14/10/2015, 00.00
ISRAELE-PALESTINA
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Isolate alcune zone di Gerusalemme per timori di nuovi attacchi

di Joshua Lapide
Posti di blocco e perquisizioni attorno alla zona araba e al confine coi quartieri ebraici. Netanyahu accusa Abbas di “menzogna e incitamento” alla violenza. Ma le autorità israeliane e palestinesi sembrano impotenti. Non è una nuova Intifada, ma un movimento di base, formato soprattutto da giovani senza speranze. Tredicenne israeliano accoltellato da un tredicenne palestinese. Gli israeliani hanno paura: centri commerciali vuoti; mercati e strade deserte. I genitori tengono a casa i figli ed evitano di andare nei luoghi pubblici. Lo status quo della Spianata delle moschee

Gerusalemme (AsiaNews) – Da oggi la zona araba di Gerusalemme e altre zone ebraiche vicine sono sotto totale controllo della polizia. Ogni persona che entra e che esce da questi quartieri deve passare attraverso posti di blocco e possibili perquisizioni. L’accresciuta manovra di sicurezza è stata decisa ieri sera dal governo israeliano dopo la serie di attacchi a Gerusalemme e in Israele, che ha causato la morte di tre israeliani e il ferimento di 20. Gli assalitori sono stati tutti uccisi.

Dal primo ottobre, quando sono stati uccisi due coloni israeliani nei Territori occupati, a ritmo quasi quotidiano vi sono stati assalti a passanti, soldati, giovani uccisi o feriti con coltello. Solo ieri sono state usate armi da fuoco per sparare sui passeggeri di un autobus a Gerusalemme uccidendo due persone e ferendone 16.  Finora il bilancio è di sette morti e 100 feriti fra gli israeliani e quasi 30 morti e diverse centinaia di feriti fra i palestinesi.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che le nuove misure di sicurezza servono a fermare “coloro che cercano di uccidere e coloro che li sostengono”. Fra questi, secondo il premier, vi sono le autorità palestinesi. Facendo riferimento a Mahmoud Abbas, capo dimissionario dell’Autorità palestinese, egli ha aggiunto: “Basta menzogne, basta incitamenti” [alla violenza]. Da parte sua Abbas ha ribadito che le violenze sono frutto degli “atti di aggressione” del governo israeliano e della spregiudicata politica di occupazione delle terre da parte dei coloni.

In realtà, diversi analisti fanno notare che autorità israeliane e palestinesi sono impotenti nel fermare questo movimento spontaneo, formato da giovani che si tengono legati con i social network. Frustrati dallo stallo dei dialoghi di pace, soffocati dal muro nella Cisgiordania, costretti a subire controlli senza fine, senza prospettive di lavoro, essi hanno fatto esplodere la loro ira.

Un esperto israeliano dice laconico ad AsiaNews: “Se si tengono milioni di persone in una prigione a cielo aperto, senza alcuna speranza di uscita, è chiaro che la violenza prima o poi scoppia. Ci si deve anzi meravigliare che la violenza non sia più massiccia di quanto manifestato negli attacchi di questi giorni”.

Molti media – e la stessa Hamas a Gaza – hanno parlato di una nuova Intifada, ricordando le manifestazioni e gli attacchi del 1986 e del 2000. A ben vedere in questo caso non vi sono movimenti organizzati e direttive politiche dall’alto, come nelle rivolte precedenti, ma un movimento spontaneo di base, per nulla o poco organizzato.

Fra gli autori delle violenze ci sono palestinesi della West Bank, anche molto giovani. Due giorni fa un ragazzo israeliano di 13 anni è stato accoltellato a Pisgat Ze'ev da un altro ragazzo palestinese di 13 anni, Ahmed Mansara, del campo profughi di Shoafat. Il ragazzo israeliano è ricoverato all’ospedale; Ahmed è stato ucciso dalla polizia.

Anche gli israeliani arabi mostrano sempre più solidarietà ai loro fratelli palestinesi. Tutto questo diffonde la paura fra gli abitanti ebrei di Gerusalemme, ma anche nel resto di Israele. “Il commercio – dice un abitante di Nazareth Illit – sta soffocando: la gente per paura tiene i figli a casa e cerca di non uscire o evita i luoghi molto frequentati. I centri commerciali sono vuoti di persone; i mercati e le strade deserte, nel timore che vi possano essere attacchi imprevisti”.

La scintilla da cui è partita questa nuova serie di attacchi è stata la serie di visite da parte di politici di destra e di ebrei nazionalisti alla Spianata delle moschee, che pretendevano non solo di visitare il sito, ma anche di pregare. Secondo lo status quo - che Israele dovrebbe rispettare – sulla Spianata possono solo pregare i musulmani. Ma le frange più estremiste degli ebrei nazionalisti esigono che il governo israeliano garantisca anche a loro di pregare sul luogo che in passato era parte del tempio di Gerusalemme. Le autorità musulmane temono che il premier israeliano stia pensando a cambiare lo status quo, aprendo una nuova ferita fra i palestinesi e una nuova occasione di scontri e violenze.

“Basterebbe – ha detto un cristiano di Gerusalemme – che Netanyahu dichiarasse che la Spianata è solo ad uso dei musulmani e che si ritornasse ai dialoghi per fare tornare un po’ di calma”.

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