24/05/2006, 00.00
israele - palestina - usa
Invia ad un amico

Il piano di Olmert, benedetto da Bush, crea ancora più problemi

di Arieh Cohen

La "soluzione unilaterale" dei ritiri e la ridistribuzione delle colonie non crea speranze. Secondo l'esercito, il boicottaggio contro Hamas, creerà più conflitti coi palestinesi.

Tel Aviv (AsiaNews) – Ieri è stato forse il giorno più importante nella carriera politica di Ehud Olmert da quando è divenuto primo ministro di Israele: fra incontri a tu per tu, cene, riunioni di gabinetto, egli ha avuto il privilegio di passare almeno 6 ore con il presidente americano George W.Bush. Parte di questo tempo, com'è ovvio, è stato speso sulle ambizioni nucleari iraniane e su altre tematiche di interesse comune. Ma al centro dei colloqui vi è stata la continua occupazione militare dei Territori palestinesi e le speranze – nella regione e nel mondo – per un trattato di pace israelo-palestinese che metta fine all'occupazione e al conflitto.

Non sono disponibili molti dettagli dei colloqui, ma quel che è chiaro è che per ora il premier Olmert è libero di procedere con il tanto annunciato piano della "soluzione unilaterale" del conflitto. La Casa Bianca non ha fatto menzione del piano, ma ha elogiato le idee di Olmert, definendole "coraggiose" e "innovative". Washington ha chiesto alcuni mesi per cercare di negoziare con Mahmud Abbas, presidente dell'Olp e dell'Autorità palestinese. Ma sono solo tentativi "pro-forma": la posizione di Israele è che, per essere un partner nei negoziati di pace, Abbas deve anzitutto eliminare le organizzazioni armate (come le chiamano i palestinesi), i gruppi terroristi, come previsto dalla "Road map". È stato sempre difficile per un leader palestinese immaginare come fare questo, mentre dura un'occupazione militare e senza una chiara promessa di libertà a seguire, senza una repressione interna capace di generare una guerra civile. Oggi questo passo è ancora più difficile, dato che il presidente Abbas condivide il potere del governo con Hamas, il partito islamico fortemente militante.

Il piano unilaterale di Olmert prevede l'annessione a Israele di parti dei territori occupati nella West Bank; il trasferimento di coloni che vivono altrove verso le nuove zone annesse; il completamento del "Muro di separazione" fra Israele e le zone annesse e ciò che rimane della West Bank. Intanto l'esercito israeliano dovrà continuare il controllo della valle del Giordano e l'intera zona fra la valle e il Muro. Al di là del trasferimento di alcune colonie, non c'è dunque molto da aspettarsi.

Forse è possibile anche il ritiro dell'esercito dalla zona fra la valle del Giordano (a est) e il Muro (a ovest). Nulla è detto finora in modo ufficiale, ma se ciò avviene, quest'area potrebbe divenire subito una specie di "terra di nessuno", una fornace di conflitti fratricidi e di instabilità endemica, dove cittadini e famiglie saranno alla mercè di gruppi armati di vario tipo. Ciò che oggi avviene già a Gaza è un avvertimento per quanto può accadere nella West Bank.

Lo scenario spaventa la monarchia giordana: conflitti e instabilità potrebbero diffondersi proprio verso il regno giordano, sull'altra riva del fiume. Il re Abdallah II di Giordania ha già scritto un urgente messaggio a Bush, alla vigilia del suo incontro con Olmert, supplicando il presidente di rigettare questa mossa "unilaterale" di Israele.

Anche all'interno di Israele il dibattito sull' "unilateralismo" è violento, sebbene gli oppositori più decisi siano pochi e tutti relegati all'estrema sinistra. La maggioranza di politici ed elettori sono convinti che non vi sono prospettive di pace – almeno secondo i voleri di Israele – e che un miscuglio di annessioni e ritiri, insieme al completamento del Muro, sono l'unica speranza per Israele di non temere più i palestinesi.

I motivi per cui gli Usa hanno scelto di sostenere questo progetto – o danno l'idea di sostenerlo – sono piuttosto complessi. La stima per Bush nell'opinione pubblica è al suo minimo storico; il suo partito è diviso e timoroso delle elezioni del Congresso a novembre. Né il presidente, né il Congresso hanno desiderio di scontrarsi con la forte lobby "pro Israele". In più, Bush, il suo governo e il Congresso sono molto spiaciuti della vittoria di Hamas nelle recenti elezioni palestinesi; inoltre, nessuno negli Usa – e nemmeno in Europa – distingue fra Hamas (che è solo un'organizzazione), l'Autorità Palestinese (Ap, che è solo un organismo temporaneo per gestire la vita quotidiana dei territori occupati, in attesa di un trattato di pace) e l'Olp (che è il rappresentante del popolo palestinese, riconosciuto dalla comunità internazionale, firmatario di accordi internazionali, e il partner per futuri negoziati).

Con le sanzioni internazionali oggi in atto (in sostanza: rifiuto degli aiuti; rifiuto di Israele a versare le tasse raccolte a nome dell'Ap), molti in Israele, Usa ed Europa sperano nel collasso dell'Ap governata da Hamas, perché essa venga sostituita dal Fatah di Abbas.

Un capo delle forze armate israeliane ha però definito "irreali" tali speranze. Parlando il 21 maggio a una commissione parlamentare di difesa, il gen. Haloutz ha affermato di non credere che le pressioni esercitate sul governo di Hamas causeranno il suo crollo. Al contrario, egli crede che le sanzioni – e le conseguenti sofferenze della popolazione palestinese – porteranno a una maggiore militanza fra i palestinesi, spingendoli a sostenere ancora di più il governo eletto. Il gen. Haloutz si mostra quindi in disaccordo con la politica dell'esecutivo. Ma finora non vi è stata alcuna risposta alle sue affermazioni.

Fra i palestinesi vi è chi preme su Abbas perché rinunci ad essere presidente dell'Ap, mantenendo solo il suo titolo di presidente dell'Olp. In tal modo le richieste di pace di Abbas – puntualmente rifiutate da Israele, come è avvenuto a Sharm-el-Sheikh all'inizio della settimana -  si separerebbero dal caos e dalle violenze del'Ap guidata da Hamas. La mossa è senz'altro brillante, ma Abbas è un tipo molto cauto e non ha ancora preso il coraggio di farla. E forse non la farà mai.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Vaghe speranze per la pace con i palestinesi dopo l’uscita di scena di Olmert
31/07/2008
La vittoria di Kadima e le prospettive di pace
29/03/2006
Mahmoud Abbas: non mi candido alle prossime presidenziali dell’Anp
06/11/2009
Per i palestinesi, chiunque vinca le elezioni israeliane "non cambierà niente"
27/03/2006
Sono i confini definitivi di Israele la posta in palio del voto di oggi
28/03/2006


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”