08/07/2025, 08.35
AZERBAIGIAN-RUSSIA
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I morti azeri a Ekaterinburg riaccendono le tensioni tra Baku e Mosca

di Vladimir Rozanskij

Dopo la vicenda dell'aereo con 67 persone a bordo precipitato in dicembre per "interferenze" con la guerra in Ucraina, Azerbaigian e Russia sono di nuovo in piena crisi diplomatica per un raid della polizia. Sullo sfondo la crisi dell'influenza russa nel Caucaso, sempre più messa in ombra dall'attivismo turco nella regione.

Baku (AsiaNews) - Oltre al rifiuto di una soluzione di pace con l’Ucraina, nonostante le proposte di trattative dell’America e degli stessi ucraini, la Russia si complica la vita con la testardaggine nel crearsi ulteriori problemi anche nel Caucaso, con una crescente tensione con l’Azerbaigian, Stato cruciale per gli equilibri della regione, in una sequela di eventi che hanno suscitato reazioni sempre più stizzite da parte di Baku. Come diceva il politico statunitense Zbigniew Brzezinski, “senza un Azerbaigian indipendente è difficilissimo mantenere e sviluppare l’indipendenza dell’intera Asia centrale”, mentre Mosca cerca ancora di imporsi come ai tempi sovietici, nonostante il lungo lavoro degli azeri per liberarsi dalle catene russe. In questi giorni si registrano diverse dichiarazioni di sostegno all’Azerbaigian dai Paesi centrasiatici, a cominciare dai presidenti del Kazakistan e dell’Uzbekistan, quest’ultimo in visita ufficiale a Baku.

I problemi sono iniziati il 24 dicembre scorso, quando un aereo dell’Azerbaigian Airlines è precipitato ad Aktau nel Kazakistan occidentale con 67 persone a bordo, 38 delle quali sono morte, con evidenti colpe dei russi nell’interferenza sul traffico aereo per le azioni belliche contro l’Ucraina, mentre l’Embraer 190 si stava dirigendo verso Groznyj, la capitale della repubblica russa della Cecenia. I russi avevano cercato di giustificarsi indicando una “collusione con uccelli”, quando poi l’indagine kazaca sulla violazione delle norme operative e di sicurezza del trasporto aereo ha evidenziato le responsabilità di Mosca, che non ha voluto ammettere le proprie colpe.

Dopo mesi di rapporti tesi, le relazioni tra i due Paesi sono drammaticamente precipitate in quella che sembra essere, a tutti gli effetti, la più grande crisi diplomatica tra Mosca e Baku, fino a poco tempo fa “partner strategici” e soprattutto economici. Il 27 giugno nella città russa di Ekaterinburg sugli Urali, nel corso di un raid della polizia contro bande criminali, due cittadini azeri con passaporto russo hanno perso la vita in circostanze ancora poco chiare e un terzo uomo, fratello dei due uccisi, è ancora in rianimazione. In Azerbaigian sono stati arrestati per ritorsione alcuni cittadini russi, e tutte le relazioni culturali e sociali con i russi nel Paese sono state sospese, dopo la chiusura del centro Russkij Dom e della sezione locale dell’agenzia giornalistica Sputnik.

Sullo sfondo del conflitto russo-azero, è in gioco nel Caucaso la possibilità di giungere a un accordo di pace tra l’Azerbaigian e l’Armenia, e la Russia finirebbe per essere completamente esclusa da questa trattativa, che ha tentato in vari modi di guidare, finendo per essere sempre più allontanata sia da Baku che da Erevan. La circostanza preoccupa moltissimo i russi, che perderebbero del tutto il controllo sulla regione, e rischiano di far crescere i problemi anche nelle zone russe del Caucaso settentrionale come la regione caspica di Astrakhan, dove la minoranza etnica azera è molto numerosa.

Oltre ai rapporti diretti russo-azeri, influisce molto sugli equilibri regionali l’attivismo della Turchia, che si propone come unico mediatore in tutta la zona, attirando i favori perfino degli armeni, superando le storiche polemiche sul genocidio dello scorso secolo. La famiglia dei popoli di lingue turciche si estende dai territori asiatici fino a quelli balcanici della Bosnia-Erzegovina, e l’Azerbaigian risulta uno snodo centrale in questa unione etno-culturale, che diventa sempre più significativa proprio a scapito dei russi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non risparmia gli sforzi e i mezzi finanziari per ritornare ai fasti dell’impero ottomano, facendo leva soprattutto sul leader azero Ilham Aliev, nel processo di “reciproca integrazione” tra Turchia e Azerbaigian.

Nel 2024 l’Azerbaigian ha estratto 24 milioni di tonnellate di petrolio e circa 24 miliardi di metri cubi di gas naturale, che raggiungono le mete commerciali passando dalla Georgia e dalla Turchia, sotto lo sguardo sempre più collerico e impotente della Russia, e quello più benevolo della Cina, pronta a sfruttare anche queste situazioni a proprio vantaggio.

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