20/05/2025, 11.14
MALAYSIA
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Kuala Lumpur, ong denuncia il reclutamento di lavoratori dal Bangladesh

di Joseph Masilamany

L'associazione Tenaganita ha criticato la decisione del governo malese di riaprire il reclutamento di migranti dal Bangladesh dopo che migliaia di lavoratori stranieri già presenti nel Paese sono rimasti senza lavoro, alloggio e protezione legale, intrappolati in un sistema di sfruttamento corrotto, secondo la direttrice dell'ong, Glorene A Das.

Kuala Lumpur (AsiaNews) – L’organizzazione Tenaganita, che si occupa di diritti dei migranti, ha di recente criticato la decisione del governo malese di riprendere il reclutamento di lavoratori dal Bangladesh, sottolineando che tale scelta rischia di aggravare una crisi umanitaria sempre più profonda, causata da un sistema di sfruttamento favorito dallo Stato.

In una nota dai toni molto duri, la direttrice esecutiva di Tenaganita, Glorene A Das, ha dichiarato che il governo non dovrebbe procedere con nuove assunzioni fino a quando non sarà affrontata la situazione irrisolta di migliaia di lavoratori bangladesi già presenti in Malaysia: molti di loro, pur entrati legalmente nel Paese, oggi si trovano senza lavoro, senza casa e sommersi dai debiti, dopo essere stati adescati con false prospettive di assunzione.

"Riprendere il reclutamento senza risolvere le ingiustizie in corso non farà che perpetuare la sofferenza di questi lavoratori. Si tratta di una grave mancanza di rispetto per la dignità umana", ha dichiarato Glorene.

Il governo malese aveva sospeso il reclutamento di lavoratori dal Bangladesh nel maggio 2024, dopo la scoperta di diffusi casi di traffico di esseri umani e reclutamenti legati a frodi. La decisione di revocare la sospensione ha riacceso i timori che le autorità stiano dando priorità al “numero” di lavoratori disponibili piuttosto che alla responsabilità e alla riforma di un sistema profondamente sfruttatore.

Secondo i dati forniti da Tenaganita, tra gennaio 2022 e settembre 2024 la Malaysia ha accolto quasi mezzo milione di lavoratori migranti tramite canali ufficiali, di cui oltre 351mila provenienti dal Bangladesh. Tuttavia, molti di loro al momento dell’arrivo hanno scoperto che i posti di lavoro promessi non esistevano. Alcuni hanno pagato fino a 25mila ringgit malesi (oltre 4.800 euro) in spese di reclutamento, in alcuni casi contraendo anche debiti ingenti.

"Sono stati attirati con false garanzie, non sono stati pagati, e oggi sono considerati irregolari senza colpa. Vivono costantemente con il rischio di essere arrestati. Il governo non può limitarsi a scaricare la colpa sulle cosiddette agenzie di reclutamento 'fuorilegge'", ha aggiunto Glorene. "Questi lavoratori non sarebbero mai potuti entrare nel Paese senza l’approvazione e il coinvolgimento attivo di varie agenzie governative. È tempo che chi detiene il potere si assuma le proprie responsabilità".

Tenaganita ha inoltre riferito di aver individuato almeno 150 aziende che hanno ottenuto quote per assumere lavoratori stranieri, pur non avendo alcuna attività economica reale o capacità effettiva di impiegare manodopera. Un segnale, secondo l’organizzazione, di un sistema corrotto, negligente e dominato dalla logica del profitto, che continua a sfruttare la vulnerabilità dei lavoratori.

Nonostante la gravità della situazione, Glorene ha ribadito che le autorità sembrano ignorare la crisi, scegliendo di riprendere il reclutamento su larga scala senza introdurre alcuna riforma strutturale.

"Ciò di cui c’è bisogno non è l’arrivo di altri lavoratori stranieri, ma un serio impegno per riparare un sistema fallimentare", ha sottolineato. Glorene ha sottolineato che queste persone non sono migranti clandestini, ma lavoratori documentati che sono stati abbandonati da un meccanismo di reclutamento opaco e iniquo, che nega loro anche i diritti più basilari.

"Come abbiamo sempre sostenuto, la Malaysia non ha bisogno di più lavoratori migranti, quando ve ne sono già migliaia qui pronti e disponibili a contribuire – se solo venisse data loro una possibilità", ha concluso.

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