02/03/2010, 00.00
GIAPPONE-STATI UNITI
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Il presidente della Toyota e gli USA: due culture a confronto

di Pino Cazzaniga
L’interrogatorio da parte di una commissione del Congresso ha evidenziato le differenze tra i requisiti richiesti al capo di un’impresa occidentale rispetto a una giapponese. Per quest’ultima il responsabile più che essere esperto in economia, deve garantire l’armonia tra i dipendenti e tenerne alto il morale.

Tokyo (AsiaNews) – E’ stato un confronto tra culture prima ancora che un esame di comportamento aziendale il severo interrogatorio al quale il 24 febbraio Akio Toyoda (53 anni), presidente della Toyota, è stato sottoposto da una commissione della Camera dei rappresentanti statunitense (nella foto). Nel settore degli interrogati, accanto al presidente sedevano Yoshi Inaba direttore della Toyota americana e Ray LaHood, segretario del ministero dei trasporti statunitense.

 

Le domande riguardavano la sicurezza dei veicoli Toyota, che alcuni difetti di costruzione rendevano dubbia: precisamente il sistema dei freni, il pedale di accelerazione e il sistema elettronico di alimentazione del carburante. Per questi e altri difetti la ditta ha ordinato il ritiro di 8,5 milioni di veicoli. Si dubitava che la direzione centrale del grande complesso automobilistico, pur essendone a conoscenza li avesse tenuti nascosti o non avesse avvisato in tempo i clienti.

 

L’aula era affollata all'inverosimile da giornalisti, fotoreporter e persone provenienti da tutte le regioni del mondo. Dal 1998 la Toyota è la più grande fabbrica automobilistica nel mondo e da’ lavoro a centinaia di migliaia di operai in Giappone e all’estero. Lo ha ricordato Haley Barbour, governatore dello stato del Mississippi, con un articolo sul Washington Post. “Tre anni fa, quando è stato programmato un impianto nel nostro Stato, ho detto che la Toyota era la prima fabbrica automobilistica del mondo e credo ancora che lo sia”, ha scritto, ricordando che la ditta giapponese è presente in 10 Stati USA, dando lavoro a più di 200.000 persone.

 

Ma si trattava di difetti seri che già avevano causato incidenti mortali. Da qui il ritiro di milioni di veicoli. Il governo americano non poteva non intervenire..

 

Due tragiche testimonianze.

 

Sono state le testimonianze di due donne a dare peso alle interpellanze dei parlamentari. Una ha testimoniato con la parola, l’altra con il silenzio. La signora Rhonda Smith (65), assistente sociale nella città di Sevirville (Tennessee), durante l’audizione ha detto che un giorno del 2006 improvvisamente perse il controllo della macchina, una Toyota Lexus, a causa di un’ improvvisa accelerazione che non ha potuto controllare in nessun modo: né i freni, né la marcia neutro hanno funzionato. “Ho pregato Dio di aiutarmi”, ha detto, sforzandosi di trattenere le lacrime. “Dopo 10 chilometri a una velocità di 160 chilometri orari, Dio è intervenuto”: la macchina ha rallentato, e la signora ha potuto fermare il veicolo a lato della strada. “Vergogna a voi, Toyota, per la vostra avidità” ha detto rivolta a Toyoda e a Inaga. “E vergogna a voi, NHTS (l’amministrazione governativa per la sicurezza delle autostrade) per non aver compiuto il vostro dovere!”, ha aggiunto, rivolgendosi a Ray Lahood. Dopo l’incidente aveva informato la Toyota (americana) e l’amministrazione delle autostrade, ma senza risultati.

 

In aula c’era pure una nonnina di San Francisco, la signora Fe Lastrella,che, però, ha rifiutato di parlare. Non era necessario: tutti avevano conosciuto, attraverso i media, l’orrendo incidente che il 28 agosto 2009 aveva distrutto la sua famiglia. In quel giorno Mark Saylor (45), un ufficiale governativo in vacanzaera anch’egli alla guida di una Lexus Toyota, noleggiata per una gita. Con lui c’erano la moglie Cleofe (Lastrella), la loro figlia Mahala (13) e il cognato Chris Lastrella (38). Anche questa volta una velocità incontrollabile di 160 chilometri orari è stata la causa dell’incidente mortale. “È il momento di pregare” sono state le ultime parole del Saylor registrate. La macchina è precipitata in un dirupo e nessuno è sopravvissuto. Il pedale dell’acceleratore si era incastrato nel tappetino sul fondo..

 

Intervistata dai giornalisti, dopo l’udienza, ha detto: “Sono venuta qui per i miei quattro figli e per la sicurezza di tutti gli utenti della Toyota nel mondo. Non voglio che un’altra famiglia soffra quanto noi stiamo soffrendo”

 

Akio Toyoda il “principe” sfortunato.

