07/07/2023, 13.33
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L'India nella morsa della siccità, ma diminuiscono i risarcimenti per gli agricoltori

Il problema riguarda le colture kharif, quelle coltivate nel periodo dei monsoni. Al momento le precipitazioni sono carenti, ma chi l'anno scorso ha sofferto per gli scarsi raccolti non è stato assistito dal governo, a differenza del passato. La causa risiede nelle modifiche al Manuale nazionale per la gestione della siccità, che hanno reso più complicato dichiarare lo stato di emergenza.

Milano (AsiaNews) - Le scarse piogge e il ritardo dei monsoni in India hanno ritardato la semina delle colture kharif, quelle cioè che vengono coltivate nel periodo dei monsoni tra giugno e agosto, come il riso, il mais e la soia. Almeno 14 importanti Stati agricoli sono “carenti” di precipitazioni e gli agricoltori indiani, oggi “in una situazione di attesa”, stanno valutando se passare a colture a breve termine per evitare la risemina dopo la perdita di un raccolto.

Conseguenze dirette dei cambiamenti climatici - la vulnerabilità alla siccità dell’India è pari a quella dell’Africa subsahariana -, ma che potrebbero peggiorare a causa delle decisioni del governo indiano. Lo scorso anno quattro Stati indiani, l’Uttar Pradesh, il Jharkhand, il Bengala occidentale e il Bihar, hanno ricevuto scarsissime precipitazioni, con piogge di oltre il 70% inferiori alla norma in alcuni distretti. Dopo che nel 1966 l’India è stata colpita dalla carestia, l’agricoltura - settore in cui è impiegato il 45% della popolazione - ha cominciato a sviluppare i sistemi di estrazione delle acque sotterranee, ma i bacini sono andati esaurendosi, aggiungendo alla siccità meteorologica quella idrologica.

Un altro problema che alcuni autori hanno evidenziato è che in futuro i periodi di siccità, invece di durare una stagione, potrebbero durare diversi anni di fila, un evento che finora è accaduto solo una volta, tra il 1985 e il 1987. Le attuali politiche di mitigazione non prevedono ancora la possibilità di siccità pluriennali.

La stagione dei monsoni del 2022 è stata la più asciutta di sempre e intere colture kharif ne erano state gravemente danneggiate. Ma se in precedenza gli agricoltori avevano ricevuto dei risarcimenti da parte del governo centrale, lo scorso anno ciò non si è verificato, perché dichiarare lo stato di calamità naturale è un requisito necessario per ottenere gli aiuti da parte di Delhi. 

Ma non si è trattato di un errore dei governi locali: nel 2016 il ministero dell’Agricoltura ha rivisto il Manuale nazionale per la gestione della siccità, adottando criteri più stringenti e rendendo burocraticamente più difficile dichiarare l’emergenza. In più, se prima i singoli Stati potevano fare richiesta al Fondo nazionale di soccorso per le calamità in caso di siccità moderata e grave, dal 2016 è possibile farlo solo per gli eventi climatici più estremi.

Il quotidiano online Scroll ha scoperto che l’Uttar Pradesh - governato dal Bharatiya Janata Party, lo stesso partito da cui proviene il primo ministro Narendra Modi al potere dal 2014 - ha proprio evitato di dichiarare lo stato di siccità in diversi distretti, nonostante i resoconti ufficiali e degli agricoltori lo rendessero idoneo a chiedere i fondi di assistenza. Nel Jharkhand, invece, le condizioni di vulnerabilità erano state documentate e riportate al governo centrale entro ottobre, ma i risarcimenti non sono comunque arrivati. 

Prima del 2016 uno Stato poteva dichiarare lo stato di siccità in base a diversi criteri, tra cui, oltre al livello delle precipitazioni, l’umidità del suolo e la superficie seminata. Ora invece è necessario un passaggio in due fasi: in un primo momento la siccità può essere dichiarata nel momento in cui le precipitazioni sono inferiori al livello normale, poi i funzionari statali e distrettuali devono effettuare una valutazione raccogliendo quattro dati su quattro parametri: superficie seminata, condizioni delle colture, livello di umidità del suolo e livello di acqua. La condizione di siccità grave, l’unica per cui al momento sono previsti rimborsi, viene riconosciuta solo se tre o quattro parametri sono al di sotto di una certa soglia, mentre per la siccità moderata ne bastano due. Ma alcuni Stati non hanno nemmeno la possibilità di misurarli. Nel Jharkhand, per esempio, un funzionario locale ha spiegato: “Non usiamo l'indice di umidità del suolo nella dichiarazione di siccità, perché non lo monitoriamo”. Altri dati sono disponibili a livello statale, ma non a livello di distretto o villaggio, come chiede il governo centrale. Per farlo servirebbero sistemi la cui creazione richiederebbe almeno 4 o 5 anni. Per non parlare delle aree tribali, dove in molti villaggi gli adivasi (le popolazioni indigene dell’India e marginalizzate a livello sociale, politico ed economico) non conoscono nemmeno la possibilità di poter fare domanda di risarcimenti al governo. Uno studio di due anni fa sulla differenza tra siccità rilevata e dichiarata mostra una una maggiore probabilità di rilevamento nell'India centrale.

Di coloro che l’anno scorso sono riusciti a inoltrare la richiesta di rimborso e a vedersela confermata (circa 300mila persone), metà stanno ancora aspettando l’assegno, quasi un anno dopo le banche stanno ancora elaborando le domande. Queste mancanze amministrative assumono ancor più gravità leggendo il rapporto dell’anno scorso del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni unite, secondo cui l’aumento della siccità nei prossimi anni “avrà un impatto negativo sulla disponibilità e sui prezzi del cibo, con conseguente aumento della sottonutrizione nell'Asia meridionale e nel sud-est asiatico”.

 

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