22/12/2005, 00.00
Cina
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Il rialzo del Pil cinese: una non notizia

di Maurizio dOrlando

La notizia sulla "Cina più ricca" è in realtà frutto della ovvia grandezza del paese, ma anche della poca accuratezza dei dati statistici forniti dal governo di Pechino.

Milano (AsiaNews) - Tutti i giornali e tutte le agenzie stampa, tranne AsiaNews, hanno  riportato ieri la notizia del giorno sulla Cina: l'Ufficio centrale di statistica ha diffuso una revisione al rialzo di 284 miliardi di dollari per il Pil (Prodotto Interno Lordo) del 2004. In base ai nuovi dati l'economia cinese diventa la quinta al mondo e non la sesta, scavalcando l'Italia. Nel consuntivo del 2005 essa si appresta a scavalcare anche Francia e Gran Bretagna. Sulla base dei nuovi dati, nel 2004 l'incremento del Pil cinese dal 2003 al 2004, è uno strabiliante 16,8 %.

AsiaNews non ha dato la notizia non per un pregiudizio malevolo verso la Cina, ma solo perché l'aveva già divulgata il 13 dicembre scorso, anche se forse molti erano distratti.

La notizia ha suscitato enorme clamore in tutto il mondo. Ma per noi di AsiaNews questa "clamorosa" notizia è una classica "non notizia", almeno per gli "addetti ai lavori". Ci spieghiamo:

1)      La crescita del Pil cinese in termini monetari non è una notizia. Si sa già che la Cina è senza dubbio il successo economico più grande degli ultimi 20 anni. Secondo i dati della Banca Mondiale (BM), dal 1984 al 1994,  il tasso annuale medio di crescita del PIL in Cina è stato del 9,4 %; dal 1994 al 2004 , un periodo pur contraddistinto dalla grave crisi finanziaria asiatica del '97 – '98, il tasso di crescita è stato un notevole 8,3 %. Nel 2004 la crescita, a parametri statistici costanti si è attestata sul 9,5 %; per il 2005 ci si attende il medesimo risultato e per il periodo dal 2004 al 2008 è previsto un tasso annuale di crescita dell'8%.

2)      Non è una notizia, o meglio è una piccola notizia, la maggiore percentuale del Pil cinese se valutata rispetto al Pil mondiale. Sulla base dei precedenti dati statistici, il Pil cinese era il 4,03 % di quello mondiale; in base ai nuovi parametri è il 4,70 % [elaborazioni dell'autore su dati della BM]. La Cina, con un miliardo e 296 milioni di abitanti nel 2004, è il paese più popoloso al mondo ed è logico e normale che il valore totale della sua economia sia maggiore di paesi la cui popolazione è molto inferiore. La Cina ha il 20,43 % della popolazione mondiale, l'Italia lo 0,91 %. Nel 2004, il Pil pro capite cinese a prezzi correnti, in basi ai precedenti parametri, era il 19,7 % del Pil pro capite mondiale. In base alle nuove stime del reddito, esso è salito al 23,14 % [elaborazione dell'autore sulla base dei dati della BM]. Si tratta perciò di una variazione significativa, ma meno vistosa di quanto hanno titolato i giornali di tutto il mondo.

