09/02/2024, 08.35
GEORGIA
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Il valzer degli Iraklij a Tbilisi

di Vladimir Rozanskij

Il premier Garibašvili ha ceduto il posto all’omonimo Kobakhidze, che gli succede alla guida del Sogno Georgiano, il partito di governo. Lo scambio tra i due leader è stato deciso come sempre dall'oligarca Bidzina Ivanišvili probabilmente per ridimensionare le ambizioni personali dei "vassalli". Che stavano competendo tra loro anche nelle relazioni con la Cina.

Tbilisi (AsiaNews) - In Georgia si discute molto della “mossa degli Iraklij”, con lo scambio del presidente del consiglio Garibašvili, che ha ceduto il posto all’omonimo Kobakhidze, prendendone a sua volta il posto come presidente del partito di governo del Sogno Georgiano. Con lo scambio dei fattori il prodotto non cambia a livello matematico, ma questa regola non si applica automaticamente alla politica.

Lo scambio dei due leader è stato deciso dal “maestro degli scacchi” della politica georgiana, l’oligarca Bidzina Ivanišvili, tornato sul trono del partito con la carica di presidente onorario, suscitando molti commenti. Il rappresentante del partito di opposizione “Per la Georgia”, Veka Liluašvili, sostiene che “tutto il potere nel Paese si trova nelle mani di Ivanišvili, e non ha nessuna importanza quale sia il burattino nelle sue mani, in un ruolo o nell’altro”.

Altri commentatori si chiedono quale sia il reale equilibrio all’interno del partito di governo, e se i due protagonisti del valzer abbiano fatto un passo avanti o indietro. Non è facile districarsi, in quanto i giochi di potere in Georgia si svolgono principalmente dietro le quinte, e gli ex-premier nominati dal Sogno Georgiano, Garibašvili, Kvirikašvili, Bakhtadze e Gakharya si sono alternati su vari livelli della piramide del potere.

Il sistema costruito dall’oligarca Ivanišvili spesso viene chiamato la “mafia unitaria”, nel senso che le risistemazioni interne non modificano mai la sua compattezza, e anche adesso si ripete lo slogan Dva Iraklija, odna mafia (“Due Iraklij, un’unica mafia”), sempre sotto il cappello del padrino Bidzina. Anche il sindaco di Tbilisi, l’ex-calciatore Kakha Kaladze, e il ministro degli interni Vakhtang Gomelauri sono considerati “fedeli picciotti”, insieme a numerosi altri “consigliori”, per i quali spesso si usano proprio le classiche definizioni del gergo mafioso siciliano diffuse dai film e dalla letteratura, come i capobastone regionali, a volte chiamati anche underboss all’americana.

Le analogie tra la Georgia caucasica e le terre mediterranee risalgono alla storia di questa terra, anticamente chiamata Iberia, e lo stesso primo presidente ex-sovietico, Eduard Ševarnadze, detto “la volpe bianca” fin da quando affiancava Gorbačëv nelle riforme della perestrojka, amava giocare con gli spostamenti dei suoi capi-regime. Si ricorda la lunga lotta fra i suoi “numeri due”, il primo ministro Zurab Žvanija e il “delfino” Levan Mamaladze, e anche le profezie di Ševarnadze quando assicurava al giovanissimo Mikhail Saakašvili: “tu sarai il presidente della Georgia”.

Ivanišvili appare oggi come il vero erede di Ševarnadze, governando il Paese con metodi “famigliari” fin dalla fondazione del Sogno Georgiano nel 2011, quando dichiarò che se “per motivi imprevedibili” non avesse potuto occuparsi direttamente della sua creatura, il suo posto sarebbe stato occupato dal figlio maggiore, Uta Ivanišvili. L’attuale rotazione dei quadri appare dunque una classica operazione di ridimensionamento delle ambizioni e di parificazione delle sfere d’influenza, considerando che quando uno dei suoi raggiunge una postazione elevata, deve stare tranquillo fino al primo segnale del “padrino”.

La Georgia di oggi è molto più ricca e variegata di quella presa in carico nel 2012, e i figuranti al potere vanno diretti con più attenzione del passato. Anche per questo Ivanišvili è tornato ad assumere una carica pubblica, per gestire con maggiore autorevolezza la squadra dei suoi vassalli, che cominciavano a produrre cattive impressioni sull’elettorato. La sintonia di Garibašvili con i vertici della Cina stava suscitando una certa preoccupazione, e la visita a Pechino di Kobakhidze con un manipolo di suoi parlamentari, disprezzando ogni regola di delegazione ufficiale, è sembrata una risposta all’avversario interno, e guarda caso solo due settimane dopo i due sono stati costretti al passo di valzer. C’è chi dice che sia stato il capo del dipartimento degli esteri del Comitato centrale del Partito comunista cinese, l’astuto Liu Jianchao, a suggerire al padrino georgiano di mettere ordine in famiglia.

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