è importante parlare dello Xinjiang, e il problema non è la fede musulmana, si parla dei diritti dell’uomo”. Gli uiguri vogliono vivere liberi come i loro “cugini” kazachi o uzbeki, e non riconoscono alla Cina il diritto alla proprietà dell’anima e dell’identità. In una poesia al padre defunto, Elkun ricorda Caro padre, tu eri un giardiniere dal pollice verde / Ora l’orto è cresciuto, ma tu non ci sei per potare le piante / Tu eri un medico e un angelo delle anime / Ora il mio cuore è spezzato, e tu non ci sei per guarirlo. Il corpo del padre è stato tolto dalla sua sede, perché nello Xinjiang, il “Turkestan orientale”, sono stati distrutti tutti i cimiteri tradizionali, insieme alla maggior parte delle moschee. Il colonialismo è stato superato quasi in tutto il mondo, ma non nella Cina occidentale.

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