3)      Il ritocco del Pil è soprattutto un segno della mancanza di accuratezza dei dati forniti dall'Ufficio Cinese di Statistiche. E anche questa è una non notizia. Val bene ricordare che tale Ufficio sforna statistiche poco accurate fin dai tempi di Mao. E soprattutto, i dati sono elaborati da funzionari formatisi sulle teorie economiche marxiste. Come è noto, per la teoria del plusvalore di Marx, i servizi e le attività di intermediazione non contribuiscono a formare valore ed è quindi logico o che non vengano prese in considerazione o che vengano ampiamente sottovalutate rispetto alle attività di produzione materiale. Non è dunque un caso che quasi tutto l'incremento del reddito riportato nei giorni scorsi giorni derivi da una rivalutazione del valore dei servizi del Guangdong, la provincia cinese che circonda Hong Kong e dove dunque sono più diffuse le strutture e le concezioni economiche occidentale provenienti dall'ex colonia britannica. Secondo Dong Tao, direttore dell'Ufficio Studi della Credit Suisse First Boston per l'Asia, l'attuale revisione al rialzo del valore del settore dei servizi in Cina è positiva, ma insufficiente. Tale settore è ora valutato pari al 41 % del Pil globale (prima della revisione era il 35 %). Secondo Tao "Chiunque sia stato in India ed in Cina potrebbe riferire che il settore dei servizi in Cina è altrettanto solido di quello dell'India, se non di più. La percentuale del settore dei servizi rispetto al PIL cinese dovrebbe essere per lo meno analoga a quella dell'India, che è il 52 % del PIL." Secondo Tao la sottovalutazione del settore dei servizi deriva da una combinazione di fattori: una diffusa economia sommersa, una forte evasione fiscale ed una sottovalutazione del tasso di cambio dello yuan, la moneta cinese. "Se si entra in un ristorante e si chiede un pasto senza che sia emessa la ricevuta, tale pasto non viene conteggiato nel Pil cinese", ha aggiunto Tao. Inoltre "Il fatto è che le tasse in Cina sono molto alte, la capacità di esazione delle tasse è bassa, e la qualità delle statistiche è relativamente scarsa."

4)      Non è una notizia che le dimensioni dell'economia cinese siano ben maggiori di quanto si creda. Un indizio macroscopico ci viene dalla posizione della Cina nelle due diverse graduatorie del Pil globale del 2004 dei vari paesi del mondo compilata dalla BM: in base alla parità di potere d'acquisto, il Pil della Cina (7.123 miliardi di dollari) è il secondo al mondo dopo quello degli Stati Uniti (11.628 miliardi di dollari). Valutando  il Pil in base alla precedente classificazione, la Cina, con 1.653 miliardi di dollari, si collocava al 7° posto, alle spalle dell'Italia che era sesta (con un Pil di 1.672 miliardi di dollari). Mentre per paesi come gli Stati Uniti e l'Italia il valore del Pil nei due casi cambia di pochissimo, nel caso della Cina, utilizzando uno o l'altro metodo, la variazione è notevole. Altrettanto significativa è la differenza nel caso del Pil cinese pro capite: 1.272  dollari annuali nel 2004, in base ai cambi correnti;  5.495 dollari all'anno, sulla base della parità di potere d'acquisto. In base alla parità di potere d'acquisto il PIL globale cinese è il 12,73 % del PIL mondiale, cioè circa tre volte superiore al medesimo rapporto tra PIL cinese e quello mondiale calcolato sulla base dei tassi di cambi correnti delle valute (il 4,03 %). La comparabilità dei prezzi e dei beni è tutt'altro che agevole. Nel caso della Cina le dimensioni abnormi della sproporzione tra i due diversi metodi econometrici rendono evidente l'esistenza di una forte distorsione monetaria. Tale distorsione è facilmente intuibile e deducibile per il fatto che la Cina è stato un sistema economico chiuso per molti decenni e per il fatto che la sua valuta non è ancora pienamente convertibile. Tale fattore di distorsione andrebbe considerato con attenzione: si potrebbe (e forse si dovrebbe) ad esempio ipotizzare che almeno una parte della mirabolante crescita cinese sia dovuta alla progressiva inclusione nel Pil cinese di quote consistenti di beni e servizi che nel precedente sistema ad economia pianificata non venivano contabilizzati. I sistemi di rilevamento di cui si diceva, sebbene aggiornati sulla base delle indicazioni degli organismi internazionali, potrebbero essere quindi poco accurati perché riferiti ad un sistema economico e sociale in via di transizione e comunque ancora molto difforme dai canoni di riferimento di tale rilevamento econometrico. In altre parole, applicare alla Cina i metodi di rilevazione statistica studiati sulla base delle strutture tipiche delle società e delle economie occidentali potrebbe non essere appropriato.

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