30/09/2025, 09.03
ASIA CENTRALE
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I presidenti dell'Asia Centrale all'Onu

di Vladimir Rozanskij

Alla sessione per gli 80 anni delle Nazioni Unite tutti i cinque i capi di Stato hanno sottolineato nei loro interventi come questa regione, per secoli lacerata da conflitti di confine, oggi si posiziona come una delle più pacifiche del mondo con la cooperazione economica in crescita. Posizione comune anche sull'Afghanistan per una fine dell'isolamento attraverso un pragmatismo senza riconoscimenti ufficiali per i talebani.

Astana (AsiaNews) - Alla sessione giubilare per gli ottanta anni delle Nazioni Unite, sono intervenuti al Palazzo di Vetro anche i cinque presidenti dei Paesi dell’Asia centrale, parlando della regione come di un luogo di pace e d’integrazione, “ponte tra Oriente e Occidente” con un ruolo originale nella politica mondiale, evitando giudizi troppo radicali e dichiarazioni roboanti. Solo il kirghiso Sadyr Žaparov ha usato toni più marcatamente populistici, parlando di sé stesso come di un “comune cittadino”. Gli argomenti dei cinque capi di Stato hanno riguardato la ricerca di una pace più sicura, il sostegno ai progetti di riforma dell’Onu, la lotta contro i cambiamenti climatici e la necessità di grandi modernizzazioni della vita sociale.

Si è sottolineato in particolare come questa regione, per secoli lacerata da conflitti di confine, oggi si posiziona come una delle più pacifiche del mondo. Nella retorica dei cinque leader non sono mancate peraltro anche alcune dissonanze, soprattutto riguardo alle sanzioni internazionali e alle relazioni con i Paesi occidentali. I presidenti del Tagikistan e del Kazakistan, Emomali Rakhmon e Kasym-Žomart Tokaev, hanno particolarmente insistito sulla necessità di riformare il Consiglio di sicurezza dell’Onu, allargandolo alla rappresentanza dei Paesi in via di sviluppo. Žaparov ha dichiarato che “senza una vera forza dell’Onu il mondo rischia di scivolare nel caos più totale”, prendendo le distanze dai “toni diplomatici soffusi e gentili” e per questo volendo esprimere il pensiero e le preoccupazioni dei cittadini qualunque del suo Paese, e anche di molti altri.

Uno dei temi principali ha riguardato l’integrazione regionale, in quanto “l’epoca delle frontiere chiuse, dei conflitti irrisolti e delle infinite diatribe è ormai passata”, come ha affermato l’uzbeko Šavkat Mirziyoyev. Negli ultimi anni si sono ampliate enormemente le dimensioni del commercio reciproco, degli investimenti e dei trasporti nella regione, creando fondi di investimento comuni, zone libere di commercio alle frontiere, progetti di cooperazione industriale e produttiva, con tante nuove infrastrutture. Anche Žaparov ha insistito sulla soluzione pacifica dei conflitti regionali, dopo gli accordi raggiunti in questi anni con l’Uzbekistan e il Tagikistan per la definizione dei confini.

Il presidente del Turkmenistan, Serdar Berdymukhamedov, è stato uno dei pochi ad attenersi al tempo limite di 15 minuti per l’intervento (a fronte dell’ora usata da Donald Trump), confermando la posizione di neutralità a cui Ašgabat si attiene dal momento dell’indipendenza, e suggerendo agli altri di imitarla, per poter meglio risolvere i problemi. I cinque presidenti sono stati molto cauti nell’affrontare la questione dell’Ucraina, parlando di “grande preoccupazione” e invitando al dialogo per la risoluzione del conflitto con mezzi pacifici. Tokaev ha dichiarato che la crisi ucraina continua a provocare “danni spaventosi alla popolazione pacifica, alla fiducia globale e alla sicurezza internazionale”.

Žaparov ha criticato i tanti Paesi che mantengono un “doppio standard” rispetto alle crisi internazionali della Palestina, dell’Ucraina, del Sudan, della Siria e di tante altre zone, valutandole soltanto “in base ai propri interessi” e trascurando la difesa dei diritti umani. Egli ha espresso il suo forte disappunto per le sanzioni occidentali, che colpiscono anche le banche e le aziende del Kirghizistan, come del Kazakistan e dell’Uzbekistan.

Una posizione molto unitaria e convinta è stata espressa nei confronti dell’Afghanistan, ritenendo “inammissibile” l’isolamento del Paese, e invitando a rafforzare la stabilità con “il coinvolgimento e il sostegno” a Kabul. Questo giudizio, sviluppato soprattutto da Rakhmon, si basa sul pragmatismo senza bisogno di riconoscimenti ufficiali o ideologici, considerando che il governo afghano finora è stato riconosciuto soltanto dalla Russia. Riguardo alla crisi di Gaza, Tokaev ha chiesto la “totale difesa dei civili e l’accesso senza riserve agli aiuti umanitari”, posizione condivisa da tutti i centrasiatici. E infine non poteva mancare un appello alla collaborazione per affrontare le crisi ecologiche, considerando ad esempio i 14 mila ghiacciai del Tagikistan, dei quali oltre 13 mila si stanno sciogliendo completamente, facendo mancare le fonti di acqua potabile per tutta la regione.

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