05/06/2007, 00.00
CINA
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In carcere chi ha protestato contro la politica del figlio unico e gli aborti forzati

Nel Guangxi la polizia assalta una piccola città, irrompe nelle case e porta via almeno 12 persone accusate di avere organizzato le proteste di maggio. Ora la popolazione vive nel terrore di essere arrestata e cresce la tensione. Ma questa violenza è criticata persino dalla stampa di Stato.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – A Shabi, contea di Bobai (Guangxi), la polizia ha arrestato ieri almeno 12 persone per avere organizzato le proteste di maggio contro la politica del figlio unico. Ora migliaia di dimostranti temono l’arresto. Ma persino la statale Xinhua critica i pubblici poteri che fanno uso della violenza.

Nella notte del 3 giugno la polizia con decine di auto ha circondato la piccola città di Shabi, facendo fotografie  e filmati. All’alba del 4 giugno ha fatto irruzione nelle abitazioni, portando via 12 persone accusate di “avere istigato, organizzato e partecipato alle proteste pubbliche”.

La politica del figlio unico consente a ogni coppia di avere un solo figlio (nelle zone rurali due, se la prima è femmina). Negli ultimi mesi le autorità della zona hanno imposto multe pari ad anni di salario a chi aveva figli “non consentiti” e la polizia ha depredato le case di chi non ha potuto pagare. Fonti locali parlano anche di aborti forzati. A maggio in numerose città delle contee di Bobai e di Rongxian migliaia di abitanti sono scesi in piazza, hanno assalito e devastato gli uffici pubblici e incendiato auto. Allora sono state arrestate 28 persone, ma non sono state prese altre iniziative contro la popolazione. Ora la gente teme che la polizia voglia vendicarsi, stroncare ogni futura protesta e bloccare ogni indagine sugli abusi compiuti. Molti parlano di fuggire. La situazione è tranquilla, ma tesa e potrebbe esplodere in nuove proteste.

Questa rigida applicazione del controllo delle nascite è stata criticata anche dall’agenzia statale Xinhua e dal settimanale Outlook Weekly, curato da Xinhua,  che hanno invitato i funzionari pubblici a risolvere le dispute con il dialogo piuttosto che con la forza. L'agenzia ha ricordato che nel Guangdong, dopo che nel 2005 a Dongzhou la polizia ha sparato contro la popolazione che protestava, ora si cerca il dialogo e le proteste sono diminuite del 37%, secondo i dati ufficiali. Comunque Pechino non rinuncia all’uso della violenza, seppure con maggiore cautela: He Guifu, capo dell’ufficio di Pubblica sicurezza nel Guangdong, ha detto che ai propri uomini è stato insegnato a “pensarci due volte” prima di usare la forza o arrestare le persone.

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