Gli esiti delle elezioni in Kirghizistan
Il voto anticipato voluto da Žaparov per applicare il nuovo sistema elettorale ha promosso la presenza delle donne attraverso le quote di genere e introdotto il voto a distanza. Ma la suddivisione in distretti, la riduzione dei parlamentari e la limitazione dei poteri del parlamento hanno di fatto favorito i candidati più leali al presidente.
Bishkek (AsiaNews) - Si sono tenute il 30 novembre in Kirghizistan le elezioni parlamentari del Žogorku Keneš, un voto anticipato dopo quello del 2023, per adeguarsi alle nuove regole elettorali approvate quest’anno. Le votazioni hanno quindi scelto tre candidati per ognuno dei 30 distretti elettorali, scegliendo chi ha ottenuto il maggior numero di voti e attenendosi alle quote di genere, per cui almeno uno dei tre eletti doveva essere di genere diverso dagli altri. Si confrontano quindi le opinioni sui vantaggi e gli svantaggi del nuovo sistema, come riporta Kaktus.Media.
Il politologo Baktybek Žumagulov ritiene che “il sistema a mandato plurimo per ogni seggio sia importante per eliminare i conflitti”, che hanno sempre accompagnato le elezioni in Kirghizistan, seguite da continui rivolgimenti e colpi di Stato fino all’attuale presidenza di Sadyr Žaparov. Anche nel 2020, l’anno della prima elezione di Žaparov dopo aver svolto il ruolo di presidente ad interim in seguito a conflitti interni, ci furono fenomeni di corruzione tra organi locali del potere e candidati dei partiti politici, con acquisto sistematico dei voti degli elettori, mentre la votazione “a distanza” questa volta si è rivelata più efficace. I partiti kirghisi erano per lo più delle “mangiatoie” basate sulla corruzione, senza basi ideologiche.
Anche l’ex-membro della commissione elettorale centrale Atyr Abramkhatova ritiene che la possibilità di votare a distanza sia stato un grande vantaggio, e la quota di genere si è rivelata un “grande progresso”, anche se in generale è stata compresa soltanto come “due uomini e una donna”, e comunque sette donne sono passate non in base alla quota. Ella ritiene che “abituandosi al sistema, ci saranno ancora più opportunità per le donne, con la corrispondenza tra i seggi e i voti espressi senza interferenze”. La Abramkhatova ritiene peraltro che vada abbassata la tassa per la candidatura, magari aumentando i distretti.
Per un altro politologo, Ajdin Bakytbek, il principale difetto delle elezioni è stata “la mancata possibilità che tutto il Paese possa sostenere dei candidati unici”, limitandosi alle quote di distretto, nonostante esistano dei leader in grado di raccogliere centinaia di migliaia di voti a livello nazionale. A suo parere uno degli scopi della riforma era quello di “escludere alcuni leader che hanno pretese sulla poltrona presidenziale”, difendendo il regime di Žaparov. Ora i politici devono cambiare strategie e “scegliere determinate categorie di elettori, le casalinghe o i piccoli e medi commercianti, rappresentando interessi concreti”. In alcuni distretti ha prevalso la solidarietà di clan, a differenza di altri storicamente meno compatti.
Uno dei candidati più votati è risultato il deputato uscente Erulan Kokulov, protagonista di molti dibattiti parlamentari, che nel suo distretto di Issyk-Kul ha raccolto oltre 11 mila voti, e se avesse potuto candidarsi a livello nazionale ne avrebbe facilmente ottenuti intorno ai 350 mila, guadagnandosi una maggiore autorevolezza in funzione delle prossime elezioni presidenziali, dove comunque si proietta come possibile alternativa. I mandati distrettuali, secondo Bakytbek, hanno senso nei grandi Paesi federali, dove i vari Stati difendono la propria sovranità e autonomia, non in un piccolo e litigioso Paese come il Kirghizistan dove per 4,5 milioni di elettori si adatta meglio il sistema partitico, sempre che si riesca a limitare i fenomeni di corruzione.
Ai vertici delle classifiche dei vincitori si sono comunque messi in evidenza i “parenti dei potenti”, come Šairbek Tašiev, fratello del capo del consiglio di sicurezza Kamčibek, e in generali i deputati più leali e vicini al presidente Žaparov, che si assicura così un controllo molto sicuro sui 90 nuovi deputati (invece dei 120 del precedente Žogorku Keneš), più della metà dei quali rieletti dalla sessione parlamentare del 2023. Senza contare che nella nuova versione il parlamento non avrà il diritto di votare la sfiducia al governo, e in pratica neppure quello di mettere il presidente sotto impeachment, facendolo assomigliare per molti commentatori ad una “assemblea soltanto consultiva” in mano all’apparato presidenziale.
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