14/12/2021, 08.40
AFGHANISTAN
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I talebani cacciano uzbeki e turkmeni dalle loro terre

di Vladimir Rozanskij

Oltre 1.000 persone deportate nella provincia di Djausdjan. Azione per favorire i propri sostenitori pashtun nel nord dell’Afghanistan. Convocato consiglio tribale per risolvere il caso. Tagikistan e Uzbekistan chiedono al governo talebano di affrontare la questione etnica.

Mosca (AsiaNews) – Negli ultimi giorni i talebani avrebbero deportato forzatamente oltre 1.000 persone nei territori settentrionali dell’Afghanistan, come riferiscono varie fonti. Il governo fondamentalista afghano avrebbe deciso l’operazione per liberare circa 20mila acri di terra, su cui erano stanziate diverse comunità di etnia uzbeka e turkmena. Gli stessi deportati raccontano che guerriglieri talebani di etnia pashtun li hanno prelevati dalle loro case, per condurli nella provincia di Djausdjan.

Già da tempo erano iniziate le azioni di forza da parte talebana contro centinaia di famiglie di khazari sciiti in cinque provincie del Paese. L’intenzione degli “studenti di dio”, tornati al potere a 20 anni dall’invasione Usa, è quella di ridistribuire le terre ai loro sostenitori e punire i settori della popolazione che appoggiavano il governo precedente, appoggiato dagli Stati Uniti e dagli altri alleati occidentali.

Un uomo intervistato da Radio Azattyk, con nome fittizio Abdullah, racconta di essere stato deportato a Darzab, un villaggio sperduto del Djausdjan. A suo dire, le autorità della provincia hanno promesso di inviare una delegazione per investigare su questa “occupazione illegale” di territori abitati, ma finora non si è visto nessuno. “Eravamo padroni della nostra terra da centinaia di anni, la dividevamo tra i membri della comunità, e ora ci è stata sottratta”, afferma Abdullah. Un altro testimone, Faizullah, conferma che “non abbiamo potuto opporci, altrimenti ci avrebbero ucciso”.

Il rappresentante dei nomadi pashtun a Djausdjan, Gulam Sarvar Alizaj, sostiene che spesso nascono discussioni per l’incertezza dei diritti di proprietà sulle terre, che sarebbero in realtà dello Stato, nonostante le rivendicazioni dei locali. Gli stessi nomadi rivendicano il diritto di tornare sui pascoli da cui erano stati scacciati 20 anni fa, e che uzbeki e turkmeni “hanno occupato cercando di coltivarli, pur essendo terreni infruttuosi”. Ora si invoca la decisione dei consigli tribali, a cui dovrebbero partecipar cinque persone per ogni parte in causa.

Il governo talebano ha rifiutato di commentare il caso, che ha evidenziato quanto i problemi interni del nuovo Afghanistan ricalchino i conflitti etnici e tribali secolari di questo territorio. La stragrande maggioranza dei capi talebani è di etnia pashtun, e ora cerca di imporsi su tutti gli altri gruppi.

Non è facile districarsi negli equilibri interni a queste lotte, anche perché da molti anni non viene tenuto alcun censimento della popolazione; l’ultimo tentativo in questo senso è stato fatto negli anni ’70, senza dare risultati affidabili. Secondo le cifre di allora, i pashtun costituirebbero circa il 40% dell’intera popolazione afghana, seguiti dai tagiki (meno del 30%), dai khazari e dagli uzbeki (circa 10%), più altre minoranze.

Per fuggire dalle occupazioni della Russia zarista e sovietica, nel passato diversi gruppi etnici erano giunti in Afghanistan; nell’ultimo trentennio la situazione si è ulteriormente ingarbugliata. I leader dei Paesi centrasiatici, come Tagikistan e Uzbekistan, chiedono ai talebani di creare strutture amministrative “inclusive” per affrontare finalmente queste problematiche interne, senza avere avuto finora alcuna soddisfazione.

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