17/02/2012, 00.00
SIRIA - ONU
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L'Assemblea generale dell'Onu condanna la Siria

La risoluzione non vincolante è stata appoggiata da 137 a favore, 12 contrari e 17 astenuti. In essa non si criticano le violenze dell'opposizione. Ban Ki-moon chiede ad Assad di fermare possibili "crimini contro l'umanità". Inviato cinese e russo a Damasco; a Tunisi Paesi occidentali ed arabi studiano un appoggio anche militare all'opposizione. Nessuno si preoccupa di quello che vuole la popolazione siriana.

New York (AsiaNews) - L'Assemblea generale dell'Onu ha approvato ieri sera a stragrande maggioranza una mozione di condanna per la Siria, appoggiando la proposta della Lega araba che spinge il presidente Bashar Assad a lasciare il potere.

La risoluzione, molto simile a quella presentata al Consiglio di sicurezza il 4 febbraio scorso (v. 06/02/2012  Media cinesi, il veto alla risoluzione Onu contro Damasco "per il bene della popolazione" ),  ha ricevuto 137 voti a favore, 12 contro e 17 astensioni. Russia e Cina, che avevano posto il veto al Consiglio di sicurezza, hanno votato contro (non c'è veto nell'Assemblea). Insieme a loro hanno votato Venezuela, Iran, Nordcorea, Bolivia e altri. Ma la risoluzione non è vincolante e rappresenta solo una vittoria morale.

Con enfasi, l'ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite, Susan Rice, ha esaltato il risultato: "Oggi - ha detto - l'Assemblea generale Onu ha mandato un chiaro segnale al popolo della Siria: il mondo è con voi".

Vitaly Churkin, l'ambasciatore russo, ha rifiutato la risoluzione perché essa "riflette la linea preoccupante... di voler isolare la leadership siriana, rifiutando ogni contatto con essa e cercando di imporre una soluzione politica attraverso una formula straniera".

In precedenza la Lega araba - che ha presentato la risoluzione - ha rifiutato gli emendamenti proposti dalla Russia, che volevano inserire una condanna anche per le violenze ad opera dell'opposizione siriana.

Anche Paesi che hanno appoggiato la mozione, come l'India, sostengono che essa sia squilibrata.

Bashar Ja'afari, l'ambasciatore siriano, ha rifiutato la risoluzione dicendo che essa è parte di un complotto per rovesciare il governo siriano e permettere all'opposizione "terrorista" di prendere il potere.

In precedenza, parlando da Vienna, il segretario generale Onu, Ban Ki-moon ha domandato alla Siria di fermare le uccisioni di civili. "Noi vediamo quartieri bombardati in modo indiscriminato - ha detto -, ospedali usati come centri di tortura, bambini fino a 10 anni uccisi e abusati. Quasi con certezza siamo davanti a crimini contro l'umanità".

Secondo l'Onu, negli 11 mesi di rivolte sono state uccise più di 5400 persone; ma l'opposizione e l'Arabia saudita - che domina la Lega araba - affermano che i morti sono almeno 7mila.

La situazione di stallo rende ogni partito ancora più deciso a proseguire per la sua strada. Zhai Jun, viceministro cinese degli Esteri sarà oggi a Damasco per un dialogo con il governo. La scorsa settimana le autorità cinesi hanno incontrato a Pechino membri dell'opposizione. Nella prossima settimana, arriverà a Damasco a che l'inviato russo Alexei Pushkov. Per appoggiare qualunque risoluzione Mosca esige la condanna delle violenze dell'opposizione e la non esclusione di Assad e del governo siriano da ogni dialogo sul futuro della Siria.

Per la prossima settimana a Tunisi, Paesi occidentali ed arabi hanno organizzato un incontro degli "Amici della Siria" per trovare modi di sostenere l'opposizione e scaricare Assad. Paesi arabi - Arabia saudita e Qatar in testa - vorrebbero un intervento Nato simile a quello che ha spodestato il leader Gheddafi dalla Libia e stanno studiando modi di sostenere anche con le armi l'opposizione.

Fonti di AsiaNews fanno notare che in questi mesi lo scacchiere siriano è divenuto un campo di conflitto fra diversi poteri stranieri e nessuno si cura più di quello che la popolazione siriana vorrebbe.  In questo quadro, anche le proposte di riforme offerte da Assad - con il referendum sulla nuova costituzione per il 26 febbraio - cadono nel vuoto o nell'impossibilità ad essere applicate a causa delle violenze vicine alla guerra civile.

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