21/07/2023, 12.03
INDIAN MANDALA
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L'Onu elogia Delhi per i progressi sulla povertà, ma su quali dati?

Le persone svantaggiate potrebbero essere 34 milioni o 373 milioni in base ai diversi studi. Nonostante si siano registrati diversi miglioramenti, una vera valutazione del tasso di povertà non è possibile in mancanza del censimento nazionale, ufficialmente rimandato a causa della pandemia. Secondo gli esperti lo scopo dei programmi di assistenza dovrebbe essere quello di ridistribuire la ricchezza accumulata.

Milano (AsiaNews) - La scorsa settimana le Nazioni unite hanno evidenziato i risultati positivi in termini di riduzione della povertà raggiunti dall’India negli ultimi 15 anni: secondo il Programma di sviluppo delle Nazioni unite (UNDP) e l’Oxford Poverty and Human Development Initiative (OPHI) dell’Università di Oxford, 415 milioni di indiani sono usciti dalla povertà tra il 2005-2006 e il 2019-2021.

Il dato preso in considerazione dai due istituti è l’indice di povertà multidimensionale, che non si basa solo sul livello di reddito ma cerca di misurare l’incidenza della povertà in diversi ambiti della vita delle persone. In particolare come unità di analisi viene considerata la famiglia a cui viene assegnato un “punteggio di privazione” in base al peso assegnato a ciascun indicatore, i quali fanno riferimento al livello di istruzione, all’accesso ai servizi sanitari, al tasso di malnutrizione e altro. Il rapporto afferma che l'intensità della povertà si è ridotta dal 47,1 del 2015-16 al 44,4% del 2019-21.

Più nel dettaglio, le persone svantaggiate in base al tasso di denutrizione sono passate dal 44,3% del 2005-2006 al l’11,8% del 2019-2021. La mortalità infantile è passata dal 4,5% all’1,5%. Le persone prive di combustibile per cucinare sono passate dal 52,9% al 13,9%, quelle senza accesso a servizi igienici adeguati sono scese dal 50,4% all'11,3%. Gli indiani svantaggiati in termini di accesso all’acqua potabile sono passati dal 16,4% al 2,7%, mentre le persone prive di elettricità o di alloggio sono diminuite passando rispettivamente dal 29% al 44,9% e dal 2,1% al 13,6%.

Riguardo a queste statistiche si possono fare alcune osservazioni: in primis, nonostante le riduzioni percentuali, in termini assoluti larga parte della popolazione indiana continua a essere “multidimensionalmente” povera. Basti considerare che il 10% di 1,5 miliardi - circa la popolazione indiana in questo momento - sono comunque 150 milioni di persone. E infatti sono le stesse Nazioni unite a sostenere che al mondo ci siano oltre un miliardo di persone ancora povere sotto diversi aspetti, la maggior parte delle quali concentrate in Africa subsahariana e in Asia meridionale, regione di cui l’India fa parte.

Allo stesso tempo, esistono almeno cinque stime diverse sul numero di poveri in India, che vanno da 34 a 373 milioni, in termini percentuali potrebbero essere il 2,5% o il 29,5%. Un importante problema riguarda la disponibilità di dati nazionali. Quelli più importanti e puntuali sono raccolti durante il censimento ogni 10 anni e i più recenti risalgono al 2011, dopo che nel 2021 il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi ha deciso di rimandare a data da destinarsi il rilevamento, ufficialmente a causa della pandemia da Covid-19. Il numero di persone svantaggiate serve al governo per elargire i sussidi. Viene quindi da chiedersi perché l’esecutivo continui a rimandare il censimento se, in base ai dati presentati finora, la riduzione della povertà dovrebbe equivalere a un risparmio di spesa per l’erogazione di aiuti.

Anche la soglia utilizzata in India per determinare lo stato di povertà ha visto il suo ultimo aggiornamento nel 2011 e corrisponde a meno di 1.000 rupie al mese (meno di 11 euro) nelle zone metropolitane e 816 rupie (meno di 9 euro) nelle aree rurali. In base alla legge indiana queste persone hanno diritto a razioni di cibo sovvenzionate e prestiti agevolati per l’acquisto di un alloggio. 

Madhura Swaminathan, professore dell'Indian Statistical Institute di Calcutta, al tempo aveva criticato la scelta di una soglia così bassa che non permette l’acquisto di una dieta sana e quasi impossibile l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari, come dimostrato da ricerche dello scorso anno, secondo cui anche chi vive al di sopra della soglia di povertà stabilita da Delhi non riesce a permettersi l’accesso a servizi di base. Utilizzando il valore “classico” per la povertà, quello inferiore a un reddito di 1,9 dollari al giorno, gli esperti hanno rilevato che solo il 2,5% della popolazione oggi vive sotto questo limite, grazie a grandi miglioramenti a partire dal 2014, anno in cui è salito al potere il Bharatiya Janata Party (BJP).

Tuttavia gli stessi ricercatori hanno suggerito di alzare la soglia a 3,2 dollari al giorno per un calcolo più preciso del livello di povertà. In base a questo dato aggiornato gli indiani in condizioni svantaggiate sarebbero oltre il 26% della popolazione. Altri studi, che hanno utilizzato i dati sui consumi, evidenziano che nonostante una generale riduzione della povertà tra il 2011 e il 2022, durante il periodo della pandemia il numero di poveri è aumentato. Altri ancora sottolineano che lo sradicamento della povertà può avvenire con un’equa distribuzione della ricchezza, “poiché l'87% della riduzione della povertà è dovuta alla crescita economica. Tuttavia, coloro che non partecipano direttamente al processo di crescita hanno bisogno di essere aiutati attraverso programmi di riduzione della povertà”, ha spiegato Amaresh Dubey, economista al National Council of Applied Economic Research di New Delhi. Ma qui torniamo al punto di partenza: i ministeri non possono aggiornare l'elenco dei beneficiari dei programmi di riduzione della povertà senza i dati governativi di un nuovo censimento.

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