 

L’atteggiamento umile e cooperativo del presidente della Toyota è stato efficace nel chetare, in buona misura, l’ira degli americani. Ha ripetutamente chiesto scusa per il massiccio ritiro di automobili Toyota e ha espresso condoglianze ai membri della famiglia Saylor. “ Farò tutto quanto è in mio potere per assicurare che una tale tragedia non succeda mai più”.

 

Anche i membri più critici del congresso hanno mostrato di essere abbastanza soddisfatti delle spiegazioni del presidente e nell’interrogatorio si sono astenuti da comportamenti aggressivi, anche perchè Toyoda ha riconosciuto la vera colpa della ditta l’aver, cioè, accelerato il ritmo di produzione a scapito del controllo di sicurezza e ha promesso di ritornare alla “filosofia della Toyota”: priorità assoluta ai consumatori e alla sicurezza.

 

La nomina di Akio Toyoda, avvenuta il 23 giugno 2009, era stata accolta con entusiasmo da tutta la “famiglia” della Toyata giapponese, e il nuovo presidente era stato salutato come il “principe”, perchè nipote del fondatore della ditta. In un tempo di massima espansione del grande complesso automobilistico, lo spirito di armonia tra i membri era assicurato. Ma solo sei mesi dopo Toyoda si è trovato a dover affrontare la più grave crisi del complesso automobilistico nei 70 anni della sua esistenza. La prospettiva di andare al congresso americano non gli era gradita tanto che, in primo tempo,aveva pensato di affidare l’incarico a Inaga. Una convocazione diretta del presidente della commissione parlamentare lo ha convinto a rispondervi “volentieri”.

 

Tuttavia, arrivato a Washington il 20 febbraio, ha rifiutato ogni intervista, per concentrare le energie nella preparazione della relazione alla commissione parlamentare, sforzandosi di capire la cultura americana. E ha vinto;. almeno per ora.

 

La cultura dell’armonia

 

L'esperienza traumatica della signora Smith spiega la sua reazione emotiva ma non ne giustifica l’aspra condanna morale. Nella vicenda ciò che deve essere focalizzato, prima di tutto, non è l’atteggiamento etico, ma le differenze culturali. I principi che regolano l’attività del direttore di una ditta occidentale non sono i medesimi di quelli considerati prioritari per il direttore di una ditta giapponese

 

In Giappone, dove l’armonia è considerata il valore sommo del vivere sociale, i direttori di ditte raramente sono dei professionisti in campo economico; essi vengono scelti per la capacità di tener alto il morale di tutti i dipendenti, compresa la base. Toyoaki Nishida, docente universitario di direzione aziendale, dice: “In una ditta giapponese l’uomo al vertice non è uno che da’ ordini (concreti); egli è considerato come simbolo; un po’ come è visto l’imperatore”. Giuridicamente l’imperatore del Giappone non ha potere, ma è un grave errore considerarlo senza forza: il suo valore simbolico è enorme. È grazie all’imperatore che, a livello psicologico, tutto il Giappone si considera una famiglia.

 

Questo vale anche per le ditte. Lo ha messo in luce l’austriaca Parissa Haghirian,, docente di amministrazione internazionale all’università cattolica Sophia (Tokyo). Diversamente dall’occidente, dice, in Giappone i direttori esecutivi non sono scelti per le idee o la capacità di leadership. Ciò che a essi si richiede è la capacità di coordinare tutti i membri del gruppo in modo da eliminare contrasti e creare consenso globale. La parola giapponese usata per esprimere questo lavoro dietro le quinte mirante al consenso generale è nemawashi : gli ideogrammi che la compongono significano “scavare attorno alla radice” di un albero prima di trapiantarlo. “Trascurare il nemawashi - scrive la Haghirian - e’ considerato stoltezza e via sicura per arrivare al fallimento. Il nemawashi è un atteggiamento burocratico che esige molto tempo, ma quando una decisione è presa ogni membro del gruppo è sulla stessa linea d’onda e l’azione procede veloce e efficiente”. Questa filosofia spiega la lentezza dell’intervento di Toyoda.

 

È questa cultura che ha permesso alla Toyota di raggiungere quella efficienza ed espansione a tutti nota. Quando nel 1950 Kiichiro Toyoda, il nonno di Akio, ha creato la Toyota Motor Company l’ha chiamata “Toyota” (lieve modificazione del nome di famiglia) non per esaltare la sua famiglia, ma per considerare i clienti membri della stessa famiglia, ai quali si doveva priorità di attenzione. In una conferenza stampa, Toyota si è impegnato a tornare ai principi della “Toyota Way”: rispondere alla fiducia dei clienti piuttosto che affrettarsi a incrementare le vendite.

 

Ma in un contesto internazionale, paradossalmente, la fedeltà alla cultura giapponese esige il dialogo con una cultura diversa, quella occidentale, nel caso dell’America. Le due culture non sono opposte ma complementari.

 

Al congresso di Washington nella persona del presidente Toyoda è stata simbolicamente convocata la cultura giapponese. L’incontro sembra sia stato efficace. “Noi procederemo negli Stati Uniti in conformità con la cultura americana”, ha concluso Toyoda.

 

 

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