06/10/2022, 11.14
AFGHANISTAN
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Kabul, attentato alla scuola Kaaj: la denuncia dall'Italia di due ex studentesse hazara

Senza contare gli attentati dell'ultimo mese, sono 700 gli appartenenti alla minoranza sciita uccisi in 13 attacchi dello Stato islamico in poco più di un anno. Le ragazze che erano scese in piazza a chiedere protezione sono colpite da avvelenamento da cibo: probabile un atto deliberato dei talebani. Anche ieri un'altra esplosione contro le autorità afghane.

Milano (AsiaNews) - “Non avevo ancora aperto bene gli occhi la mattina del 30 settembre quando ho letto la notizia che il centro educativo Kaaj era stato attaccato dai terroristi”. Così racconta Amena Baturi, una ragazza hazara di 16 anni scappata dall’Afghanistan poco più di un anno fa dopo la riconquista talebana. “Ero molto arrabbiata, non riuscivo a crederci, ho cercato chiunque di cui avessi i contatti, i compagni di classe, le amiche: nessuna risposta. Solo dopo diverse ore, attraverso i social, ho scoperto dell’uccisione e del ferimento di diversi alunni, tra cui anche alcune ex compagne”. Nell'esplosione sono morte 53 persone, tra cui 46 studentesse hazara.

Anche Amena, fin da piccola campionessa a livello nazionale e internazionale di Taekwondo, aveva frequentato la scuola privata del quartiere di Dasht-e-Barchi a Kabul, colpita da un attentato terroristico dell’Is-K (Stato islamico della provincia del Khorasan) alla fine del mese scorso. La giovane sportiva voleva studiare matematica perché “speravamo in un futuro migliore per la nostra generazione”.

La mattina del 30 settembre Amena aveva subito chiamato l'amica Omulbanin, anche lei una rifugiata hazara ora residente in Italia e anche lei un'ex alunna del centro educativo Kaaj: “Amena grida e mi chiede di chiamare Maryam, Sharifa e Rehela”. Solo una loro amica, Maryam, in ritardo per l’esame previsto quella mattina, è riuscita a salvarsi. “Dopo due giorni l’ho richiamata e le ho chiesto come stava", continua Omulbanin: "Non guarirò mai", ha risposto l'amica. "Vorrei che nessuno in questo mondo si stanchi di vivere per la sua appartenenza a un gruppo o un’etnia".

I talebani, che avevano comunicato 30 morti, hanno minacciato gli studenti e gli insegnanti di non fare foto per i media e di non raccontare l’accaduto. Nei giorni successivi all’attacco le donne sono scese in piazza a protestare per chiedere il diritto allo studio e la fine del genocidio nei confronti della comunità hazara, la minoranza sciita da sempre perseguitata in Afghanistan, prima dai talebani, ora dagli integralisti dello Stato islamico che considerano tiepide, a livello di ideologia islamica, le nuove autorità del Paese. Una cinquantina di ragazze è poi finita in ospedale per avvelenamento da cibo: secondo alcune fonti sarebbe stato un atto deliberato dei talebani per mettere fine alle manifestazioni. 

In base a un rapporto di Human Rights Watch (Hrw) pubblicato un mese fa (in cui quindi non sono inclusi gli attentati più recenti, compreso quello del 30 settembre), nell’ultimo anno oltre 700 hazara sono stati uccisi in almeno 13 attacchi da parte della branca locale dell'ex Isis.

L’ultimo attentato, che pare diretto ai talebani e non alle minoranze religiose, risale a ieri: nel tardo pomeriggio si è verificata un’esplosione in una moschea vicino al ministero dell’Interno. Non è dato sapere il numero esatto delle vittime (secondo alcune fonti sarebbero almeno 20) perché le autorità si ostinano a voler dare l’impressione di essere in grado di amministrare il Paese. 

Chiaramente non è così: il rapporto di Human Rights Watch accusa il governo talebano di non essere in grado di proteggere le minoranze e di non aver fornito cure mediche adeguate alle vittime e alle loro famiglie, nonostante si fossero impegnati a farlo quando hanno preso il potere ad agosto dell’anno scorso. “Il problema non è che i talebani siano responsabili delle violenze. Sono responsabili di non fornire un'adeguata sicurezza alla propria gente”, ha spiegato John Sifton, direttore regionale di Hrw Asia. "Se hanno intenzione di agire come autorità di governo la loro prima priorità dovrebbe essere proteggere la popolazione dalla violenza” dell’Is-K. L’organizzazione teme inoltre di molti attentati suicidi - soprattutto quelli che avvengono in province remote - non si abbia notizia a causa del controllo dei talebani sui media.

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