31/12/2010, 00.00
CINA
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Gli internauti cinesi superano i 450 milioni, e fanno paura al governo

Internet si diffonde, soprattutto tramite i siti di blog e di informazione. Stretta censura del governo, che ha difficoltà a impedire la circolazione di notizie. Pechino dice che chiude i siti pornografici ed osceni, ma censura anche parole come “Liu Xiaobo”, “Premio Nobel Pace 2010” e perfino "AsiaNews".

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Sono oltre 450 milioni i cinesi che navigano su internet. Nel Paese questo mezzo è sempre più usato anche per diffondere notizie e persino per denunciare abusi della autorità. Pechino rafforza la censura e i controlli, per stroncare ogni forma di dissenso organizzato via internet.

Wang Chen, ministro per l’Ufficio Stampa del Consiglio di Stato, spiega che gli internauti sono aumentati del 20,3% rispetto al novembre 2009 e di ben 30 milioni dallo scorso luglio.

La crescita non è solo numerica ma riguarda soprattutto le modalità d’uso: internet è ormai un forum globale dove i cittadini esprimono opinioni in modo anche critico, protetti dal relativo anonimato e per la possibilità di uno scambio di notizie in tempo reale, rispetto ai tradizionali media sui quali c’è stretto controllo del governo.

Proprio questa rapida evoluzione preoccupa le autorità, che vogliono impedire la creazione di gruppi organizzati via internet, nel timore che questo favorisca maggiori proteste sociali. Pechino ha creato il sistema di censura “Great Firewall of China” per bloccare i siti internet che trattano argomenti ritenuti sensibili, come l’indipendenza di Taiwan e il massacro di Piazza Tiananmen. Inoltre decine di migliaia di poliziotti controllano di continuo i siti per individuare e oscurare quelli ritenuti pericolosi.

Il governo sostiene, invece, che la censura vuole soprattutto bloccare i siti pornografici o quelli con contenuti sconvenienti, a tutela dei giovani. Wang sottolinea i grandi successi della lotta contro l’osceno, con oltre 60mila siti pornografici oscurati nel 2010 e circa 5mila persone sottoposte a processo penale, con 1.332 condanne di cui 58 a 5 anni di carcere o più. Insiste che quella del governo per un internet pulito “è una lunga battaglia” che continuerà.

Il governo nel 2010 ha monitorato 1,79 milioni di siti web e cancellato 350 milioni di articoli, fotografie e filmati “pornografici od osceni”. In particolare sono oscurati siti che riportano parole “sensibili”, come, ad esempio, “Liu Xiaobo” o “Premio Nobel Pace 2010”. Anche il sito di AsiaNews rimane oscurato, sebbene si possa raggiungerlo tramite proxy server.

Tra i siti bloccati, in modo stabile o temporaneo, ce ne sono diversi assai popolari e non pornografici, come YouTube di Google, Twitter, Flickr e Facebook, ovvero siti che consentono scambi rapidi di informazioni e sui quali è in pratica impossibili un effettivo continuo controllo. Questi siti sono stati accusati dalle autorità di trasmettere contenuti pericolosi per la sicurezza nazionale e di violare la legge, anche per la diffusione di immagini di proteste in zone problematiche come il Tibet.

Google Inc., il maggior motore mondiale di ricerca su internet, ha chiuso il suo sito cinese lo scorso marzo, in protesta contro la censura cinese e dopo avere ricevuto un sofisticato attacco di hacker che volevano individuare i nominativi di alcuni autori di blog e di messaggi. La vicenda suscitò un caso diplomatico tra Cina e Stati Uniti sulla libertà su internet.

Nei giorni scorsi le autorità hanno chiuso la rivista letteraria su internet “Party”, che ha avuto oltre 440 milioni di contatti, condotta dal noto blogger Han Han. Han il 28 dicembre ha annunciato la chiusura del sito “a tempo indefinito e lo scioglimento del gruppo” che lo curava. Ma tutti dicono che l’ordine sia venuto dalla censura. Han è stato menzionato dalla rivista Time Magazine come una delle 100 persone più influenti al mondo, alla pari con il presidente Usa Barack Obama e la popstar Lady Gaga.

Internet è pure molto utilizzato per vendere e comprare, con pagamenti online che la ditta di ricerca Analysys International stima pari a 1.000 miliardi di yuan nel 2010.

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